In occasione della Giornata Mondiale del Malato, si terrà un seminario di studio nella mattinata del 10 Febbraio. Il seminario si svolgerà presso la Biblioteca Diocesana in Via Berardo 22 a Teramo. Si informano gli iscritti che il Presidente dell'OPI Teramo dott.Cristian Pediconi sarà presente all'incontro.
La strada verso la pensione si fa sempre più impervia per i giovani e i lavoratori prossimi alla meritata svolta. Il motivo? Il rincaro dei costi per il riscatto della laurea, che si traduce in un aumento dei requisiti finanziari per chi mira a anticipare l'uscita dal mondo lavorativo.
Chi si trova a navigare sul sito dell'ente previdenziale, e intende riscattare gli anni di studio universitario, ora deve fare i conti con un esborso notevolmente maggiorato. L'opzione agevolata, che un tempo era più accessibile, ora costa oltre 6.000 euro annui, per la precisione circa 6.100 euro, rispetto ai 5.776 euro dello scorso anno.
Il cosiddetto "riscatto light" è solo una delle alternative messe a disposizione dall'INPS. Esso offre un prezzo fisso, mentre l'opzione ordinaria prevede un costo variabile in base al reddito dei dodici mesi precedenti alla richiesta. L'inasprimento dei costi è una diretta conseguenza dell'inflazione, con un incremento fissato dall'Istat al 5,7% (anche se il riflesso sul costo del riscatto è leggermente inferiore), dopo un balzo già significativo del 7,8% registrato nel 2023.
Il riscatto universitario, introdotto nel lontano 1997, consente di far valere il periodo di studio come anni di contribuzione, con relativi contributi previdenziali. Tuttavia, è importante sottolineare che non tutti gli anni accademici sono riscattabili, essendo esclusi gli anni fuori corso. Il periodo ammissibile per il riscatto va dal 1° novembre dell'anno di immatricolazione al 31 ottobre dell'ultimo anno di corso. Per coloro il cui periodo di studio ricade nel periodo contributivo (dopo il 1996), il costo del riscatto agevolato è fisso, mentre per l'opzione ordinaria si basa sul reddito medio annuale e sull'aliquota di contribuzione dell'Indennità Vecchiaia e Superstiti (Ivs), attualmente al 33%.
La situazione si complica ulteriormente per chi desidera riscattare gli anni di laurea antecedenti al 1996, soggetti al sistema retributivo. In questo caso, il costo è stimato in base al metodo della riserva matematica, ovvero in relazione al beneficio pensionistico derivante dal riscatto stesso.
Tuttavia, non è tutto qui. Una recente circolare INPS ha introdotto una novità che interessa direttamente i giovani: la possibilità di trasferire gratuitamente il montante contributivo generato con il riscatto della laurea, anche per coloro che attualmente si trovano senza occupazione, una volta iscritti a una gestione previdenziale dell'ente pensionistico.
Ma per i giovani tra i 26 e i 43 anni, il futuro previdenziale si prospetta più incerto a causa delle nuove regole sulla pensione di vecchiaia, fissata a 67 anni. Secondo la recente legge di Bilancio, l'accesso alla pensione di vecchiaia è possibile senza il requisito minimo di 1,5 volte l'assegno sociale, ma solo raggiungendo un determinato livello di reddito. Tuttavia, anticipare l'uscita pensionistica sarà possibile solo con un reddito elevato, rendendo gli assegni pensionistici inferiori, soprattutto per coloro con un reddito annuo più contenuto.
In definitiva, per i Millennials, se il reddito non supera una certa soglia, l'accesso alla pensione di vecchiaia potrebbe avvenire solo oltre i 70 anni, lasciando intravedere un orizzonte pensionistico tutt'altro che roseo.
Il Mind Health Report del 2023 è un’indagine sulla salute mentale e il benessere percepito condotta da Ipsos e promossa dal Gruppo Axa su un campione di 30.600 persone di età compresa tra i 18 e i 74 anni in 16 Paesi. Da questo Report l’Italia e il Giappone risultano i paesi con la più bassa percentuale di persone che avvertono uno stato di pieno benessere mentale. Le donne sono i soggetti più fragili - complice la disparità di genere avvertita nel quotidiano - e i giovani - che scontano l'effetto di un uso spesso eccessivo di tecnologie e social.
Lo strumento utilizzato è il Mind Health Index che valuta lo stato del benessere mentale identificando potenziali situazioni critiche e fornendo nello stesso momento azioni possibili da mettere in atto per cambiare stili di vita e abitudini fonte di stress e disagio, migliorando il proprio benessere individuale.
Ogni intervistato viene poi inserito all’interno di un profilo di salute e benessere mentale. I quattro profili identificati sono definiti dalla ricerca: coloro che combinano benessere sociale, emotivo e psicologico a un livello di soddisfazione massima (Flourishing); coloro che mostrano benessere in alcune aree, ma con una percezione generale meno intensa (Getting by); coloro che non si sentono al pieno delle proprie capacità e manifestano assenza di un benessere positivo (Languishing) e coloro che riportano totale assenza di aree di benessere, per i quali la fatica è associata a disagio emotivo e compromissione psicosociale (Struggling).
In Italia (e in Giappone) i risultati peggiori sullo stato della salute mentale degli intervistati solo il 18% del campione dichiara uno stato di pieno benessere (Flourishing), un dato in calo rispetto allo scorso anno (20%).
Lo stress è il disturbo mentale più diffuso a livello globale, in Italia è avvertito dal 56% del campione (+8% vs 2022).Il 48% degli italiani soffre di solitudine, il dato peggiore in Europa, mentre incidono sullo stato di salute mentale anche l'impatto negativo della guerra, avvertito dal 52% del campione e l'impatto degli effetti negativi del cambiamento climatico (43%, terzi in Europa). Le donne sono le più colpite in tutte le fasce d'età, principalmente a causa del divario di genere avvertito nell’ambito lavorativo. I giovani sono un’altra categoria particolarmente fragile. Su essi pesano l’incertezza sul futuro, la solitudine e l’immagine corporea, ma anche una maggiore sensibilità alla tematica del cambiamento climatico. Per il 38% dei giovani, inoltre, tecnologia e social media hanno un impatto negativo sul proprio benessere mentale. Solo 1 giovane su 12 riporta uno stato di benessere mentale pieno.
Un dato positivo c’è, diminuisce infatti lo stigma sull'argomento e cresce la propensione a prendersi cura della propria salute mentale. Oltre il 60% degli italiani si rivolge a medici e specialisti per la diagnosi delle malattie mentali, dato in controtendenza rispetto allo scorso anno, dove l'Italia era il primo Paese europeo in classifica per numero di persone che ricorrevano all'autodiagnosi.
Diminuisce dunque lo stigma e aumenta la consapevolezza sull'importanza di prendersi cura del proprio benessere mentale.
Purtroppo però l’Italia è 21esima al mondo per la spesa in salute mentale: il 3% del costo della Sanità, contro il 14% della Francia, l’11% della Germania e il 10% del Regno Unito. Abbiamo il bonus psicologo ma i fondi stanziati sono bastati ad accogliere solo il 10% delle 400mila domande presentate.
Se la percezione della popolazione sta cambiando, anche se molto lentamente, è auspicabile che le istituzioni guardino alla gravità del problema e prendano coscienza di quanto sia necessario agire per garantire ai cittadini adeguata educazione e supporto.