Per i 500mila malati di Alzheimer e per le loro famiglie si riaccende qualche speranza, dopo vent'anni di silenzio. Le autorità sanitarie statunitensi hanno approvato il primo trattamento anti Alzheimer dal 2003 a questa parte. Si tratta di un anticorpo monoclonale (Aducanumab) di Biogen ed è indicato per chi ha forme lievi di deterioramento cognitivo o una demenza allo stadio iniziale. Con tutte le cautele del caso, sembra che il farmaco riesca a rallentare il deterioramento delle funzioni cerebrali e non si limiterebbe solo ad alleviare i sintomi. Tuttavia non cura la malattia né può invertire gli effetti sulla condizioni mentale dei pazienti. Ovviamente il percorso perchè la cura arrivi in Italia e sia accessibile a tutti è ancora lungo, ma si tratta pur sempre di un passo fondamentale (con parecchie incognite da sciogliere).
Il nuovo farmaco, che Biogen ha sviluppato con la giapponese Eisai Co, viene somministrato per infusione ogni quattro settimane. La Fda ha richiesto al produttore di condurre uno studio di follow-up per confermare i benefici per i pazienti. Se lo studio non ne dimostrerà l'efficacia, la Fda potrebbe ritirare il farmaco dal mercato, anche se l'agenzia lo fa raramente. Biogen non ha rivelato immediatamente il prezzo, sebbene gli analisti abbiano stimato che il farmaco potrebbe costare tra i 30mila e i 50mila dollari per un anno di trattamento. Un'analisi preliminare di un gruppo ha rilevato che il farmaco avrebbe bisogno di un prezzo compreso tra i 2.500 e gli 8.300 dollari all'anno per avere un buon prezzo rispetto ai risultati. L'Institutefor Clinical and Economie Review ha aggiunto che «qualsiasi prezzo è troppo alto» se il beneficio del farmaco non sarà confermato negli studi di follow-up.
È il primo farmaco dopo vent'anni che sembra poter aiutare i malati, ma non sarà per tutte le persone colpite da Alzheimer - spiega cauto Paolo Maria Rossini, direttore del Dipartimento di neuroscienze-neuroriabilitazione del San Raffaele Roma - È comunque una notizia notevole quando la scienza sfonda una porta, poi si aprono strade davvero importanti. Questo nuovo farmaco è il primo in grado di interferire con uno dei tanti killer, la proteina beta-amiioide ma per quello che ricordo ha potenziali effetti collaterali come microemorragie cerebrali - avverte Rossi - Chi lo farà, stimo in Italia circa lOOmila pazienti candidali se ci sarà l'ok dell'Ema e dell'Aifa, dovrà sottoporsi a risonanze magnetiche e aver documentato la presenza della proteina beta-amiloide. Faccio un esempio, non è che una persona può prendere l'insulina senza aver la glicemia alta. Quindi occorrono controlli ed esami frequenti». E d'accordo che tutto è da affinare ma il primo gradino verso una nuova via terapeutica è stato salito. In più arriva dopo anni di silenzio. Ad oggi infatti non esistono farmaci in grado di fermare la malattia. Per alcuni pazienti, in cui la malattia è in uno stadio lieve o moderato, farmaci come tacrina, donepezil, rivastigmina e galantamina possono aiutare a limitare l'aggravarsi dei sintomi per alcuni mesi. Questi principi attivi funzionano come inibitori dell'acetilcolinesterasi, un enzima che distrugge l'acetilcolina, il neurotrasmettitore carente nel cervello dei malati di Alzheimer. Altri farmaci si limitano invece a contenere gli effetti paralleli della demenza, come ansia, insonnia e depressione. Ma forse questo è l'inizio di una svolta.