L’infermiere di famiglia è la figura centrale nei casi più gravi di Long-Covid.
Ad affermarlo è il rapporto su “Indicazioni ad interim sui principi di gestione del Long-COVID” dell’Istituto Superiore di Sanità.
Il rapporto è nato dal presupposto che al termine della fase acuta di infezione da Sars-CoV-2, si possono verificare manifestazioni cliniche, spesso croniche, che precludono un pieno ritorno al precedente stato di salute.
Le cure nei pazienti con Long-COVID caratterizzati da gradi di complessità clinica non elevati possono essere, secondo il rapporto, coordinate e gestite dal medico di medicina generale.
Nei pazienti più complessi le cure possono essere gestite in altro contesto (es. ospedale), purché permanga sempre un contatto diretto con l’MMG che ha in cura l’assistito.
E per coordinare l’assistenza nei casi più complessi può essere utilizzata la figura dell’infermiere di famiglia o di comunità, introdotta dal decreto-legge n. 34 del 2020, c.d. “Decreto Rilancio”, convertito con Legge n. 77/2020, al fine di rafforzare i servizi infermieristici territoriali.
A distanza di oltre un anno dall’inizio della pandemia da SARS-CoV-2, secondo il rapporto è ormai chiaro che per un numero importante di persone colpite da COVID-19 le manifestazioni cliniche non si esauriscono nelle prime settimane della fase acuta sintomatica, ma possono prolungarsi con un eterogeneo complesso di manifestazioni cliniche subacute e croniche che precludono un pieno ritorno al precedente stato di salute.
Questa condizione di persistenza di sintomi, che può riguardare soggetti di qualunque età e con varia severità della fase acuta di malattia, è stata riconosciuta come una entità clinica specifica, denominata Long-COVID.
Sebbene l’ampiezza dello spettro sintomatologico renda complesso definirne quadro clinico ed epidemiologia, spiega il rapporto, la condizione ha un rilevante impatto clinico, che ha richiesto dal punto di vista della presa in carico appositi provvedimenti e stanziamenti e la creazione di percorsi locali di diagnosi e assistenza basati su un approccio multidisciplinare e in questo senso il rapporto segnala il riconoscimento dell’infermiere di famiglia quale figura centrale nei casi più gravi.