Prima di conoscere meglio il nostro collega Antonio Mancini l'intero Ordine delle Professioni Infermieristiche di Teramo desidera fare un enorme in bocca al lupo per la sua nuova avventura lavorativa. Impegno, coraggio, passione legati all'alto profilo professionale portano sempre più colleghi ad intraprendere un percorso non soltanto legato a strutture nosocomiali, questo non fa che rappresentare al meglio quello che oggi è la professione infermieristica rispetto al sistema salute.
- Ciao Antonio, parlaci di te. Come ti descriveresti?
Determinato, caparbio, tenace e curioso...è così che mi descrivono le persone che mi conoscono davvero. Sono cresciuto in una realtà semplice, in un piccolo centro della provincia teramana che mi ha permesso di apprezzare le cose autentiche della vita quotidiana e tutt'ora conservo la capacità di meravigliarmi e stupirmi che mi accompagna sin da quando ero bambino. Non ho mai perso contatti con gli amici con i quali sono cresciuto e ho condiviso gran parte della mia adolescenza, sebbene non sia stata sempre spensierata, ma anche grazie alla loro vicinanza sono riuscito a superare momenti dolorosi e difficili da affrontare per un ragazzo appena maggiorenne. Mi piace circondarmi di sorrisi, sguardi sinceri e abbracci rassicuranti, anche se purtroppo nel mio lavoro spesso le lacrime e la sofferenza prendono il posto dei sorrisi e delle risate.
- Come hai scelto di fare l'infermiere?
Per quanto riguarda la mia professione, l'approccio è stato inizialmente casuale e soltanto quando mi sono addentrato concretamente nella realtà del mio lavoro me ne sono innamorato, soprattutto perché mi consente di stare a contatto con tante persone e offrire loro un sostegno anche psicologico e morale, oltre che fisico.
-Quale è stato il tuo percorso formativo e lavorativo?
Dopo aver frequentato le scuole superiori, ho deciso di iscrivermi alla Facoltà di Medicina e Chirurgia, corso di Infermieristica presso l'Università dell'Aquila. Ho svolto il tirocinio sia all'Ospedale Mazzini di Teramo, sia al Nosocomio San Liberatore di Atri, facendo pratica in diversi reparti. Già durante il percorso universitario si faceva strada in me la volontà di realizzare una struttura che consentisse di offrire ai malati assistenza e cura extra-ospedaliera e domiciliare. Ho dato vita alla mia idea partendo inizialmente con servizi a domicilio sul territorio, per poi creare una sede fissa situata a San Nicolò.
- Cosa cambieresti della nostra professione?
Della mia professione apporterei modifiche alla sfera burocratica, in quanto si riscontrano molteplici criticità e contraddizioni tra i principi normativi e la realtà dei fatti. Ritengo sia necessaria una revisione nell'organizzazione del lavoro per incentivare modelli di assistenza personalizzata.
- Le ultime terribili vicende, legate alla pandemia hanno visto come protagonista molti nostri Colleghi, che, in alcuni casi hanno pagato con la vita l'impegno del proprio lavoro. Quali considerazioni ti senti di fare in merito?
La pandemia ha colpito duramente tutti gli operatori delle filiere sanitarie, dai medici, agli infermieri, ai soccorritori che hanno dovuto affrontare l'emergenza sulla base di schemi organizzativi inizialmente inadeguati. Sono emersi errori pregressi di programmazione nella rete sanitaria, poiché nessun Paese aveva seriamente affrontato il problema della prevenzione. I tanti morti del settore sanitario rappresentano il risultato di anni di tagli alla spesa sanitaria, della diminuzione costante del personale, della riduzione dei posti letto e della mancanza di sufficienti reparti di terapia intensiva.
Grazie Antonio ed in bocca al lupo!