I quattro ordini delle Professioni Infermieristiche della Regione Abruzzo “a nome e per conto dei circa 12.000 iscritti, intendono esprimere il loro totale disappunto sulla mancanza di rispetto e considerazione della professione infermieristica dimostrata da questa Regione, che in merito all’emergenza Covid-19 è emersa in tutta la sua miseria”. Gli infermieri abruzzesi lo fanno in una lunga missiva indirizzata al presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, all’assessore alla Sanità, Nicoletta Verì, ed ai direttori generali delle 4 Asl.
“I DPI forniti dalla regione risultano inadeguati, manca totalmente la fornitura di copricapo integrali in TNT impermeabili, che possano coprire testa e collo, ci si limita solo alla cuffia, i camici si aprono sul retro, perché non hanno la doppia allacciatura (una interna e una esterna), si alza sul davanti quando si cammina, non ha uno schermo di protezione lungo le braccia (interventi di pronosupinazione o di broncoaspirazione), aumentano di fatto il rischio di contaminazione, la fornitura di alcune tute non a norma in quanto manca il requisito contro gli agenti infettivi EN 14123, tra l’altro nemmeno previste tra i DPI, mentre sarebbero le più indicate perché proteggono tutto il corpo. Inoltre anche se le disposizioni ministeriali indicano tra i DPI di protezione da indossare, il camice, nulla vieta alla Regione di elevare il grado di protezione e sicurezza degli operatori L. 81 del 2008, nell’ultimo Rapporto ISS COVID-19, n. 2/2020 Rev. aggiornato al 28 marzo 2020, si raccomanda di valutare a livello locale quale sia il DPI più idoneo nei vari contesti da utilizzare, ma oltre al danno anche la beffa, infatti a pagina 10 del documento si consiglia “l’uso di stivali o scarpe da lavoro agli addetti delle pulizie per ripararsi da eventuali schizzi di materiale organico”, e i nostri decisori dovrebbero essere a conoscenza che l’assistenza a questa tipologia di malati prevede interventi invasivi e non, con rischio di schizzi di materiale organico in molti contesti dove si opera, che va dalle terapie intensive ai reparti Covid+, fino ad arrivare a considerare gli interventi sul territorio (118, territorio), mentre nel documento regionale non sono previsti i gambali di protezione contravvenendo non solo alla norma, ma esponendo tutti i lavoratori ad un rischio di contagio, poiché di fatto gli arti inferiori e le calzature non vengono protette. L’insufficienza inoltre dei DPI porta a non prevedere un cambio durante un turno di lavoro, trattenendo qualsiasi bisogno fisiologico che va dalle 8 alle 10 ore”.
L’esclusione totale della professione infermieristica, in merito all’Emergenza Covid E ancora: “Ad oggi, il ruolo della professione infermieristica è considerato quale mero esecutore, nessuna condivisione e/o partecipazione ad attività direttive o di programmazione a livello regionale è stata prevista. Unico progetto orientato sul territorio e che diffidiamo le USCA. E’ di tutta evidenza che, così articolata e declinata la previsione di un “collaboratore del medico”, la figura professionale dell’infermiere non solo viene ingiustificatamente e immotivatamente individuata come “collaboratore”, e dunque non considerando la sua autonomia professionale quale “responsabile dell’assistenza”, ma, soprattutto, viene creata, in maniera del tutto illegittima e arbitraria, una sorta di incomprensibile equivalenza di funzioni tra infermiere, oss e autista, professionalità che, è o dovrebbe essere notorio, equivalenti non sono, con evidente e altrettanto illogica corrispondenza e parità di attribuzione fra le tre figure, così creando una indebita interscambiabilità tra gli stessi, e ciò in aperta violazione di legge. Inoltre, l’Ordinanza in argomento fa sì che non sia il medico dell’USCA che, di volta in volta, e in ragione della specificità del caso concreto, sceglie l’operatore che ritiene maggiormente idoneo e competente per fare fronte al suddetto caso, ma è l’Azienda che fornisce, indifferentemente, non essendo previsto tra l’altro alcun criterio di ragionevole selezione, un infermiere piuttosto che un OSS o, piuttosto, un autista. Si tratta di una scelta non solo incomprensibile ma del tutto illogica e viziata per eccesso di potere laddove pretende non solo di attribuire alla figura dell’infermiere quella di collaboratore del medico, secondo la vecchia e legislativamente superata logica ancillare dell’ausiliarietà della professione infermieristica a quella medica, ma anche e soprattutto, come già sottolineato, laddove rende sovrapponibili, e dunque interscambiabili, le suddette figure professionali, del tutto diverse tra loro per competenze, profili professionali, mansioni, livelli contrattuali”.
In conclusione: “Tutto quanto sopra considerato si invita e diffida la Giunta regionale a voler modificare, in parte qua, e per le ragioni suesposte, l’Ordinanza del Presidente della Giunta Regionale dell’Abruzzo n. 11 del 20.03.2020 laddove dispone che le Aziende forniscano alle U.S.C.A. un’auto aziendale e, ove possibile, un collaboratore: infermiere/oss/autista, in maniera indistinta e indifferente, e di affidare all’infermiere le attività di triage. In mancanza, gli Ordini professionali, in forza dei fini e degli obiettivi riconosciuti allo stesso dalla legge dello stato (cfr. art. 4, legge 3/2018), si vedrà costretto a tutelare la valorizzazione della funzione sociale degli infermieri iscritti all’Albo presso le competenti sedi”.
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