Ed ecco le sette richieste degli infermieri per un futuro – come promesso – migliore, ma anche per poter assistere da domani, quando l’emergenza sarà passata, chi ne ha bisogno, nel modo più professionale e intenso possibile. Soprattutto sul territorio. Senza mai, come stanno già facendo durante COVID-19 – lasciare solo nessuno.
- Un‘area contrattuale infermieristica che riconosca peculiarità, competenza e indispensabilità ormai evidenti di una categoria che rappresenta oltre il 41% delle forze del Servizio sanitario nazionale e oltre il 61% degli organici delle professioni sanitarie.
- Una indennità infermieristica che, al pari di quella già riconosciuta per altre professioni sanitarie della dirigenza, sia parte del trattamento economico fondamentale, non una “una tantum” e riconosca e valorizzi sul piano economico le profonde differenze rispetto alle altre professioni, sempre esistite, ma rese evidenti proprio da COVID-19.
- Garanzie sull’adeguamento dei fondi contrattuali e possibilità di un loro utilizzo per un’indennità specifica e dignitosa per tutti i professionisti che assistono pazienti con un rischio infettivo.
- Garanzie di un adeguamento della normativa sul riconoscimento della malattia professionale in caso di infezione con o senza esiti temporanei o permanenti.
- Immediato adeguamento delle dotazioni organiche con l’aggiornamento altrettanto immediato della programmazione degli accessi universitari: gli infermieri non bastano, ne mancano 53mila ma gli Atenei puntano ogni anno al ribasso.
- Aggiornamento della normativa sull’accesso alla direzione delle aziende di servizi alla persona: siamo sul territorio, dove l’emergenza ha dimostrato che non è possibile prescindere da una competenza sanitaria di tipo assistenziale a garanzia degli ospiti. Come nelle RSA ad esempio dove da ieri si stanno destinando proprio infermieri, quelli del contingente dei 500 volontari scelti dalla Protezione civile, ma anche a domicilio con cronici, anziani, non autosufficienti e così via.
- E per questo – è la settima richiesta – dare anche agli infermieri pubblici – superando il vincolo di esclusività, un’intramoenia infermieristica già scritta anche in alcuni Ddl fermi in Parlamento che gli consenta di prestare attività professionale a favore di strutture sociosanitarie (RSA, case di riposo, strutture residenziali, riabilitative…), per far fronte alla gravissima carenza di personale infermieristico di queste strutture. Applicando anche nel caso la legge 1 del 2002) di 18 anni fa quindi) che prevedeva prestazioni aggiuntive e possibilità che altro non sono se non il richiamo in servizio di pensionati e contratti a tempo determinato utilizzati una tantum (ma indispensabili a quanto pare) per COVID-19.
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