Da Oslo è giunto il gradimento per la candidatura del corpo sanitario italiano al premio Nobel per la pace 2021. La comunicazione ufficiale di placet alla proposta da parte del Comitato norvegese, il quale attribuisce il riconoscimento a figure e organizzazioni distintisi per alto valore etico e umanitario del loro operato, l'unico Nobel che come da volere di Alfred Bernhard Nobel, il suo fondatore, è conferito e consegnato fuori dalla Svezia, è giunta alla "Fondazione Gorbaciov Italia" di Piacenza, che fin dalla metà del 2020, ha raccolto circa 350mila adesioni in numerose istituzioni a sostegno dell'iniziativa da essa ideata.
Il presidente della fondazione Marzio Dallagiovanna, sottolinea che «alla base della richiesta di candidatura, vi è il fatto che il personale sanitario italiano è stato il primo nel mondo occidentale a dover affrontare una gravissima emergenza sanitaria, nella quale ha ricorso ai possibili rimedi di medicina di guerra combattendo in trincea per salvare vite e spesso perdendo la loro». Anche tuttora il bilancio di questa tragedia è in continua crescita. I medici deceduti per Covid, contratto nell'esercizio della propria professione, sono circa 330, e gli infermieri e le infermiere oltre 80 (di cui 6 suicidi), mentre restano imprecisati i numeri relativi al personale ausiliario in servizio in strutture ospedaliere e Rsa.
Come previsto dal protocollo di candidatura, la proposta è stata ufficialmente sottoscritta da un Nobel per la pace, Lisa Clark, statunitense che vive in Toscana e ha prestato attività di assistenza volontaria durante l'epidemia, co-presidente dell'International Peace Bureau, cui è stata conferita l'onorificenza nel 2017 per il suo impegno contro il disarmo atomico. Il testimonial dell'iniziativa promossa dalla Fondazione Gorbaciov di Piacenza e di cui il presidente onorario è l'ex-presidente Urss, anch'egli insignito del premio nel 1990, è Luigi Cavanna, primario di onco-ematologia all'ospedale di Piacenza, noto per essersi impegnato personalmente nel prestare aiuto ai malati di Covid a domicilio, sostenendo l'importanza della medicina territoriale, vicenda di cui ha scritto anche la stampa estera. Il proponente, sempre secondo quando previsto dal protocollo, che richiede una figura di alto profilo, è Mauro Paladini, ordinario di Diritto privato all'università di Brescia.
A supportare l'iniziativa vi sono poi le adesioni di numerose istituzioni, come la Regione Emilia Romagna, il Comune e la Provincia di Piacenza, organismi e associazioni, come Banca di Piacenza, diocesi di Piacenza e Bobbio, Fondazione di Piacenza e Vigevano, Associazione Nazionale Alpini, Confcommercio, Federfarma, Acli, Opera Pia Alberoni, Fondazione Irccs Istituto nazionale dei tumori di Milano e varie altre.
Attraverso questa campagna, che ha ottenuto l'ufficiale riconoscimento di Oslo, la Fondazione Gorbaciov, la quale, avendo ospitato in Italia il summit dei Nobel per la Pace, con intervento anche dello stesso Gorbaciov, funge anche da Segretariato mondiale dei Nobel per la pace, intende innanzitutto concentrare l'attenzione su un Paese, l'Italia, il cui personale sanitario ha profuso straordinari sacrifici in un comprovato contesto di penuria di posti letto e di dispositivi di protezione e di terapia. Anche la stessa città di Piacenza, tra le più colpite dal Covid nella prima ondata, a pochi chilometri da Codogno dove il 21 febbraio 2020 furono confermati i primi 21 casi di infezione, si pone, con l'occasione, come "Città mondiale di costruzione di pace".
Nel 2020, il Nobel per la Pace è stato assegnato al World Food Program. www.sanita24.ilsole24ore.com
Uno studio dell'Ospedale pubblicato su Cell Reports identifica le caratteristiche immunologiche dei pazienti che meglio reagiscono all'infezione da SARS-CoV-2.
Le due immagini rappresentano la carica virale di Sars-CoV-2 sull'asse delle ordinate e il tempo su quelle delle ascisse. Nell'immagine in alto si vede come una maggiore presenza di anticorpi neutralizzanti porti a una bassissima carica virale dopo solo una settimana. Nella seconda si può osservare come a un basso numero di anticorpi neutralizzanti corrisponda invece, a parità di tempo, una maggiore carica virale.
Perché la maggior parte dei bambini colpiti da SARS-CoV-2 ha un decorso rapido e con sintomi lievi? E perché alcuni riescono a neutralizzare il virus prima di altri? La risposta arriva da uno studio dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, che identifica per la prima volta le caratteristiche immunologiche dei bambini che meglio reagiscono all'infezione da nuovo coronavirus, riuscendo a debellarla già dopo la prima settimana. La ricerca, realizzata insieme all'Università di Padova e all'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, è stata pubblicata sulla rivista scientifica Cell Reports.
LO STUDIO
L'indagine del Bambino Gesù ha coinvolto 66 pazienti di età compresa tra 1 e 15 anni ricoverati nel Centro Covid del Bambino Gesù di Palidoro nell'estate del 2020. La ricerca è stata promossa dal gruppo di studio "CACTUS - Immunological studies in children affected by COVID and acute diseases", creato da medici e ricercatori del Dipartimento Pediatrico Universitario Ospedaliero del Bambino Gesù nel pieno dell'emergenza sanitaria.
La maggior parte dei bambini inseriti nello studio era paucisintomatica a inizio infezione, mentre a una settimana di distanza risultava già asintomatica e clinicamente guarita. Allo studio non hanno preso parte i pazienti che presentavano un quadro severo, come quello della MIS-C.
Le indagini di laboratorio hanno evidenziato come il profilo immunologico dei bambini che già dopo una settimana erano riusciti a neutralizzare il virus, era caratterizzato da una grande quantità di linfociti T e B specifici contro SARS-CoV-2, capaci di riprodursi velocemente una volta entrati in contatto con l'agente patogeno e di produrre un gran numero anticorpi neutralizzanti.
Nei bambini con questo particolare profilo immunologico è stata riscontrata già dopo una settimana una bassissima carica virale (meno di 5 copie virali per microlitro di sangue), tale da annullare di fatto la loro capacità infettiva, dunque la possibilità di contagio, anche in presenza di un tampone ancora positivo.
La presenza di linfociti T e B specifici contro il Coronavirus, inoltre, appare correlata all'esposizione dei bambini ad altri virus stagionali. I pazienti con la maggiore capacità di sconfiggere rapidamente il SARS-CoV-2, infatti, erano quelli già entrati in contatto, nella loro storia clinica, con un numero elevato di altri virus influenzali. http://www.ospedalebambinogesu.it/covid-ecco-come-i-bambini-neutralizzano-il-virus
Pubblicato il nuovo report dell'Iss, redatto insieme a Ministero, Aifa e Inail. Chi si è vaccinato deve comunque continuare ad adottare tutte le precauzioni ormai abituali (distanziamento fisico, mascherine, igiene delle mani), raccomandazione che vale ancor di più per gli operatori sanitari perché nessun vaccino conferisce un livello di protezione del 100%, la durata della protezione vaccinale non è ancora stata stabilita, la risposta protettiva al vaccino può variare da individuo a individuo e, al momento, non è noto se i vaccini impediscano completamente la trasmissione del virus. IL RAPPORTO.
16 MAR - L’Istituto superiore di sanità ha appena pubblicato il suo 67° Rapporto Covid (il quarto del 2021) questa volta dedicato al tema delle varianti del virus e delle loro ricadute sulla campagna di vaccinazione. Scopo principale del Rapporto, redatto insieme al Ministero della Salute, Aifa e Inail, è quello di offrire alcune risposte utili per gli operatori sanitari impegnati nella campagna di vaccinazione in attesa di avere indicazioni e cognizioni più approfondite dalle ricerche in corso.
Tra le prime risultanze emerse finora quella che una drastica riduzione della circolazione virale nella popolazione sia in grado di prevenire la diffusione delle varianti già note e il potenziale sviluppo di ulteriori nuove varianti. Ma sono molti i quesiti aperti.
Ecco le prime domande e risposte dell’Iss contenute nel nuovo Rapporto.
La circolazione delle varianti richiede una modifica delle misure di prevenzione e protezione non farmacologiche (distanziamento fisico, mascherine, igiene delle mani) in ambito comunitario e assistenziale?
La risposta dell'Iss è no e sottolinea come non sia indicato modificare le misure di prevenzione e protezione basate sul distanziamento fisico, sull’uso delle mascherine e sull’igiene delle mani; al contrario, si ritiene necessaria una applicazione estremamente attenta e rigorosa di queste misure.
Anche se non vi sono attualmente evidenze scientifiche della necessità di un isolamento in stanza singola di pazienti con infezioni da varianti virali, tuttavia, in presenza di diagnosi sospetta o certa di infezione da varianti 501Y.V2 o P1 di SARS-CoV-2, o di nuove varianti non ancora significativamente diffuse nella popolazione, l’Iss suggerisce, laddove possibile, di adottare l’isolamento in stanza singola o strategie di cohorting di pazienti infetti da una stessa variante.
http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=93594&fr=n