Anche la terza dose di vaccino anti-Covid perde di efficacia col passare del tempo. Tuttavia, a quattro mesi dalla somministrazione, la protezione contro le forme gravi, anche quelle dovute alla variante Omicron, resta prossima all’80%. La buona notizia arriva da uno studio dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) americani, che sul loro bollettino settimanale hanno pubblicato uno studio condotto in dieci Stati Usa prendendo in esame i dati relativi a oltre 240mila visite in pronto soccorso e 93mila ricoveri tra l’agosto 2021 e il gennaio 2022.
La ricerca mostra che la protezione offerta da due dosi contro la variante Omicron è del 69% a distanza di due mesi, e del 37% dopo cinque mesi. Grazie alla terza dose, però, l’immunità aumenta notevolmente e lo scarto tra Omicron e Delta diventa minimo, anche se l’efficacia del vaccino tende a scemare nel tempo. Nel dettaglio, con Omicron l’efficacia delle tre dosi nel prevenire le forme gravi è passata dal 91% a due mesi dalla somministrazione al 78% a partire dal quarto mese. Durante il periodo di predominanza della variante Delta i valori erano rispettivamente del 96% e del 76%.
Lo studio arriva a pochi giorni da una ricerca condotta dal La Jolla Institute for Immunology, in collaborazione con l’Irccs Ospedale Policlinico San Martino di Genova, che ha confermato come le cellule T proteggano almeno fino a sei mesi di distanza dalla vaccinazione. Queste cellule non impediscono di contrarre l’infezione, ma rappresentano un’efficace difesa contro le forme gravi di Covid.
Tale ricerca ha testato la risposta immunitaria di 96 persone che avevano ricevuto i vaccini Pfizer/BioNTech, Moderna, Johnson and Johnson e Novavax, dimostrando appunto che a sei mesi di distanza le cellule T sviluppate dopo la vaccinazione erano in grado di riconoscere efficacemente tutte le varianti, compresa Omicron e indipendentemente dal vaccino utilizzato. Nello specifico, contro le varianti comparse prima di Omicron era conservato il 90% dell’efficacia della risposta immunitaria da parte delle cellule T CD4+ e l’87% di quelle CD8+. Con Omicron queste percentuali scendevano rispettivamente all’84% e all’85%.
Risultati analoghi sono stati ottenuti da ricercatori della Città della Salute di Torino in una ricerca condotta su 419 persone. I test hanno consentito di osservare la persistenza di una risposta dei linfociti T superiore al 70% a otto mesi di distanza dalla vaccinazione. I dati sono precedenti all’avvento della variante Omicron, ma fanno ben sperare.