Riconoscimento internazionale per la Dr.ssa Sara Sandroni, infermiera specializzata in wound care e responsabile rete assistenziale lesioni cutanee presso l’Azienda Usl Toscana Sud Est, che a Londra è stata premiata al British Journal of Nursing Awards 2022 e al Journal of Wound Care Awards.
Mentre la nazionale del pallone vive una profonda fase di ricostruzione, la migliore Italia del wound care trionfa all’estero. Lo fa con Sara Sandroni, responsabile rete assistenziale lesioni cutanee presso l’Azienda Usl Toscana Sud Est, che a Londra è stata insignita della medaglia di argento – preceduta dalla collega Neesha Oozageer Gunowa e seguita da Solange Gaspar – come “infermiera specializzata in Wound Care dell’anno” per il British Journal of Nursing Awards 2022 e della medaglia di bronzo nell’area “Wound Hygiene Implementation” per il Journal of Wound Care Awards (sul podio insieme a lei, le colleghe Catherine Milne e William Tettelbach). La Sandroni, che per tali riconoscimenti ravvisa una soddisfazione enorme, soprattutto professionale, grazie al suo impegno profuso in questi quindici anni.
"Ma è, soprattutto, il mio tributo al lavoro di squadra, che ogni giorno effettua percorsi di qualità sull’assistito portatore di lesioni cutanee all’interno di un’Azienda che è ospedaliera e territoriale." afferma la Sandroni "Con le colleghe straniere nessuna competizione, piuttosto sono stati momenti di conoscenza e incontro, anche per raccontarci gli aspetti che differenziano le nostre realtà professionali piacevoli e stimolanti." Da qui emerge una rappresentazione importante della professionalità infermieristica in Italia.
Il suo protocollo di azione consiste in un regime in quattro fasi (detersione, sbrigliamento, riattivazione, medicazione) creato per detergere e decontaminare una lesione, oltre che per superare le barriere alla guarigione spesso provocate dalla presenza di biofilm, il Wound Hygiene – con la sua implementazione – assicura che ogni lesione sia adeguatamente preparata a guarire.
In merito all’efficacia di questa strategia di intervento precoce anti-biofilm, Sandroni non nutre alcuna perplessità. L’uso del Wound Hygiene è stato di particolare supporto al miglioramento del risultato finale. Soprattutto durante l’emergenza pandemica, quando abbiamo fatto ricorso a numerosi infermieri neoassunti. In quel frangente, infatti, avevamo la necessità di far comprendere le priorità di trattamento del paziente con lesioni cutanee e, al contempo, che fossero standardizzate il più possibile. Anche perché c’era difficoltà a fare formazione sul campo.
Pertanto, implementare questo protocollo di intervento ha permesso la definizione, in modo più specifico, del processo di medicazione. Il ricorso a un regime in quattro fasi sequenziali, sempre con le stesse caratteristiche e modalità – semplice, appunto, anche per i neoassunti – tende a favorire il processo riparativo (le ferite guariscono prima e con minori problematiche da affrontare), ammette Sandroni. Il plus, dunque, è rappresentato da una gestione estremamente standardizzata.
Non esistono scorciatoie. Per effettuare assistenza, i professionisti sanitari devono avere qualità. Che si ottiene solo attraverso lo studio e la ricerca scientifica di livello, conducendo – in parallelo – attività di consulenza clinica piuttosto che di assistenza per il riconoscimento delle competenze professionali, spiega Sandroni.
Che in rapporto alla formazione ammette: I percorsi universitari ci sono, ma poi l’infermiere deve essere riconosciuto e riconoscibile, profilato in maniera chiara all’interno del proprio ambito lavorativo. Solo così avrà valore. Passando, ed è inevitabile, attraverso un metodo di formazione pratico e concreto svolto direttamente in azienda (training on the job), poiché le competenze da acquisire sono in continuo aumento e il protocollo quattro fasi Wound Hygiene lo dimostra.
L’abbandono della professione infermieristica e la mancanza di personale sanitario sono due problematiche che, inevitabilmente, occorre affrontare e risolvere. Ma il nostro lavoro resta meraviglioso – interviene Sandroni – non dimentichiamo mai che viviamo e assistiamo le persone per la maggior parte del tempo. Siamo privilegiati.
Da qui un consiglio ai giovani che vogliono intraprendere il percorso delle competenze specialistiche: Scegliete un ambito che vi sia affine, al quale sentite di essere vicini. E che, soprattutto, vi piace. Restando nell’ambito del lavoro nella cronicità? Parliamo di una professione proiettata nel futuro, considerando che assistiamo pazienti cronici, sempre epidemiologicamente più grandi di età. Ci vuole impegno, ma le gratificazioni che si ricevono sono impagabili, conclude la Sandroni.