La sospensione dagli ordini professionali degli infermieri non vaccinati potrebbe essere realtà a breve. Questo non farebbe che aggravare la carenza di personale infermieristico.
Ricordiamo come con la sospensione dall'ordine professionale di appartenenza non si possa praticare la professione stessa.
Tuttavia la percentuale dei professionisti coinvolti sarebbe molto bassa, tanto da non destare attualmente preoccupazioni, queste in sintesi le dichiarazioni dei rispettivi presidenti di L'Aquila, Dott. ssa Maria Luisa Ianni e Teramo, Dott. Cristian Pediconi.
Infermieri: ne mancano oltre 60mila secondo la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI).
E senza una soluzione alla carenza di organico chi rischia di più è l’assistenza, ma anche l’applicazione del PNRR che punta tutto sull’assistenza territoriale.
E ne mancano, anche in base alle dimensioni regionali, quasi 27mila a Nord, circa 13mila al Centro e 23.500 al Sud e nelle Isole.
Eppure, quella dell’infermiere è la professione del futuro e lo è con maggiori responsabilità, specializzazioni e infungibilità della professione. All’estero tutto ciò c’è già e gli infermieri, ad esempio in Spagna, Francia, Regno Unito, sono anche prescrittori di farmaci non specialistici e di presidi sanitari. Che sia la professione sanitaria del futuro è evidente: nel 2020 è stata l’unica laurea tra le sanitarie che ha visto aumentare le domande di quasi l’8% contro una diminuzione, più o meno evidente, delle altre e secondo i dati a un anno dalla laurea in tempi pre-Covid già l’80% era in servizio. Ma c’è carenza: il rapporto infermieri-abitanti in Italia è di 5,5-5,6 infermieri ogni mille abitanti, uno dei più bassi d’Europa secondo l’Ocse e il rapporto infermieri-medici, che dovrebbe essere secondo standard internazionali 1:3 è, sempre secondo l’Ocse, inferiore di 1:1,5.
La pandemia ha posto sotto gli occhi di tutti quello che già da anni fa, con la sua laurea, i master, i dottorati di ricerca e, ora, la richiesta chiara di scuole di specializzazione e dell’infungibilità della professione.
L’infermiere assicura il buon andamento delle strutture anche evitando eventuali carenze o atti impropri di altre figure, ma deve essere supportato da un organico numericamente e professionalmente efficiente e dotazioni all’altezza di un’assistenza di qualità, altrimenti c’è il rischio di peggiorare la situazione e trasformare chi dovrebbe organizzare in un capro espiatorio di errori altrui.
La necessità di più infermieri è stata messa in evidenza anche da numerosi centri di ricerca.
Il Censis presentato ha quantificato la carenza rapportando per l’Italia la presenza di infermieri a quella dell’Emilia-Romagna, considerata Regione Benchmark, in 57.000 unità e ha considerato che se il confronto dovesse avvenire con altri partner europei, come ad esempio il Regno Unito – che fa tra l’altro continua richiesta di infermieri italiani – la carenza salirebbe a quasi 300.000 unità.
Secondo il Rapporto Crea Sanità dell’Università di Tor Vergata, la carenza in base ai parametri europei sarebbe di almeno 162.972 infermieri se rapportati al complesso della popolazione e 272.811 se rapportati alla popolazione ultra 75enne, che è quella di riferimento soprattutto sul territorio.
E secondo il concetto di staffing, il rapporto cioè tra infermieri e numero di pazienti assistiti che secondo i parametri medi nazionali e internazionali dovrebbe essere di un infermiere ogni 6 pazienti (ogni due nei servizi come pediatrie o terapie intensive e così via), mentre si assesta da anni a una media di 9,5 pazienti per infermiere con punte in alcune Regioni fino a 17-18 pazienti per infermiere.
Le possibili soluzioni
Per questo la FNOPI ha messo a punto per la prima volta alcune proposte diversificate tra loro su assi a breve, medio e lungo termine per far fronte alla carenza di professionisti con particolare attenzione a residenzialità privata e convenzionata e alle aree interne e disagiate. Il documento diventerà elemento ulteriore di interlocuzioni politiche e istituzionali della Federazione.
A breve termine – perché il problema è ora, così come ora deve partire l’applicazione del PNRR – c’è ad esempio il superamento del vincolo di esclusività che oggi lega l’infermiere nel rapporto di lavoro con il servizio sanitario pubblico e la possibilità di esercizio libero professionale a supporto delle strutture sociosanitarie territoriali. Poi possono essere previsti progetti finalizzati a garantire il supporto in termini di prestazioni di assistenza infermieristica da parte delle Aziende Sanitarie alle strutture residenziali territoriali, con attività svolta al di fuori dell’orario di servizio e remunerata a parte. Altra norma da rivedere è quella di percorsi di incentivazione per “distacchi” o “comandi” dall’azienda sanitaria ospedaliera verso le strutture sociosanitarie territoriali, favorendo il riavvicinamento territoriale del dipendente considerata la residenza. E infine favorire l’accreditamento delle strutture sociosanitarie quali sedi di tirocinio dei corsi di laurea in infermieristica per potenziare le possibilità di svolgimento di tirocini curricolari da parte degli studenti del triennio quale strumento per lo sviluppo culturale in tale setting.
A medio termine si dovrebbero ridefinire le regole di accreditamento delle strutture in relazione all’evoluzione dei bisogni dei cittadini; valorizzare la professione infermieristica nelle strutture socio sanitarie territoriali; prevedere uno sviluppo in chiave clinica per attualizzare la necessaria maggiore pertinenza alla complessità e tipologia assistenziale di carriera e sotto il profilo gestionale; adeguare i contingenti formativi e valorizzare le competenze economicamente e sotto l’aspetto della responsabilità e dell’autonomia.
A lungo termine poi si dovrebbe favore il rientro degli infermieri italiani emigrati all’estero con incentivi in termini contrattuali ed economici. Attualmente si calcola che lavorino all’estero circa 20.000 infermieri italiani.
In questi giorni vengono messe in risalto da varie testate le storie di due donne, diverse tra loro per molti aspetti, in comune la professione, alla quale una aspira e di cui l'altra ne ha espresso i massimi livelli.
Auguriamo alla più giovane, oltre a tanta fortuna, di poter percorrere anche solo in parte la carriera della Dott.ssa Palese.
Di seguto riproponiamo i due articoli che le vedono protagoniste.
Alvisa Palese, Professore Associato di Scienze Infermieristiche generali, cliniche e pediatriche al Dipartimento di Scienze Chirurgiche della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Udine è stata chiamata dal Dipartimento di Medicina dello stesso Ateneo in qualità di Professoressa Ordinaria in Scienze Infermieristiche generali, cliniche e pediatriche.
Alvisa Palese ha conseguito l’Abilitazione Scientifica Nazionale a Professore di I fascia per il settore concorsuale 06/M1- Igiene Generale e Applicata, Scienze infermieristiche e Statistica Sanitaria già nel 2014 e ha rinnovato l’Abilitazione Scientifica Nazionale a Professore di I fascia per il settore concorsuale 06/M1- Igiene Generale e Applicata, Scienze infermieristiche e Statistica Sanitaria nel 2016, valida dal 2018 al 2024.
“Provo una grande gioia personale e professionale – ha commentato Alvisa Palese – per quello che è anche un riconoscimento alla disciplina infermieristica, allo straordinario gruppo di lavoro di cui mi onoro di far parte, ai miei studenti di tutti i livelli formativi ed alle tante collaborazioni nazionali e internazionali. Mi riconosco solo il merito di una grande passione; la parte più importante di questo risultato deriva dalla fortuna di aver incontrato sulla mia strada degli straordinari Maestri ai quali andrà sempre la mia riconoscenza”.
Ad Alvisa palese le congratulazioni e i complimenti sinceri della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche.
A QUESTO LINK IL CURRICULUM DELLA PROFESSORESSA PALESE
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Morena Teti: Non solo mascherina e divisa. In questa breve intervista Morena ci racconta passioni, paure e speranze mostrandoci il vero volto di una ragazza non solo bella fuori ma con un cuore grande.
Ciao a tutti! Mi chiamo Morena, ho 23 anni, e tanti sogni nel cassetto. Sono Abruzzese e per l’esattezza vengo da Lanciano, città in provincia di Chieti.
Sono una studentessa di infermieristica presso l’università degli studi Gabriele D’Annunzio di Chieti e se Dio vorrà a breve diventerò infermiera.
Già, infermiera, categoria che in questi ultimi anni è molto discussa. Ci hanno descritto in tutti i modi: infermiere come Angelo, infermiere come eroe, infermiere come grande figura di riferimento e come colonna portante in ogni ambito sanitario. Essere e diventare infermiera è sempre stato il mio grande sogno, da quando ero piccola.
Ricordo ancora i tanti momenti in cui volevo andare in ospedale da mia madre (infermiera e caposala del reparto Nido/pediatria dell’ospedale Renzetti di Lanciano) nei suoi giorni lavorativi.
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