Un evento molto importante e formativo, quello che si è tenuto oggi presso Palazzo Kursaal a Giulianova, evento ANIN patrocinato dalla Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche rappresentata dal consigliere Giancarlo Cicolini (Presidente OPI Pescara) ed i quattro Ordini Provinciali Abruzzesi; L'Aquila, Chieti, Teramo, Pescara quest'ultimo rappresentato dalla Presidente Irene Rosini.
Moderatori della giornata il Presidente ANIN Giusy Pipitone, il delegato ANIN e vicepresidente OPI Teramo Andrea Fini ed il Presidente OPI Teramo Cristian Pediconi che hanno ringraziato tutte le autorità intervenute e la città di Giulianova che ha patrocinato l'evento.
Ne "IL PERCORSO DELLE PERSONE COLPITE DA STROKE: PRENDERSI CURA DEI PAZIENTI E DEI CAREGIVER" le tematiche sono state molteplici e diversi sono stati i professionisti che si sono interfacciati durante il dibattito.
Un rigraziamento speciale a tutti i colleghi intervenuti ed ai relatori della giornata; Gabriele Manente, Corrado Lucantoni, Alessandra Marinelli, Oscar Dell'Arciprete, Andrea Zivelli, Mariangela Di Grazia, Irene Rosini (presidente OPI Pescara), Federico Cortese, Gianluca Pucciarelli, G.Di Vito, Centoletti Cesida, Francesca Scatena.
Il tema principale dell'evento è stata la gestione medica e infermieristica dell'Ictus ischemico ed emorragico, le tipologie di intervento e la gestione infermieristica sia in fase acuta che post acuta.
Che cos’è l’ictus?
L’ictus è un danno cerebrale che si verifica quando l’afflusso di sangue diretto al cervello si interrompe improvvisamente per la chiusura o la rottura di un’arteria.
Nel primo caso si parla di infarto cerebrale o “ictus ischemico” che è la forma di più frequente osservazione. Nel secondo caso, invece, si parla di un’emorragia cerebrale o “ictus emorragico”; è la forma più grave, poiché può condurre alla morte in oltre il 50% dei casi. La chiusura o l’ostruzione delle arterie che portano il sangue al cervello si verifica spesso in seguito alla formazione di depositi di grasso a carico delle arterie.
Questo processo, che interessa prevalentemente le arterie del collo, denominate carotidi, è favorito dall’azione prolungata dell’ipertensione arteriosa non curata sulle pareti dei vasi. A carico di questi depositi, facilmente individuabili con un ecodoppler, si formano depositi di sangue che possono staccarsi, andare in circolazione e ostruire le arterie. Il risultato finale è una sofferenza delle cellule nervose che non ricevono più i nutrimenti e l’ossigeno necessari per la loro sopravvivenza.
Allo stesso risultato conduce anche la rottura di un’arteria cerebrale. Il travaso di sangue che ne consegue isola le cellule nervose che, non potendo più ricevere ossigeno, vanno incontro a sofferenza per asfissia. Il meccanismo che conduce alla rottura di un’arteria è da far risalire all’indurimento delle pareti dei vasi causato dall’azione persistente nel tempo di elevati valori di pressione sanguigna.
Le arterie cerebrali perdono di elasticità, in alcuni punti si assottigliano, diventano meno resistenti e si rompono facilmente in seguito a sbalzi di pressione anche minimi.
Le conseguenze dell’ictus
Le conseguenze di un ictus, sia ischemico, sia emorragico, dipendono dalla parte del cervello che viene danneggiata: dopo un ictus una persona può avere problemi di movimento, per una paralisi degli arti di un lato del corpo, difficoltà di linguaggio o di pensiero. La riabilitazione può fare molto per il recupero funzionale causato da questi deficit, che tuttavia hanno un impatto significativo sulla qualità della vita. Come è noto, purtroppo, in molti casi l’ictus è mortale o lascia segni gravi per la salute, come la difficoltà nel parlare oppure una paresi. Il 40-90% delle persone che hanno avuto un ictus era ipertesa prima del verificarsi dell’evento acuto.
Il segnale d’allarme: il TIA
A volte l’ictus si manifesta senza alcun segno premonitore. Ma spesso il deficit circolatorio al cervello ha già dato qualche fastidio, che magari non è stato riconosciuto. Ciò capita quando si verifica un TIA, o Attacco Ischemico Transitorio. Il TIA è per l’ictus quello che l’angina rappresenta per l’infarto, ovvero un calo temporaneo nell’afflusso di sangue al cervello, sufficiente a determinare qualche sintomo ma non tanto prolungato da indurre la morte dei neuroni. Per cui al termine dell’episodio ischemico, cioè, quando si conclude il deficit di irrorazione, la persona torna perfettamente normale.
Questo segnale d’allarme, che si può manifestare in diversi modi (ad esempio con una perdita di coscienza oppure con un calo improvviso della vista), è estremamente importante. Basti pensare che 1 persona su 3 tra quelle che hanno avuto un TIA è destinata ad andare incontro a un vero e proprio ictus, che in 1 caso su 5 compare entro un anno. Riconoscere il TIA, quindi, è fondamentale perché consente di diagnosticare l’eventuale lesione alle carotidi o altre arterie e quindi di mettere in atto una prevenzione sia attraverso un intervento chirurgico, sia attraverso farmaci che mantengano diluito il sangue.
Anche la precocità nei soccorsi consente di migliorare le possibilità di cura immediata e di ridurre il rischio di invalidità permanente. Per questo occorre fare molta attenzione ad alcuni segni premonitori, come il torpore improvviso di una gamba o di una braccio con perdita di forza, il calo della vista, un’improvvisa difficoltà nel parlare. In questi casi occorre subito recarsi al pronto soccorso.