Il reparto di Oncologia, in Abruzzo, trasformato in un campo di battaglia. In Calabria il prefetto chiede che “Strade sicure” entri nei nosocomi: “Attività di prevenzione”. Altre aggressioni a Genova e a Mondragone
Da Genova a Foggia, da Pescara e fino a Vibo Valentia e più giù ancora, a Reggio. Il virus della violenza contro medici, infermieri e soccorritori è sempre più diffuso e non passa giorno senza che qualcuno di loro torni a casa con un occhio pesto, un braccio dolorante, un camice strappato. In aggiunta a 16mila aggressioni nel 2023, la paura di tornare a lavorare. Tanto che a Vibo Valentia il prefetto ha deciso che l’esercito, nella nuova rimodulazione dei percorsi di Strade sicure, ha inserito il pattugliamento anche davanti all’ospedale Jazzolino. «Un’attività di protezione e di prevenzione — dice il prefetto Paolo Giovanni Grieco — a fronte di aggressioni irresponsabili».
L’attualità non manca nel resto d’Italia. A Pescara l’ultimo assalto è di venerdì con 40 persone, di origini Rom, nel reparto di Oncologia per minacciare i medici perché il loro parente era appena morto mentre nelle stesse ore al pronto soccorso del Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria una dottoressa è stata aggredita da una donna che pretendeva di essere visitata subito. Sempre venerdì a Mondragone, in provincia di Caserta, un soccorritore del 118 è stato preso a testate dal marito di una donna che pretendeva una via preferenziale per la visita continua su www.larepubblica.it