L’APSILEF (Associazione Professioni Sanitarie Italiane Legali e Forensi), in collaborazione con NurseTimes, visto i sempre più frequenti errori terminologici commessi dai media, vuole, con questo articolo, fare chiarezza.
Sempre più spesso, i media, quando parlano di professionisti sanitari e, di infermieri, nello specifico, tendo a denominarli come “paramedici”. Ma è corretto?
Iniziamo dal significato proprio del termine:
Paramèdico agg. [comp. di para–2 e medico3] (pl. m. –ci). – 1. Che opera, con adeguata professionalità, nel settore della sanità, con compiti e funzioni che affiancano, coadiuvano l’opera del medico: il personale p.; anche come sost.: i p., la categoria dei paramedici. 2. Che si riferisce al personale paramedico, che è proprio della categoria dei paramedici.
Paramedico, in questo caso, appare immediatamente come un termine con un’accezione negativa, indicante un ruolo inferiore a quello medico.
Nella realtà italiana, infatti, questa figura non esiste, a differenza di altri paesi (es. Regno Unito, Irlanda, U.S.A., etc.) dove il paramedico è un tecnico riconosciuto e disciplinato da apposite leggi.
Il paramedico è un tecnico dell’emergenza che si forma separatamente e in modo differente da infermieri e medici. In Canada, per diventare paramedico, bisogna frequentare un corso biennale, in America, invece, un corso di 700 – 1300 h.
La formazione infermieristica, in Italia, è nettamente migliore e più approfondita, con un Corso di Laurea triennale, senza contare tutte le possibilità di sviluppo formativo – professionale conseguente al titolo abilitante.
Il ruolo del paramedico è quello di valutare le condizioni e assistere i pazienti vittime di problemi di natura medica o traumatica....
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