Quando sulle lesioni di difficile guarigione le medicazioni avanzate non funzionano esistono diverse possibilità che vengono in aiuto del paziente e di chi se ne prende cura. Come in tutti i campi la tecnologia avanza (per fortuna) e la vulnologia ha fatto diverse tecniche nate in altri ambiti della medicina. Una di queste è la pressione topica negativa (NPWT). L’impiego clinico della pressione negativa risale a migliaia di anni fa. Essa è stata usata per la prima volta nella medicina cinese in aggiunta alle tecniche di agopuntura. Molto più tardi, nel 1841, venne adottato il metodo usando coppette di vetro riscaldate applicate alla cute del paziente per “stimolare la circolazione”. È entrata nel mercato europeo nel 1994 con il nome di V.A.C. Therapy (vacuum assisted closure) e oggi è largamente utilizzata in ambito ospedaliero per la gestione delle lesioni di difficile guarigione di diversa eziologia e nell’ambito della prevenzione chirurgica.
“Pressione negativa” è un termine che designa una pressione inferiore a quella atmosferica normale di 760 mmHg. Con l’acronimo NPWT (negative pression wound terapy), si identifica la tecnica che utilizza la pressione negativa applicata al wound care. Il razionale su cui fonda è che la pressione negativa rimuove i fluidi extra cellulari e l’essudato, riduce l’edema e migliora il flusso sanguigno locale, fornendo così l’ossigenazione e il nutrimento ai tessuti nel sito della lesione, riducendo la carica batterica, accelerando infine la granulazione del fondo di lesione.
Esistono ormai diverse aziende che producono apparecchi in grado di gestire praticamente ogni tipo di lesione, dalle più piccole e superficiali alle profonde e cavitarie. Utilizzabili in ambito ospedaliero da personale specializzato ma anche a domicilio.
In generale il meccanismo è composto da un riempimento in schiuma di PU (Poliuretano) o garza che occupa la cavità della lesione e all’interno della quale viene inserito un tubo di drenaggio; il tutto è sigillato con una pellicola adesiva. La pellicola gas-permeabile permette lo scambio gassoso e allo stesso tempo protegge la ferita mentre il tubicino convoglia la pressione negativa al sito lesionale.
Una volta applicata la medicazione viene attivata la pompa che crea il vuoto attraverso l’erogazione di pressione con valori compresi fra -200 mmHg e -25 mmHg in base al tipo di apparecchiatura utilizzata, alla lesione e alla tolleranza del paziente.
A seconda del tipo di ferita, della sede anatomica della stessa e al paziente trattato, la pressione può essere applicata continuamente o in modo intermittente. Esistono anche dei sistemi che instillano in misura controllata prodotti antisettici e antibatterici direttamente sulla ferita.
Gli effetti più interessanti di questa procedura sono la Macrodeformazione e la Microdeformazione: la prima è lo stiramento visibile che avviene quando la pressione negativa contrae la schiuma, serve ad avvicinare i lembi della ferita, permette un contatto diretto e completo con il letto della ferita, distribuendo uniformemente la pressione. Mentre la Microdeformazione è la deformazione a livello cellulare, che porta ad uno stiramento delle cellule riducendo l’edema, promuovendo la perfusione, aumentando la proliferazione e la migrazione cellulare, promuovendo la formazione di tessuto di granulazione.
L’utilizzo della NPWT è controindicato invece in presenza di ferite con escara, osteomeliti non trattate, fistole non enteriche e non esplorate, lesioni neoplastiche, esposizioni di vasi e nervi, esposizione di anastomosi, esposizione di organi.
Questi sistemi integrati sono sicuramente costosi (anche se sempre più competitivi) ma è necessario ragionare in termini di tempi di guarigione, soddisfazione del paziente ed efficacia della terapia in un campo di applicazione in cui i tempi di gestione della lesione con le tecniche di medicazione tradizionali possono essere molto lunghi e incidere negativamente sulla qualità della vita del paziente e sulla spesa globale per l’assistenza.