Per “poter garantire un ottimale insegnamento professionalizzante, non è più rinviabile il problema della insufficiente e precaria presenza di docenti appartenenti allo specifico profilo professionale, chiamati in ruolo da parte delle università”.
Esordisce così l’interrogazione della Senatrice Paola Binetti (FIBP-UDC) al ministro dell’Università per chiedere “come intenda intervenire per facilitare l’attività di ricerca dei docenti che insegnano nei SSD dedicati ‘ai saperi specifici’ nei rispettivi corsi di laurea, anche attraverso un aumento significativo delle borse di dottorato e delle borse post dottorato” per “favorire la formazione scientifica e la relativa produzione scientifica” e “come intenda procedere nell’ambito dei concorsi pubblici per i diversi corsi di laurea, promuovendo le competenze specifiche e considerando la capacità professionale e la competenza scientifica come due fattori entrambi afferenti allo spirito accademico”.
I numeri che l’interrogazione riporta parlano da soli: sul totale di 487 docenti attualmente di ruolo nei settori scientifico-disciplinari (SSD) MED/45-50, solo 62 appartengono ai settori specifici dei profili delle 22 professioni sanitarie, appena il 13 per cento.
L’87 per cento, sono in prevalenza medici e odontoiatri, alcuni biologi, farmacologi e psicologi.
Lo scorso anno i docenti erano 457, trenta in meno di questo anno, a fronte dei 9.138 dell’intera area 6 di Medicina; il settore MED/45 (Scienze infermieristiche generali) ha in ruolo 43 docenti, di cui 40, ovvero il 93 per cento, appartenenti alla professione infermieristica, che risultano ancora sotto-organico, se si considera l’esistenza di 42 corsi di laurea distribuiti su 217 sedi.
Mancano, spiega l’interrogazione, professori di ruolo per il corso universitario di Infermieristica nella metà delle Università italiane, tra cui: Bologna, Parma, Ferrara, Pisa, Siena, Perugia, Ancona, Chieti, Napoli Federico II, Napoli Vanvitelli, Salerno, Campobasso, Foggia, Catanzaro, Catania, Messina, Palermo, Sassari e Cagliari.
L’interrogazione evidenzia poi come rispetto alle 22 professioni a cui appartengono oltre 687.000 operatori, i ruoli esistono solo per 11, quindi per la metà: 40 ruoli per infermieri su 456.000 iscritti all’Ordine, 9 per fisioterapisti su 66.000 iscritti, 4 per ostetriche su 21.000, 2 per igienisti dentali su 8.000 e 2 per terapisti delle neuro- e psicomotricità dell’età evolutiva su 5.000. Inoltre, un ruolo ciascuno per i circa 20.000 educatori, per i 12.000 logopedisti, per i 3.000 ortottisti, per i 3.000 terapisti della riabilitazione psichiatrica e per i 2.000 tecnici di neurofisiopatologia.
Le università con il maggior numero di ruoli non affidati a docenti appartenenti a una delle professioni sanitarie sono la “Sapienza” di Roma con 87 ruoli, di cui solo 4 per le professioni, e la “Federico II” di Napoli con 44 ruoli e nessuno per le professioni sanitarie.
“Non c’è dubbio – afferma l’interrogazione – che la mancanza dei docenti provenienti dalle rispettive professioni sanitarie mostri una debolezza della ricerca scientifica in questi stessi settori, situazione che da una parte non consente ai docenti di accedere alle rispettive abilitazioni scientifiche nazionali e dall’altra rende più deboli questi corsi di laurea in cui il livello del sapere che li caratterizza non raggiunge quello di un’adeguata elaborazione scientifica”
E secondo l’interrogazione c’è anche “il dubbio che in questi trent’ anni dalla istituzione dei corsi di laurea, i docenti-professionisti non abbiano potuto contare su una formazione scientifica ad hoc, ovvero una sorta di accompagnamento al lavoro scientifico con possibilità di dedicare tempo reale alla attività di ricerca”.
A questo link il testo dell'interrogazione
Vi segnaliamo...
Accordo Stato-Regioni raggiunto: di infermieri per l’anno accademico 2021-2022 ne servono 23.719, di cui 221 pediatrici.
Le motivazioni della scelta rispetto ai numeri scritti nel decreto del ministero dell’Università che ne indicano 17.133 a cui se ne aggiungono 264 pediatrici sono spiegate nelle premesse dell’accordo: “ … alle figure professionali di Infermiere, Ostetrica, Logopedista, Terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, Tecnico della riabilitazione psichiatrica, Tecnico della fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione vascolare, Tecnico della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro, Assistente sanitario, corrispondono specifiche competenze particolarmente richieste nella gestione dell’emergenza pandemica ancora in atto, alla luce dell’adozione di nuove e diverse misure organizzative volte a garantire le future necessità assistenziali, avuto particolare riguardo all’assistenza territoriale ed alla presa in carico della persona, tenuto conto dello sviluppo delle patologie correlate e conseguenti alla malattia da COVID-19 e del ruolo sempre più essenziale delle attività di prevenzione, il fabbisogno formativo per l’anno accademico 2021/2022 per tali professioni è stato determinato in modo da garantire in tutti i casi il pieno soddisfacimento dei singoli fabbisogni espressi dalle Regioni, incrementandoli, laddove il fabbisogno espresso dalla relativa Federazione nazionale fosse maggiore rispetto a quello espresso dalle Regioni, fino al raggiungimento del tetto massimo di fabbisogno nazionale espresso dalla rispettiva Federazione nazionale.”
In sostanza 6.322 in più di quelli decretati “provvisoriamente” dal MUR a metà luglio e comunque 7.495 in più rispetto allo scorso anno accademico, esattamente quanti ne ha chiesti la FNOPI e anzi per gli infermieri pediatrici anche nove in più.
Anche per le lauree magistrali (che nell’accordo sono unite a quelle della professione di ostetrica), sono stati accolti i fabbisogni indicati dalle professioni e per gli infermieri si tratta di 1.804 posti a bando.
Il MUR aveva varato il decreto “in assenza dell’Accordo” Stato Regioni per consentire di rispettare le date di esame di settembre, ma avendo definito i posti “in via provvisoria” dovrà mettere a punto ora la versione finale.
Anche se ogni anno in realtà, almeno finora, il numero finale di posti a bando è sempre risultato diverso da quello dell’accordo Stato Regioni e legato alla disponibilità didattica degli Atenei. Non c’è a oggi, infatti, conferma delle Università sui posti a disposizione e del relativo decreto.
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