Tratto da OPI.it 29/07/2015
Fp-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fpl, Fials, Fsi, Nursind, Nursing-Up, Collegi e Associazioni delle professioni sanitarie sulla manovra: "Basta tagli, per cambiare il Ssn serve innovazione organizzativa e sviluppo professionale"
"Basta tagli, per cambiare la sanità serve innovazione organizzativa e sviluppo professionale. Così si rischia solo di mettere in ginocchio i servizi alla salute", FP-CGIL, CISL-FP, UIL-FPL, FIALS, FSI, NURSIND, NURSING-UP, Collegi e Associazioni delle professioni sanitarie prendono posizione contro il nuovo colpo di forbici previsto dal governo con il dl enti locali: "Il ministro della Salute dia piuttosto una risposta sull'attuazione dell'implementazione delle competenze".
"Siamo i primi a volere un SSN più sostenibile. Ma tagliare non vuol dire razionalizzare. La Sanità ha già messo sul piatto dai tagli lineari oltre 30 miliardi. Non si può chiedere altro se non a scapito della qualità del Servizio Sanitario Nazionale. Serve una vera riorganizzazione dei percorsi di cura e dei processi di lavoro: più integrazione tra le professioni, più adeguatezza nelle prestazioni, più attenzione ai bisogni delle persone, meno sprechi e meno gerarchia. E' così che si generano economie da reinvestire a vantaggio di tutti: operatori e pazienti".
"Il Servizio sanitario nazionale non ha bisogno di altri tagli ma di nuovi assetti organizzativi. Ecco perché chiediamo che il Ministro renda attuativa la norma sull'implementazione delle competenze avanzate, che vuol dire sviluppo professionale per tutte le professioni mediche e sanitarie, e prestazioni migliori da erogare attraverso nuovi mix produttivi. Riorganizzare mezzi, persone e funzioni per razionalizzare la filiera è l'unica strada per garantire ai cittadini e al sistema un reale recupero di efficienza senza ridimensionare i servizi: meno spesa inutile, meno procedure e più investimento nella presa in carico dei pazienti".
"E' ora di finirla con i tagli indiscriminati. Il Ministro dimostri coraggio promuovendo migliore efficienza organizzativa e valorizzando il processo di sviluppo promosso dalle Professioni Sanitarie che hanno accettato la sfida del cambiamento, unica strategia che può ancora rendere sostenibile il SSN".
Tratto da OPI.IT
Lettera della presidente della Federazione OPI a tutti i mezzi di comunicazione per evitare che il termine "infermiere" sia utilizzato per indicare operatori di altre professionalità che compiono atti e, spesso, illeciti o reati di varia natura
I "professionisti infermieri" chiedono aiuto ai "professionisti giornalisti". La Federazione nazionale OPI ha inviato a tutte le testate giornalistiche di carta stampata, agenzie, televisioni e radio, periodici, testate on line e specializzati, agli Ordini regionali dei giornalisti e alla Federazione nazionale della Stampa, una lettera (in allegato) in cui si chiede collaborazione ai media per evitare il ripetersi di una pratica frequente negli ultimi tempi: il termine "infermiere" è utilizzato a vario titolo per indicare operatori di altre professionalità che compiono atti e, spesso, illeciti o reati di varia natura. In sostanza negli ospedali (ma anche nei servizi sanitari sul territorio), sembrano esistere solo due categorie professionali da citare: medici e infermieri.
La Federazione su questo argomento ha anche messo in allerta i Collegi provinciali perché vigilino sull'utilizzo della qualifica di infermiere da parte dei media e ha inviato loro un modello, anche in questo caso a scopo "preventivo", di richiesta di rettifica a mezzo stampa secondo le regole dettate dalla legge. Una reazione tuttavia che proprio con la lettera ai media si vorrebbe evitare.
Gli errori maggiori a cui si riferisce la Federazione degli infermieri nella lettera sono avvenuti quando si utilizza la qualifica di infermiere attribuendola a personale ausiliario, a operatori sociosanitari o a operatori tecnici dell'assistenza e per questo "scrivo per tentare di scongiurare ulteriori pestaggi mediatici nei confronti di professionisti che, per come operano ogni giorno al fianco dei più deboli, certamente non lo meritano", spiega la presidente OPI, Barbara Mangiacavalli, nella lettera ai media.
L'ultimo caso in ordine di tempo è quello dell'ausiliario (non un infermiere come invece hanno riportato gran parte dei media) che ha palpeggiato una ottantenne in un grande ospedale di Roma, ma la "confusione" viene da lontano e si è arrivati anche a confondere professioni del tutto diverse tra loro e senza analogie. Nello scambio di embrioni per la fecondazione assistita accaduto all'inizio del 2014 a Roma, a esempio, l'azione, per sua implicita ammissione, era stata compiuta da una biologa, ma i titoli di molti giornali l'hanno attribuita a un infermiere.
Nella lettera, la Federazione OPI spiega che grazie alla collaborazione con i media si "può evitare agli infermieri di essere indicati come responsabili di comportamenti infamanti anche quando sono estranei ai fatti, cercando così di tranquillizzare la categoria e di conseguenza evitare richieste di rettifica a mezzo stampa che si stanno moltiplicando con effetti spiacevoli sia per i mezzi di comunicazione, dei quali – scrive la presidente - rispettiamo il servizio erogato, la necessità dell'attività e la sua utilità sociale, sia per i nostri professionisti, che hanno come obiettivo della loro attività la tutela della salute dei pazienti, soprattutto di quelli sempre in aumento anziani, non autosufficienti, affetti da patologie croniche e, in generale fragili, con esigenze di continuità assistenziale quindi e di lunghe terapie che vanno al di là dell'intervento in fase acuta e di diagnosi e prima terapia".
E riportando una breve descrizione-vademecum delle caratteristiche delle attività spesso confuse tra loro, la Federazione indica alla stampa nazionale la disponibilità con pochi clic anche di una verifica on line sul suo sito istituzionale dell'appartenenza alla professione di infermiere di chiunque abbia motivo di essere citato come tale.
"Sono certa – conclude Mangiacavalli rivolgendosi ai mezzi di comunicazione - della comprensione della necessità di questo chiarimento e chiedo collaborazione per evitare il ripetersi di tali situazioni e per poter tranquillizzare la categoria di cui faccio parte, lasciando agli infermieri la necessaria serenità nell'attività quotidiana in cui si prendono cura dei pazienti e la certezza che questi li riconoscano per quel che sono e non li guardino con un sospetto legato in realtà all'agire di altre figure non controllate, non responsabili e che noi, come Collegi professionali, non possiamo neppure sanzionare".
Tratto da OPI.IT
Il ruolo centrale dell'infermiere per i non autosuffcienti: manager dei pazienti, della loro gestione per intensità di cura e del territorio. Analisi promossa dall'IRCCS-INRCA per il Network nazionale per l'invecchiamento. Mangiacavalli: "C'è necessità di un infermiere esperto clinico con competenze avanzate grazie anche all'evoluzione della formazione L'e-book dei risultati
L'"ospedale amico dell'anziano" deve tenere conto dell'urgenza e della complessità della patologia e il rapporto pazienti/infermieri deve essere dimensionato considerando questi fattori e le caratteristiche del paziente (in particolare quelli affetti da difficoltà cognitive o altre fragilità, che richiedono maggiore attenzione anche nelle normali pratiche assistenziali). Un ospedale per intensità di cura (Oic), che prevede un ruolo di importanza centrale per la professione infermieristica: i singoli pazienti sono assegnati a un infermiere referente sulla base della loro competenza clinica e/o di pianificazione.
La cura deve essere centrata sul paziente e basata sulla Valutazione Multidimensionale (VMD), (valutazioni quotidiane dello stato fisico, cognitivo e psicosociale effettuate da infermieri e incontri quotidiani del team multidisciplinare; attivazione di procedure per migliorare l'autosufficienza nell'accudirsi, la continenza, la nutrizione, la motilità, il sonno, la cura della cute, il tono dell'umore e lo stato cognitivo).
L'infermiere quindi è una delle figure centrali dell'assistenza al cittadino non autosufficiente. E a sottolinearlo, spiegandone il perché, è il volume presentato all'Agenas "il cittadino non autosufficiente e l'ospedale", promosso dall'IRCCS-INRCA per il Network nazionale per l'invecchiamento e curato da Enrico Brizioli, Amministratore Delegato dell'Istituto S. Stefano (gruppo KOS), è laureato in Medicina e Chirurgia e Specialista in Neurologia ed in Igiene ed Organizzazione Ospedaliera e Marco Trabucchi, professore ordinario nel dipartimento di Medicina dei Sistemi dell'Università di Roma – Tor Vergata, Direttore Scientifico del Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia e Presidente dell'Associazione Italiana di Psicogeriatria.
Le cure sub intensive. Nel volume si analizzano tutti i livelli di assistenza. L'Unità di Cura Sub-Intensiva a esempio si propone di realizzare le seguenti funzioni primarie dell'assistenza: a) monitoraggio intensivo dei pazienti (l'efficacia del monitoraggio è stata valutata paragonabile a quella osservata nelle unità di cura coronarica); b) intensività infermieristica: fa riferimento alla più frequente richiesta di determinazione dei parametri clinici, alla toilette polmonare, alla gestione della ventilazione non invasiva, alla più frequente necessità di posizionamento e mobilizzazione nonché alla miriade di compiti infermieristici che vanno molto al di là delle possibilità del numero di infermieri assegnati ad un'unità medica convenzionale, ecc.; c) la supervisione medica: la stretta interazione con lo staff infermieristico permette la repentina lettura dei parametri rilevati dal monitoraggio, la tempestiva implementazione di nuove terapie o la modifica dei dosaggi di quelle in atto.
Le cure extraospedaliere. Il "territorio" invece dovrebbe essere attrezzato per gestire la continuità sia in "entrata" che in "uscita" verso l'ospedale. A esempio, disponendo di una "anagrafe" dei fragili sui quali concentrare gli interventi proattivi domiciliari di "prevenzione" (pronto riconoscimento e trattamento della fase acuta, supporto domiciliare clinico/diagnostico /infermieristico) della perdita funzionale e sui quali assicurare il supporto nella fase "post-acuta".
L'ospedale per intensità di cura. In generale l'ospedale per intensità di cura (Oic) deve avere, secondo gli autori, come principio inspiratore la sostituzione del criterio "tipo di patologia" con quello della centralità del paziente. L'ospedale deve strutturarsi sulla base della complessità assistenziale dei pazienti, indipendentemente dal tipo della loro patologia. Di conseguenza, l'ospedale perde una distribuzione delle unità operative per specialità medico-chirurgiche, per assumerne una completamente nuova per piattaforme o aree funzionali, dove si trovano degenti con patologie diverse, con in comune un livello di complessità assistenziale simile. La piattaforma o area funzionale medica è costituita, a esempio, da pazienti "internistici, endocrinologici, cardiologici, nefrologici, neurologici ecc.". Secondo il progetto Oic, la complessità assistenziale è "l'insieme degli interventi che si riferiscono alle diverse dimensioni, definite da un modello concettuale di riferimento dell'assistenza infermieristica, espressi in termini di intensità di impegno e quantità-lavoro dell'infermiere. La complessità assistenziale in sostanza definisce il livello e la quantità di lavoro richiesta all'infermiere per soddisfare i bisogni di assistenza infermieristica del singolo paziente. Quest'ultimo quindi sarà assegnato all'interno delle Aree di Degenza a seconda del tipo di intervento infermieristico quantificato. Diversi sono i fattori che possono descrivere la complessità assistenziale del paziente, come la gravità e l'instabilità della patologia, il livello di dipendenza dalle cure infermieristiche, il tempo necessario a compiere le azioni infermieristiche, il livello delle procedure necessarie, la tecnologia necessaria per erogare l'assistenza, le competenze professionali e il livello di formazione necessario".
L'infermiere-geriatra. Il nursing geriatrico, secondo il volume, può svolgere quindi un ruolo chiave durante il ricovero ospedaliero di un paziente geriatrico. L'efficacia dell'assistenza infermieristica del paziente è infatti misurabile anche in termini di prevenzione dei problemi iatrogeni dell'ospedalizzazione quali le cadute, le lesioni da decubito, il delirium, la polmonite e le infezione delle vie urinarie. Il Piano di Assistenza Individualizzato (PAI) infermieristico può includere interventi diretti o indiretti con l'infermiere che esercita la conoscenza, le norme e le competenze per affrontare l'assistenza del paziente anziano. Il paziente è visto nel contesto di fattori umani e organizzativi che influenzano la malattia e la gestione delle risorse: la valutazione e l'intervento basati sull'evidenza (Evidence-Based Nursing) pongono il paziente e la famiglia in posizione centrale. La condivisione del piano con i familiari aiuta la gestione delle loro aspettative e della loro ansia contribuendo ad un maggiore coinvolgimento ed evitando i conflitti. I programmi di formazione mirati ad ottenere le necessarie competenze per l'implementazione delle migliori pratiche, hanno come target non solo gli infermieri, ma anche le figure di supporto, quali gli operatori socio-sanitari.
Il ruolo dell'infermiere. Nei vari modelli di assistenza illustrati nel volume, per la gestione della sindrome geriatrica, l'infermiere geriatrico esperto individua gli strumenti di valutazione esistenti e i protocolli o gli algoritmi che sono stati convalidati nel loro uso per i pazienti anziani. Le procedure sono anche riviste per identificare potenziali ostacoli all'implementazione del modello e/o altri aspetti critici del processo di cura. Ad esempio per migliorare la prevenzione e gestione delle cadute, in alcuni ospedali possono essere modificati i letti ed acquistati modelli più bassi. Infine, l'infermiere esperto dovrebbe lavorare in team con il gruppo di miglioramento della qualità e di "risk management" per identificare i marcatori che possono essere monitorati per valutare i risultati di salute. L'attuazione include strategie per migliorare i processi di reclutamento del personale, la sua formazione, l'assistenza e la consulenza tecnica ai reparti per garantire il massimo risultato.
In questo senso secondo gli autori i vantaggi sono soprattutto evidenti quando il responsabile della definizione, dell'attuazione e del controllo del piano di cura in tutte le sue fasi ha una formazione geriatrica specifica; gli esiti non sono altrettanto favorevoli quando il paziente anziano fragile viene ricoverato in altri reparti e il geriatra, o il team geriatrico, hanno solo un ruolo di consulenti. È necessario quindi, sottolinea il volume, che il personale infermieristico abbia specifica formazione geriatrica.
Mangiacavalli: "Con gli infermieri gestione ottimale delle cure". "L'analisi condotta nel volume – commenta Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale OPI - conferma ancora una volta il ruolo che gli infermieri hanno nel nuovo modello di assistenza legato all'evoluzione demografica e delle condizioni di salute della popolazione. E ancora di più conferma la necessità di un infermiere esperto clinico con competenze avanzate (geriatriche in questo caso) da acquisire anche con una evoluzione della formazione. Ma soprattutto chiarisce la non invasione di campo rispetto al ruolo del medico che resta ben definito. Nessun contrasto, nessun rischio per i pazienti. Anzi, una condizione che in particolare negli ospedali gestiti per intensità di cure/complessità assistenziale, ma anche sul territorio, integra le varie professionalità secondo un modello che è quello di cui gli infermieri affermano ormai da tempo la necessità, sia per migliorare la compliance dei pazienti, sia per una gestione ottimale delle strutture - e il libro lo sottolinea in modo chiaro – che dell'organizzazione e anche delle risorse del Servizio sanitario nazionale. Tutto ciò soprattutto nel momento in cui i pazienti anziani, non autosufficienti e comunque fragili sono destinati ad aumentare".
L'E BOOK DEL VOLUME E' CONSULTABILE AL LINK http://www.maggioli.it/rna/brizioli-trabucchi/index.htm
Per la prima volta in Italia è stata concepita e conclusa una iniziativa volta al recepimento della Legge Stanca del 9 gennaio 2004, n. 4 (G.U. n. 13 del 17 gennaio 2004) recante «Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici». Il contenuto di questa pagina proviene dall'OPI Carbonia Iglesias, ringraziamo i colleghi.
Nei siti internet degli OPI Carbonia Iglesias, Bologna, Frosinone, Pavia, Pordenone, Pescara, Teramo, Ragusa, Foggia, Ancona, Rimini, Alessandria, Napoli, Sassari e Oristano, aderenti alla FNOPI Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, stiamo ufficialmente e definitivamente per inserire, dedicate ai disabili sensoriali e loro care giver che avessero necessità e/o interesse di approfondire sulla professione infermieristica:
Nella vita professionale e nella rappresentanza istituzionale della FNOPI Opi provinciali ci sono momenti che suggellano un percorso, un impegno, un modo di vedere l’agire per nome e per conto di infermieri e assistiti.
Poter esporre questo progetto in dirittura d’arrivo complessivo e definitivo è uno di quei momenti perché non ci stiamo accingendo a pubblicizzare un video da parte di una infermiera sorda o da un infermiere interprete o un libro fine a se stesso o un audio realizzato da studenti infermieri, ma a condividere con i cittadini una lettura del mondo che circonda l’ambito nel quale gli infermieri dei nostri territori operano quotidianamente partendo dai bisogni dei più fragili, dei disabili, degli inabili, degli inascoltati, dei non percepiti.
Ci siamo impegnati e continueremo ad impegnarci per intercettare una necessità delle comunità dei ciechi e dei sordi: essere posti nelle medesime condizioni di chi vede e sente, nel nostro caso per mano degli infermieri ai quali si affidano nel contesto della responsabilità del governo dell’assistenza ospedaliera e territoriale, intimamente convinti che questo gesto di riguardo nei confronti dei nostri interlocutori abbia un valore aggiunto ed un peso specifico che l’infermieristica meritava di vedere inclusi e riconosciuti e annoverare tra le qualità che la contraddistinguono tra le professioni d’aiuto e sanitarie.
Quando si valuta una barriera da rimuovere per la fruizione di risposte assistenziali all’altezza delle aspettative e dei diritti dei cittadini, la professione infermieristica è e sarà sempre la prima a cercare soluzioni anche nelle difficoltà delle disabilità sensoriali e quindi nella sfera della comunicazione: questo era il nostro obiettivo e questo abbiamo portato a compimento testimoniando come si possano declinare a livello territoriale sollecitazioni a recepire leggi delle Stato, alla buona amministrazione e alla competente rappresentanza degli Ordini Professioni Infermieristiche provinciali che presiediamo unitamente al Consigli Direttivi.
In particolare: