La nuova variante Omicron di SARS-CoV-2 si è rapidamente diffusa in tutto il mondo, porta numerose mutazioni in regioni chiave ed è associata a una maggiore trasmissibilità e fuga immunitaria.
La variante è stata recentemente suddivisa in quattro sottovarianti con sostanziali differenze genomiche, in particolare tra Omicron BA.1 e BA.2.
Nel recente Statement on Omicron sublineage BA.2, l'OMS precisa che ci sono studi che stanno valutando il rischio di reinfezione con BA.2 rispetto a BA.1. Sono state documentate reinfezioni da BA.2 dopo l'infezione da BA.1, tuttavia i dati iniziali degli studi sulla reinfezione a livello di popolazione suggeriscono che l'infezione da BA.1 fornisca una forte protezione contro la reinfezione da BA.2, almeno per il periodo limitato per il quale i dati sono disponibili.
In Danimarca, dove è stato svolto lo studio che qui presentiamo, è stato osservato un drammatico aumento del numero dei casi Omicron BA.2 dall'inizio del 2022 e BA.2 ora rappresenta l’ 88% di tutti i casi.
Il numero di casi di Omicron BA.2 è attualmente in aumento anche in paesi come UK, Sudafrica e Norvegia.
Omicron BA.1 e BA.2 differiscono per circa 40 mutazioni e delezioni, comprese le mutazioni chiave nell'N-terminale e nel dominio di legame del recettore del gene Spike, regioni entrambe che influenzano la risposta immunitaria.
La diversità tra Omicron BA.1 e BA.2 nella proteina Spike supera la variazione tra la Wuhan e la variante Alpha.
Le reinfezioni da Omicron 2 dopo Omicron 1 possono verificarsi, ma sono rare.
Con l'aumento delle sottovarianti di Omicron BA.1 e BA.2, è stato osservato un gran numero di reinfezioni in precedenti casi, sollevando la questione se specificatamente BA.2 possa sfuggire all'immunità naturale acquisita poco dopo un'infezione da BA.1. Per indagare su questo, gli autori dello studio hanno selezionato un sottoinsieme di campioni da oltre 1,8 milioni di casi di infezioni nel periodo dal 22 novembre 2021 all'11 febbraio 2022.
Sono stati selezionati, individui con due campioni positivi a più di 20 e a meno di 60 giorni di distanza: tra 1.848.466 persone infettate nel periodo di studio, sono stati identificati 1.739 casi che rispondevano a questi criteri.
Da un gruppo selezionato in modo randomizzato di 263 casi, sono stati analizzati 253 con WGS (Whole Genome Sequencing ) e sono stati identificati 187 casi di reinfezione (71%) e 47di questi erano Omicron BA.1-BA.2 (18%). L'età mediana dei pazienti era di 15 anni e nessuno aveva più di 39 anni. L'89% non era vaccinato, il 6% aveva ricevuto due dosi di vaccino COVID-19 e il 4% aveva ricevuto una dose.
Il tasso di reinfezione sembra essere basso dato l'alto numero di test SARS-CoV-2 positivi durante il periodo di studio, ma evidenzia ancora la necessità di valutazione continua della durata dell'immunità indotta da vaccino e/o naturale.
Dato il breve periodo tra le infezioni, aggiungono gli autori, potrebbe essere ragionevole rivalutare la definizione dell'ECDC che richiede due campioni positivi con più di 60 giorni di distanza per considerare la reinfezione.