TERAMO – La Asl di Teramo, per la prima volta in Abruzzo, e tra le primissime in Italia, ha dato il via a trattamenti emodialitici domiciliari con la presenza di un infermiere esperto durante tutta la durata del trattamento. E’ stato infatti definitivamente attivato il “Servizio di emodialisi domiciliare assistita”.
Attualmente sul territorio italiano questo servizio è stato avviato da Lombardia, Veneto e Liguria. La Asl di Teramo in assoluto è stata la prima ad aggiudicare una gara, della durata di 4 anni e per un numero totale di 6 pazienti a regime, relativa a questo tipo di trattamento.
“Abbiamo inteso attivare questo servizio per venire incontro alle esigenze dei nostri dializzati e dei loro familiari -, spiega il direttore generale della Asl Maurizio Di Giosia -. L’emodialisi domiciliare è una opzione possibile già da tempo, ma finora gravava un grande “peso” sociale e psicologico sulla famiglia chiamata ad assistere il congiunto che esegue dialisi a casa. L’emodialisi a domicilio con assistenza infermieristica assicura ora un trattamento professionalmente competente e di qualità, in accordo con il centro dialisi di riferimento del paziente. Tutto si svolge come in ospedale ma fra le mura domestiche e con l’assistenza di un infermiere esperto. Oggi, l’emodialisi domiciliare assistita può essere un’opportunità notevole in quanto gestita da personale infermieristico preparato, ovviando ai problemi molto onerosi di addestramento del paziente, dei suoi familiari e partner e anche al peso costante di un trattamento specialistico affidato ai parenti”.
La presenza di un infermiere a domicilio inoltre, sviluppa l’adesione del paziente a tutta la terapia dell’insufficienza renale cronica (dieta, farmaci, corretta assunzione della terapia e abitudini di vita).
“L’emodialisi domiciliare con l’assistenza di un familiare presenta una serie di difficoltà che hanno reso quasi nullo il ricorso a questo tipo di trattamento -, aggiunge Luigi Amoroso, direttore della UOC di Nefrologia e Dialisi -, ora non è più il paziente che si adatta alle esigenze del centro ma, entro certi limiti, è il servizio che si modella sulle esigenze del paziente. L’impiego dell’infermiere a domicilio, oltre a dare maggiore sicurezza al paziente evita di sottomettersi ai rigidi orari della organizzazione ospedaliera e soprattutto alle difficoltà di trasporto nel tragitto di andata e ritorno verso il centro dialisi che, in particolare, per un anziano malato cronico e spesso con altre patologie, rappresentano sempre un calvario. Inoltre, ci sarà un risparmio di tempo e la possibilità di gestire la propria eventuale attività lavorativa e sociale con un evidente miglioramento della qualità della vita”.
Il progetto prevede che non solo sia a disposizione un infermiere competente ma anche le apparecchiature e tutto il materiale necessario per la seduta dialitica.
Il progetto si è concretizzato grazie al lavoro svolto da Goffredo Del Rosso ex direttore dell’UOC di Nefrologia e Dialisi della Asl di Teramo e fortemente perseguito da Amoroso e da Rosella Malandra responsabile della UOS di Terapia Emodepurativa dell’ospedale di Teramo e dalla direzione aziendale della Asl di Teramo. www.abruzzoweb.it
La necessità è quella di rispettare le date degli esami di ammissione di settembre che enza il decreto del ministero dell’Università non potrebbero essere svolti. E il MUR ha messo a bando, come precisa nel teso del provvedimento in “’assenza dell’Accordo previsto dall’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano sulla “Determinazione del fabbisogno per l’anno accademico 2021/2022, dei laureati magistrali a ciclo unico, dei laureati delle professioni sanitarie e dei laureati magistrali delle professioni sanitarie, a norma dell’art. 6 ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modifiche” e “in via provvisoria” per l’anno accademico 2021-2022 “il numero dei posti disponibili a livello nazionale per l’ammissione ai corsi di laurea delle professioni sanitarie corrispondenti alla intera offerta formativa espressa da ogni ateneo per l’a.a. 2021/2022, secondo le proprie complessive risorse”.
Per la professione infermieristica si tratta di +1.120 posti in più dello scorso anno (17.133) a cui si aggiungono 264 posti per infermiere pediatrico (+53).
In tutto per le lauree delle Professioni sanitarie nel 2021-2022 ci saranno 30.180 posti disponibili. Un numero in crescita rispetto ai 26.602 dello scorso anno (+13%) e la nuova data per i test d’ammissione dal 7 settembre è stata spostata al 14 settembre.
Per infermieristica per il momento si tratta di circa 6mila posti in meno della richiesta degli ordini professionali e di circa 3mila in meno rispetto a quella delle stesse Regioni che avevano raggiunto quest’anno, rispetto a una media di poco più di 14mila posti/anno, un fabbisogno di circa 20mila posti.
E si tratta di quasi 7mila posti in meno di quelli ipotizzati negli emendamento a leggi in discussione al Parlamento che per gli infermieri vorrebbero fissare l’asticella almeno a 24mila, dopo aver toccato con mano durante la pandemia la pesante carenza di organici. www.fnopi.it
(Reuters Health) – Un nuovo studio olandese fornisce ulteriori evidenze sul fatto che le persone infette da SARS-CoV-2 possono trasmettere il virus ai loro animali. “Circa il 20% degli animali contrae il COVID dai padroni. Fortunatamente, la maggior parte dei gatti e dei cani infetti non mostra segni clinici o ne mostra soltanto di lievi”, dice Els Broen della Utrecht University in Olanda, prima autrice dello studio, “Le persone dovrebbero essere consapevoli di poter infettare i loro animali; pertanto, il consiglio prudenziale è evitare un contatto stretto con l’animale in caso di positività al COVID, proprio come si farebbe con i membri umani della famiglia”. Lo studio è stato presentato allo European Congress of Clinical Microbiology and Infectious Diseases (ECCMID). I ricercatori hanno studiato la presenza di infezioni da SARS-CoV-2 in 156 cani e in 154 gatti appartenenti a 196 famiglie positive al COVID-19.
Gli animali sono risultati positivi a SARS-CoV-2 in 40 famiglie (20,4%). Sei gatti e sette cani (4,2%) avevano test PCR positivi e 23 cani (17,6%) sono risultati positivi agli anticorpi. 11 animali con test PCR positivi sono stati riesaminati da una a tre settimane dopo il primo test e sono risultati tutti positivi agli anticorpi per SARS-CoV-2. Tre gatti presentavano ancora test PCR positivi e sono stati sottoposti ad analisi una terza volta. Alla fine, tutti gli animali positivi alla PCR hanno sconfitto l’infezione.
I ricercatori non sono riusciti a eseguire test per le varianti ora in circolazione del SARS-CoV-2. “Abbiamo avuto solo alcuni positivi alla PCR e abbiamo cercato di isolare e sequenziare il virus per cercare le varianti e compararle con quelle trovate nei proprietari, ma ciò non ha avuto successo, probabilmente a causa della bassa carica viremica”, conclude Els Broens.
Fonte: European Congress of Clinical Microbiology and Infectious Diseases
Megan Brooks
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science) www.popsci.it