Tratto da opi.it
05/08/2015 - Minori trasferimenti dallo Stato, misure per il Giubileo e assunzioni all'Aifa. Ma il giudizio di sindacati e professioni resta negativo.
Con 295 voti favorevoli e 129 contrari la Camera ha approvato ieri sera in via definitiva il decreto "Enti locali", che diventa ufficialmente legge dello Stato. Sul fronte della Sanità, prevista la riduzione del finanziamento al Ssn pari a 2.352 milioni di euro a decorrere dal 2015, secondo quanto concordato in sede di Conferenza Stato Regioni. Andrà in vigore, poi, un sistema sanzionatorio per i medici che prescriveranno esami superflui. Stabilito un contributo di 33,5 milioni di euro alla Regione Lazio finalizzato all'attuazione, in ambito sanitario, del piano straordinario per il Giubileo 20165/2016 (con la previsione di una polizza sanitaria di 50 euro per i pellegrini che intendano ricevere prestazioni sanitarie in Italia). Infine, 241 nuove assunzioni a tempo indeterminato all'Aifa fino al 2018.
Una vera e propria "manovra", inserita in un decreto di portata più ampia, che ha suscitato non poche perplessità tra i professionisti sanitari.
La presidente della Federazione nazionale Collegi OPI, Barbara Mangiacavalli, ha pubblicato lo scorso 3 agosto una propria riflessione sul portale istituzionale, di cui riportiamo alcuni stralci:
"Siamo i primi a volere un Servizio sanitario nazionale più sostenibile e che va quindi ottimizzato nella programmazione, nella gestione e negli effetti che questa ha sull'assistenza e sui bilanci. Ma tagliare non vuol dire razionalizzare. La Sanità ha già messo sul piatto dei tagli lineari per oltre 30 miliardi. Ora non si può chiedere altro se non a scapito della qualità. Quel che serve non è solo il controllo contabile di acquisti e investimenti, già programmato più volte negli ultimi anni e che andrebbe solo fatto rispettare senza stringere ogni volta di più la cinghia, ma una vera riorganizzazione dei percorsi di cura e dei processi di lavoro: più integrazione tra le professioni, più adeguatezza nelle prestazioni, più attenzione ai bisogni delle persone, meno sprechi e meno gerarchia. E' necessario valorizzare il lavoro che caratterizza l'assistenza perché solo così questa migliora. Ed è così che si generano ulteriori economie da reinvestire a vantaggio di tutti: operatori e pazienti".
"Il Servizio sanitario nazionale non ha bisogno di altri tagli - ormai tutto il mondo sanitario lo ha affermato quotidianamente e in modo assolutamente unitario - o di allarmi su presunte inefficienze o peggio di annunci che dalla sanità si possono ricavare ancora miliardi di risparmi. E' un atteggiamento questo, che fa capire alle persone, agli "utenti", che il sistema non va, che le cure e l'assistenza loro erogata non sono all'altezza di ciò che invece è. Invece il sistema può ancora migliorare grazie a nuovi e moderni assetti organizzativi. Al contrario, con questo atteggiamento non solo si giustificano inefficienze "provocate" al sistema, ma si mette anche in cattiva luce ciò che i professionisti fanno ogni giorno, tentando col loro lavoro anche oltre il dovuto e spesso il consentito, di supplire a carenze di cui altrimenti gli unici a fare le spese sarebbero in prima persona i pazienti".
"Per questo ad esempio, nell'ambito delle professioni sanitarie – ma ogni professione ha le sue carte da giocare - il ministro potrebbe rendere attuativa la norma sull'implementazione delle competenze avanzate, che vuol dire sviluppo professionale per tutte le professioni mediche e sanitarie, e prestazioni migliori da erogare attraverso nuovi mix produttivi. Riorganizzare mezzi, persone e funzioni per razionalizzare la filiera è l'unica strada per garantire ai cittadini e al sistema un reale recupero di efficienza senza ridimensionare i servizi: meno spesa inutile, meno procedure e più investimento nella presa in carico dei pazienti".
Tratto da opi.it
05/08/2015 - Con la riforma della Pubblica Amministrazione approvata ieri dal Parlamento arriva il numero unico delle emergenze.
In virtù della legge approvata ieri dal Parlamento, per chiamare un'ambulanza basterà d'ora in avanti digitare il 112, numero unico per le emergenze europeo. Insomma, addio al "vecchio" 118, ma anche al 113 ed al 115.
Cifre entrate nella mente e nelle abitudini degli italiani che però, in virtù della riforma della Pubblica Amministrazione, sono destinate a scomparire.
La "rivoluzione" dei numeri dell'emergenza partirà tuttavia solo quando saranno attivi i decreti legislativi ad hoc. Ad oggi, infatti, non si è ancora pronti, perchè il 118 c'è da 20 anni e funziona bene; è uno dei numeri che tutti conoscono e occorrerà formare il personale che dovrà rispondere al telefono o stilare le domande di tipo sanitario da rivolgere a chi chiama.
Il problema più grande è la gestione: la sanità è in mano alle Regioni, mentre il 112 è gestito a livello nazionale dai Carabinieri.
A Roma, in vista del Giubileo, il numero unico 112 per le emergenze, sarà attivo dal prossimo primo novembre e raggrupperà tutte le attività già svolte dalle sale operative di Polizia di Stato, Carabinieri, Vigili del fuoco e pronto soccorso medico.
L'attuazione del servizio unico di emergenza sarà successivamente estesa su tutto il territorio laziale.
Il numero unico di emergenza (che, solo su Roma, avrà un bacino ordinario di utenti di circa 3 milioni di abitanti), consentirà, grazie anche ad interventi di miglioramento tecnologico, di incrementare sensibilmente i livelli di efficienza e tempestività nelle risposte e nel soccorso ai cittadini.
Il modello adottato nel Lazio sarà lo stesso già attivo in Lombardia, la più popolosa d'Italia, e che ha recentemente ricevuto dall'Eena, Associazione numero di emergenza europeo, l'importante riconoscimento del 112 Awards come "Miglior progetto di centrale unica di emergenza europea".
Tratto da opi.it
03/08/2015 - In vista del via libera alla manovra sanità, appello del presidente della Federazione nazionale OPI, Barbara Mangiacavalli, che propone il confronto con chi opera nel Ssn per salvaguardare assistenza e qualità dei servizi
La manovra – il decreto legge Enti Locali - sta per incassare la fiducia anche alla Camera. Con tutti i "vagoni" dedicati al Servizio sanitario nazionale che gli sono stati aggiunti in corsa. Ma anche con tutti gli oneri e gli ulteriori sacrifici richiesti a tutti i professionisti del Servizio sanitario nazionale, alle imprese che con il Ssn lavorano e alle Regioni, recependo l'ennesima richiesta di spending review del Governo. Ma anche sul versante dell'assistenza, rendendo sempre più debole il sistema.
Ora però, dopo aver soddisfatto l'ennesima emergenza economica, facciamo appello al buon senso e all'intelligenza di chi deve capire che se il bicchiere è pieno a metà, può essere mezzo pieno è vero, ma anche mezzo vuoto. E se la sete aumenta (non si può continuare a ridurre le risorse dietro il leit motive che in sanità ci sono inefficienze) prima o poi sarà vuoto del tutto.
Siamo i primi a volere un Servizio sanitario nazionale più sostenibile e che va quindi ottimizzato nella programmazione, nella gestione e negli effetti che questa ha sull'assistenza e sui bilanci. Ma tagliare non vuol dire razionalizzare. La Sanità ha già messo sul piatto dei tagli lineari per oltre 30 miliardi. Ora non si può chiedere altro se non a scapito della qualità. Quel che serve non è solo il controllo contabile di acquisti e investimenti, già programmato più volte negli ultimi anni e che andrebbe solo fatto rispettare senza stringere ogni volta di più la cinghia, ma una vera riorganizzazione dei percorsi di cura e dei processi di lavoro: più integrazione tra le professioni, più adeguatezza nelle prestazioni, più attenzione ai bisogni delle persone, meno sprechi e meno gerarchia. E' necessario valorizzare il lavoro che caratterizza l'assistenza perché solo così questa migliora. Ed è così che si generano ulteriori economie da reinvestire a vantaggio di tutti: operatori e pazienti.
Il Servizio sanitario nazionale non ha bisogno di altri tagli – ormai tutto il mondo sanitario lo ha affermato quotidianamente e in modo assolutamente unitario - o di allarmi su presunte inefficienze o peggio di annunci che dalla sanità si possono ricavare ancora miliardi di risparmi. E' un atteggiamento questo, che fa capire alle persone, agli "utenti", che il sistema non va, che le cure e l'assistenza loro erogata non sono all'altezza di ciò che invece è. Invece il sistema può ancora migliorare grazie a nuovi e moderni assetti organizzativi. Al contrario, con questo atteggiamento non solo si giustificano inefficienze "provocate" al sistema, ma si mette anche in cattiva luce ciò che i professionisti fanno ogni giorno, tentando col loro lavoro anche oltre il dovuto e spesso il consentito, di supplire a carenze di cui altrimenti gli unici a fare le spese sarebbero in prima persona i pazienti.
Per questo ad esempio, nell'ambito delle professioni sanitarie – ma ogni professione ha le sue carte da giocare - il ministro potrebbe rendere attuativa la norma sull'implementazione delle competenze avanzate, che vuol dire sviluppo professionale per tutte le professioni mediche e sanitarie, e prestazioni migliori da erogare attraverso nuovi mix produttivi. Riorganizzare mezzi, persone e funzioni per razionalizzare la filiera è l'unica strada per garantire ai cittadini e al sistema un reale recupero di efficienza senza ridimensionare i servizi: meno spesa inutile, meno procedure e più investimento nella presa in carico dei pazienti. Ma non solo evidentemente.
Il Patto per la salute porterà i miliardi di risparmi? Bene. Allora si evitino grazie a questi, odiosi e inevitabilmente ulteriori balzelli per chi altrimenti non sa come, dove e da chi farsi assistere e curare. Il diritto alla salute è prioritario in un Paese civile e un Paese civile è quello che sa metterlo alla pari degli altri bisogni senza azzerarlo per fare cassa rispetto a sprechi che non sono solo della sanità. Razionalizzare, a volte, vuol dire anche saper davvero reinvestire i risparmi che si ottengono azzerando le inefficienze e non utilizzarli per coprire inefficienze ulteriori.
Sindacati, Collegi e associazioni delle professioni sanitarie, ma anche medici e imprese che si sono schierati insieme a tutela del Ssn, sono pronti a difendere questi diritti, degli operatori e dei cittadini, così come il diritto a una crescita e al riconoscimento di ogni singola professionalità e della soddisfazione dei loro bisogni.
Basta con i tagli indiscriminati. Lo abbiamo detto all'indomani della fiducia in Senato assieme a tutte le componenti sindacali e professionali delle professioni sanitarie e lo ribadiamo e lo confermiamo ora, alla vigilia del sì della Camera. E lo ribadiamo perché, a quanto pare, viste le manovre ricorrenti degli ultimi decenni, è un concetto che va ripetuto sempre, visto che per ora è rimasto sempre inascoltato. Il ministro – a cui va dato atto della volontà di "combattere" a fianco del Ssn - dimostri ancora più coraggio, promuovendo a ogni costo migliore efficienza organizzativa, tutelando il lavoro e valorizzando il processo di sviluppo delle professioni sanitarie che hanno accettato la sfida del cambiamento, unica strategia che può ancora rendere sostenibile il Servizio sanitario nazionale.
Certo, non è solo il ministro della Salute a decidere. Ma, ci chiediamo, davvero questo Governo non sa fare di meglio? Impari dai professionisti sanitari cosa vuol dire accettare la sfida del cambiamento, dia risposte concrete e convincenti: noi siamo pronti altrimenti, come ribadito con sindacati e associazioni di categoria, a una grande mobilitazione a fianco degli operatori e dei cittadini in difesa del Servizio sanitario nazionale. Siamo pronti a far capire a tutti, governanti, ma soprattutto cittadini, che non è solo l'economia a dare solidità al Paese, ma anche chi per questo, ogni giorno, lavora.