Ringraziamo la collega Stefania per la disponibilità e per averci fatto partecipe del suo viaggio all'interno della nostra professione.
- Parlaci di te, come hai scelto di fare l’infermiera?
Ciao sono Stefania, una mamma di due bimbe e da circa 13 anni svolgo questa professione. In realtà sono stata sempre “attratta” dal mondo sanitario anche se a dire il vero quando ho fatto i test di ingresso all’Università come prima scelta volevo diventare un’ostetrica.
- Qual è stato il tuo percorso formativo?
Come già detto, ho sostenuto e superato i famosi e temuti quiz di ingresso all’Università dell’Aquila e, dopo un’iniziale delusione per non esser riuscita ad entrare nel Corso di Laurea in Ostetricia ho deciso di tuffarmi a pieno nel campo dell’Infermieristica. Dopo tre anni impegnativi di studi, ho avuto la fortuna di trovare subito lavoro in una clinica privata gestita dal docente con il quale ho discusso la tesi, e da quel momento ho cominciato a riempire la mia "valigia" piena di speranze e timori allo stesso tempo che mi accompagna tuttora nella mia crescita professionale. Ricordo dopo qualche mese di lavoro le numerose raccomandate spedite in tutta Italia alla ricerca del famigerato “posto fisso” che nel 2005 è finalmente arrivato….CTO di Milano. Un’esperienza di vita e professionale fantastica, avvincente, indescrivibile. L’avventura lombarda è durata quasi 5 anni, contornata dal Master all’Università di Siena in Management Sanitario. La voglia di svolgere questa professione nella mia regione, nella mia terra, alla fine mi ha spinto a fare domanda di mobilità ed eccomi qua attualmente a lavorare nel DH Oncologico del P.O. di Giulianova. Quasi dimenticavo….la fame del “sapere” mi ha fatto conseguire un secondo Master Universitario in Tutoraggio clinico.
- Cosa vuol dire per te essere infermiera?
Amore e sacrificio, sorrisi e lacrime, gioia e dolore, forza e fragilità, consapevolezza che ogni giorno, ogni paziente, ogni attività professionale che svolgerò in un dato momento non sarà mai uguale a quella che vivrò domani.
- Qual è l’aspetto che più ti piace del tuo lavoro?
Regalare un sorriso a chi a causa del proprio stato di malattia smette di farlo, cercare di dare risposte ai pazienti che sempre più porgono a noi infermieri una molteplicità di domande assistenziali complesse.
- Cosa cambieresti della nostra professione?
Cambierei la staticità nello svolgere il nostro lavoro, si può essere infermieri anche fuori dall’ospedale o dalle RSA, nelle scuole ad esempio. Inoltre come già avviene in alcuni Stati, sono dell'idea che ogni infermiere debba cambiare reparto dopo un certo numero di anni per potersi arricchire e meglio comprendere la totalità della propria professione.
- Come pensi l’utenza percepisca la nostra professione?
Il tempo ci sta dando una grande mano anche se ci sono ancora alcuni passi da percorrere per far comprendere agli altri attraverso anche l’educazione sanitaria chi siamo e cosa facciamo. Siamo noi che abbiamo il dovere di farci conoscere, di "pubblicizzarci", sono dell'idea che solo così riusciremo a farci apprezzare a pieno dall'utenza.
- Cosa consiglieresti ai giovani che decidono di intraprendere la nostra professione?
Penso che questo ambito lavorativo ti dà un’importante opportunità di crescita, sia come persona, sia come professionista. C'è una frase molto bella di Steve Jobs: “Siate affamati, siate folli”, ecco…ai giovani dico questo.
- Un augurio o un sogno per il futuro?
… Un augurio… quello di vedere tutti i nostri Ordini Professionali coesi, un’unico corpo e un’unica mente capace di farci fare quell’ultimo salto di qualità che tutti gli infermieri meritano.