Marinai alla deriva, medici, infermieri, professionisti della salute, tutti sulla stessa barca, il natante di sempre. Quanti mari abbiamo solcato insieme, mentre fuori tutto si trasforma qui in quest'angolo di mondo il nostro impegno e la nostra abnegazione non hanno subito modifiche. Giriamo con i nomi scritti a pennarello su queste divise che non lasciano scorgere nemmeno il nostro viso, ma siamo sempre noi, ci riconosciamo dal modo di camminare. Adesso la gente si è accorta di noi, ci considera degli eroi, ci elogia e ci ringrazia, eppure siamo sempre noi, gli stessi di sempre. Noi ci siamo e ci saremo sempre, ma per favore: quando tutto sarà finito, non dimenticatevi del nostro sacrificio.
Cosa vuol dire essere infermieri al tempo del coronavirus
l sudore scorre copiosamente sul viso; se ci fai attenzione puoi apprezzarne lo scivolio di ogni goccia partire dalla tempia, passare sotto la stanghetta della visiera e conficcarsi lì, sotto la mascherina che indossi.
Fa caldo sotto questo camice e questi guanti, fa caldo anche in questo fresco fine inverno. Come moderni templari indossiamo dei cilici per proteggerci e implorare l'aiuto divino con la penitenza. Fanno male, ma sono l'unica àncora di salvezza, speranza insieme alla ragione che prova a governare la paura, unico mezzo salvifico che a fine turno ti porterà ad abbracciare nuovamente i tuoi cari.
Ti rifugi, lo fai nei tuoi pensieri, nelle tue azioni, assapori il presente, ti dimentichi del passato e del futuro. Senti fluire l'ora e l'adesso, lo vivi. Assisti un fiume di persone terrorizzate, nel frattempo cerchi di non pensare che fuori Roma, come tutto il resto d'Italia, è deserta. Articolo completo su www.nurse24.it