“Coronavirus, quando la paura del contagio serve solo a mascherare il razzismo”, “Roma vietata ai cinesi”, e ancora: “I cinesi sempre più emarginati a causa del coronavirus”, “Coronavirus, ‘aggrediti perché cinesi’”. Sono solo alcuni titoli, forse un po’ eccessivi, ma indicativi di un rischio reale e ben presente: quello dello stigma sociale, che si verifica quando le persone associano negativamente una malattia infettiva, come COVID-19, a una popolazione specifica.
Ironizzando, potremmo dire che adesso i cinesi dovrebbero proteggersi dagli italiani (il numero di casi in Cina continua a diminuire, mentre aumenta in Italia – il rapporto dell’Oms del 28 febbraio riportava 650 casi in totale). Tornando seri, aggiungiamo che ogni forma di discriminazione è figlia dell’ignoranza e genera mostri. Anche, e non solo, quando si tratta di malattie infettive. Lo ricorda l’Oms in un rapporto del 24 febbraio in cui si nota che “dall’emergere di COVID-19 abbiamo assistito a casi di stigmatizzazione pubblica tra popolazioni specifiche e all’aumento di stereotipi dannosi”. In particolare “vi è un numero crescente di segnalazioni di stigmatizzazione pubblica contro persone provenienti da aree colpite dall’epidemia”.
Non ci stupisce. La nostra storia abbonda di esempi di discriminazione associati a patologie. Durante l’epidemia di SARS nel 2003, secondo un’analisi condotta negli Stati Uniti, si è sviluppato un forte sospetto e paura nei confronti delle persone di origine asiatica, indipendentemente dalla presenza di reali fattori di rischio di essere affetti dalla malattia.
I catalizzatori della paura, nel corso della più recente pandemia influenzale H1N1, sono stati gli individui provenienti (o che sembravano provenire) dal Messico, dove sono stati riportati i primi casi. Complice una copertura mediatica che, per quanto utile come mezzo di informazione, ha incitato alla paura e ha creato un clima maturo per lo stigma. E poi l’epidemia di colera del 1973 a Napoli, la febbre gialla in America Latina nel 1850. Gli esempi, appunto, sono numerosi.
Oggi, secondo il quotidiano cinese Global Times, la discriminazione anticinese non è predominante, ma è comunque un atteggiamento alimentato dai media e strumentalizzato dalla politica. ARTICOLO COMPLETO