Un ringraziamento alla collega Marica che ha condiviso con noi il suo percorso e le sue impressioni; attualmente in servizio a Giulianova in Ortopedia
- Parlaci di te, come hai scelto di fare l'infermiera?
Già a 15 anni avevo ben chiaro il mio destino, sarà stata Candy Candy non so, sicuramente volevo fare questo da grande ,volevo diventare infermiera così, dopo varie vicissitudini scolastiche al liceo, ho deciso di rimboccarmi le maniche e realizzare un sogno impegnandomi fino in fondo con l’appoggio della mia famiglia ed oggi eccomi qua, laureata dopo 3 anni di Università dal novembre 2006 con oggi 13 anni di esperienza sulle spalle tra neonati, bambini, giovani ed anziani, 13 duri anni in cui ho ricevuto moltissimo da questo lavoro, in cui ho avuto momenti di cedimento e paure e momenti di sicurezze e tenacia.
- Qual è stato il tuo percorso formativo e lavorativo?
Dopo aver preso il diploma al liceo linguistico dal quale mi ero ritirata per ben 3 anni, mi sono iscritta al test d’ingresso in infermieristica all’ universita’ G.D’Annunzio di Chieti, non ero molto preparata per le materie scientifiche considerata la mia base scolastica, così ho seguito i pre-corsi ad agosto e con mia grandissima gioia sono riuscita a superarlo.
Ad ottobre 2003 iniziavo le mie lezioni e dopo qualche mese anche il tirocinio nell’ospedale, finiti i miei 3 anni e avendo conseguito la laurea mi sono messa subito in cerca di lavoro e dopo appena un mese ho iniziato.
Ho lavorato in strutture private principalmente a San Benedetto tra reparti di medicina, endoscopia e sala operatoria, sono rosetana e forse un po’ “mammona” per cui non ho mai desiderato allontanarmi troppo da casa quindi viaggiavo con la mia auto, poi ho vinto un concorso per l’Asur Ascoli Piceno, Fermo , San Benedetto e sono entrata di ruolo nella TIN e Pediatria di Ascoli Piceno, ho avuto esperienza nel reparto di malattie infettive e dopo 5 anni grazie alla mobilità esterna mi sono ritrovata a Teramo; dapprima in Sala Operatoria poi in Pediatria e ora grazie ad una nuova mobilità mi trovo a Giulianova nel reparto di Ortopedia.
- Cosa consiglieresti ai giovani che decidono di intraprendere questa professione?
Diciamolo pure, per fare il nostro lavoro ci vuole “stomaco”, dalla testa al cuore, devi essere sicuro di volerti addentrare in un mondo crudele quanto meraviglioso, in un mondo che ti dà soddisfazioni, paure, gioie ma anche tanto dolore. Devi avere in te la fame di scoprire la vita, la morte ed il corpo umano in tutte le sue sfaccettature e devi pensare che dovrai essere pronto ad aiutare sempre, in qualsiasi situazione o condizione. Certo siamo esseri umani, non automi nè macchine, quindi ci concediamo il lusso anche di piangere, ridere o arrabbiarci con quello che le nostre mani toccano ed i nostri occhi vedono ma dobbiamo stare lì, pronti dalla testa al cuore!
Oggi ai giovani intenzionati ad intraprendere questo percorso consiglio di non mollare alle prime difficoltà, perché purtroppo ce ne saranno, ma di resistere e vincere ogni paura, togliersi qualsiasi dubbio, perché essere infermiere ti dà tante opportunità di crescita professionale, è un lavoro che ci permette di vedere le cose a 360gradi, dico che NON è sicuramente un lavoro come gli altri perché psicologicamente è devastante che il lavoro fisico è il problema minore ma che durante questo cammino si hanno tantissime soddisfazioni.
- L'infermiere come professionista ha la capacità di aggiornarsi e arricchirsi con la formazione e la ricerca nella tua realtà lavorativa è così?
Oggi l‘infermiere essendo un professionista deve aggiornarsi poichè la formazione è necessaria ed importante per stare al passo con i continui cambiamenti a livello normativo - assistenziale. Io personalmente ho vissuto diverse realtà, quelle in cui la mia caposala teneva molto alla formazione del personale e ci iscriveva lei stessa ai corsi sistemando ed incastrando turni, quella in cui dovevo arrangiarmi perchè ero io a volermi formare quindi seguivo i corsi negli smonti e riposi con non poche difficoltà.
- Nella tua realtà lavorativa riesci ad esprimere la tua autonomia professionale?
Un’ autonomia professionale a mio avviso la si acquisisce dopo anni di esperienza e di conoscenza all’interno di un reparto ma nel nostro lavoro bisogna fare squadra per garantire una buona assistenza al paziente quindi diciamo che per me la parola autonomia va di pari passo con il confronto e l’aiutarsi vicendevolmente tra colleghi e quando dico colleghi parlo anche di Oss Ota e Medici.
- Cosa pensi che l'utenza recepisce oggi la nostra professione?
C’ è un’utenza spesso disorientata e spaventata, in troppi ci considerano pericolosi, incompetenti e sfaticati, colpa anche dei media e delle diverse dicerie popolari che vedono ancora l infermiere come il “bracciante” di turno e non come un laureato professionista. Spesso mi trovo in situazioni in cui il paziente chiama dottore un allievo quindi anche le divise così uguali non aiutano a farci riconoscere. Poi naturalmente l’abito non fa il monaco e la fiducia va conquistata.
E poi c‘è l’utenza che ci rispetta, ci ringrazia, ci sorride e si affida alle nostre cure assistenziali, un’utenza che ci vede in sotto numero e stanchi; un’ utenza che ci vede correre tra una stanza all’altra tra una dimissione, un ricovero e un decesso. Un’utenza che capisce che siamo umani e che anche noi dopo 7 ore di lavoro diurno e 10 di quello notturno magari meritiamo 5 minuti di pausa caffè.
- Un’augurio o un sogno per il futuro?
L’augurio è quello di continuare a crescere professionalmente ed umanamente… di sogni per il futuro ne ho fin troppi!