Gli operatori sanitari sono la pietra angolare dei sistemi di sanità. Nonostante il notevole interesse per l'autocura e il ruolo crescente degli strumenti di e‑Health e mobile‑Health, i servizi di assistenza sanitaria offerti alla popolazione sono ancora essenzialmente forniti dagli operatori sanitari
Gli operatori sanitari sono la pietra angolare dei sistemi di sanità. Nonostante il notevole interesse per l'autocura e il ruolo crescente degli strumenti di e‑Health (sanità elettronica) e mobile‑Health (tecnologie mobili applicate in ambito medico‑sanitario), i servizi di assistenza sanitaria offerti alla popolazione sono ancora essenzialmente forniti dagli operatori sanitari. In molti Paesi dell'OCSE, i posti di lavoro nel settore medico‑sociale incidono per oltre il 10% sull'occupazione totale. Nel 2013, il numero di medici e infermieri che lavoravano nei Paesi dell'OCSE era pari a 3,6 milioni di medici e 10,8 milioni di infermieri rispetto a 2,9 milioni di medici e 8,3 milioni di infermieri nel 2000.
Nonostante la crescita del numero di operatori sanitari, spesso, nei Paesi dell'OCSE, i temi delle discussioni sulla forza lavoro sanitaria continuano a vertere sulla mancanza di operatori sanitari e sulle preoccupazioni collegate al prossimo pensionamento dei medici e del personale infermieristico della generazione del baby boom, che potrebbe accentuare la mancanza di manodopera nel settore.
E' questa l'analisi dell'Ocse (© OECD) nella sua pubblicazione "La forza lavoro del settore sanitario nei Paesi dell'OCSE. Posti di lavoro, competenze e distribuzione geografica dei servizi sanitari adeguati ai fabbisogni della popolazione", tradotta dalla Sezione linguistica italiana e disponibile a questo indirizzo: http://www.oecd-ilibrary.org/social-issues-migration-health/health-workforce-policies-in-oecd-countries_9789264239517-en.
La pubblicazione, spiega l'Ocse. rileva che i Paesi membri hanno anticipato l'ondata dei pensionamenti, aumentando il numero di studenti ammessi ai corsi di laurea in medicina e in scienze infermieristiche nel corso degli ultimi decenni. Pertanto, si prevede che numerosi medici e infermieri faranno il loro ingresso nel mercato del lavoro per sostituire quelli che andranno in pensione.
Inoltre, le riforme delle pensioni associate ad altre iniziative hanno aumentato i tassi di permanenza nella professione medica e infermieristica, contribuendo così non solo a mantenere l'offerta ma anche ad aumentarla. In tale congiuntura, le preoccupazioni riguardanti una penuria generalizzata di personale nel campo sanitario hanno assunto un altro volto, tramutandosi in problematiche più specifiche collegate alla necessità di garantire un'adeguata combinazione dei
diversi operatori sanitari con le adeguate competenze e di offrire servizi sanitari opportunamente distribuiti sul territorio, al fine di rispondere meglio all'evoluzione dei fabbisogni della popolazione.
La pubblicazione analizza le recenti tendenze e politiche adottate dai Paesi dell'OCSE che incidono sulla domanda e l'offerta di operatori sanitari nel mercato del lavoro. Da un lato, lo studio verte sulle professioni mediche e infermieristiche, tenendo conto del ruolo primario che continuano a svolgere, dall'altro, evidenzia gli sforzi espletati per superare la frontiera tradizionale che separa le due professioni. Misurarsi con le sfide dei futuri fabbisogni sanitari di popolazioni che invecchiano, con un numero crescente di persone colpite da una o più malattie croniche, richiederà maggiori sforzi innovativi nelle prestazioni dei servizi di assistenza sanitaria rispetto a quelli espletati finora. Sarà necessario utilizzare le nuove tecnologie in modo più efficace, così come le competenze delle diverse categorie di operatori sanitari a tutti i livelli e offrire un accesso più efficace ai servizi alle persone, ovunque esse risiedano.
Le politiche del numero chiuso dovrebbero essere corroborate da informazioni più affidabili sulle prospettive future dell'occupazione
Le politiche del numero chiuso (che fissano i contingenti annui di studenti ammessi a frequentare diversi programmi di studio) sono ancora un potente strumento d'intervento governativo per adeguare l'offerta degli operatori sanitari alle previsioni della domanda e modificare la composizione della forza lavoro nel settore della sanità, mantenendo nello stesso tempo i bilanci sotto controllo. Tuttavia, occorre migliorare l'uso di questo strumento dell'azione pubblica.
Dal 2000, quasi tutti i Paesi dell'OCSE hanno deciso di aumentare il numero degli studenti ammessi nei programmi di laurea in medicina o scienze infermieristiche per rispondere alle preoccupazioni di attuali o eventuali future penurie di personale nel settore. Tale iniziativa contribuirà ad aumentare il numero di diplomati in medicina e scienze infermieristiche che faranno il loro ingresso sul mercato del lavoro nei prossimi anni per sostituire il personale che se ne andrà.
Nell'area dell'OCSE, un Paese, l'Australia, ha avuto il coraggio di abbandonare il numero chiuso per i diplomi di laurea in scienze infermieristiche e in altri programmi universitari (eccettuati i corsi di laurea in medicina) per allargare l'accesso agli studi universitari. Come previsto, in seguito alla rimozione del numero chiuso avvenuta nel 2009, il numero di studenti ammessi nei corsi di formazione infermieristica è aumentato del 25% tra il 2009 e il 2013. Tuttavia, è degno di nota il fatto che l'aumento delle ammissioni non è stato più rapido rispetto agli anni precedenti in cui il numero chiuso era ancora in vigore (tra il 2005 e il 2009 si è registrato un aumento del 40% nelle ammissioni), a causa di restrizioni nelle capacità di formazione e della mancanza di candidati idonei.
Elemento decisivo sia per la pianificazione della forza lavoro nel settore sanitario, sia per il processo decisionale relativo al numero programmato di ammissioni di futuri studenti è la disponibilità d'informazioni affidabili sui futuri fabbisogni di competenze. Ai fini della pianificazione della forza lavoro sanitaria è altresì importante utilizzare un approccio più globale che tenga conto di possibili sostituzioni tra diverse categorie di lavoratori, per evitare di formare troppi lavoratori che in realtà potrebbero essere sostituiti da altri.
Un certo numero di Paesi come il Regno Unito, la Francia e il Canada, ha aumentato intenzionalmente il numero di posti per la formazione postlaurea in medicina generale allo scopo di rispondere a specifiche preoccupazioni sulla mancanza di medici di famiglia, benché non sia sempre stato facile attrarre un numero sufficiente di laureati in medicina per ricoprire queste posizioni. Occorrono azioni integrative per far sì che la medicina generale diventi una scelta più attraente per i nuovi medici, in particolare diminuendo la differenza nei livelli di remunerazione rispetto ai medici specialisti.
Gli Stati Uniti, il Canada e i Paesi Bassi hanno altresì aumentato le ammissioni ai corsi di studio avanzati per infermieri, come i programmi per infermieri di livello dirigenziale (i cosiddetti NPs) per accrescere l'offerta di fornitori di servizi sanitari di "livello intermedio" e quindi migliorare l'accesso alle cure primarie. Le valutazioni mostrano che gli infermieri di livello dirigenziale con un'adeguata formazione possono migliorare l'accesso ai servizi e offrire la stessa qualità di cure che offrono i medici di famiglia per pazienti con patologie minori, per quelli che hanno bisogno di un monitoraggio di routine e altri. Quando gli infermieri che esercitano la professione a un livello avanzato, svolgono alcune delle funzioni tradizionalmente assegnate ai medici, ciò consente di liberare del tempo per i medici e di offrire questi servizi intermedi a costi inferiori
Diminuire la dipendenza nei confronti di lavoratori formati all'estero
Il Global Code of Practice on the International Recruitment of Health Personnel (Codice Glabale di condotta dell'OMS per il reclutamento internazionale di personale), adottato dall'insieme dei Paesi membri dell'OMS nel 2010, spinge i Paesi a migliorare la pianificazione della loro forza lavoro nel campo sanitario e a rispondere ai futuri fabbisogni senza contare eccessivamente sugli sforzi di formazione degli altri Paesi, in particolare dei Paesi a basso reddito che sono colpiti da gravi penurie di personale sanitario.
Nel 2013‑14, 460 000 medici e 570 000 infermieri formati all'estero lavoravano nei Paesi dell'OCSE e in media incidevano per circa il 17% dei medici e il 6% degli infermieri. Più di un terzo di questo personale medico e infermieristico proveniva da altri Paesi dell'area dell'OCSE. In molti Paesi, il numero assoluto di medici formati all'estero è aumentato tra il 2006 e il 2013‑14, ma la loro quota è diminuita, poiché il numero di medici e infermieri formati internamente è aumentato più rapidamente.
Nel 2013‑14, 460 000 medici e 570 000 infermieri formati all'estero lavoravano nei Paesi dell'OCSE e in media incidevano per circa il 17% dei medici e il 6% degli infermieri. Più di un terzo di questo personale medico e infermieristico proveniva da altri Paesi dell'area dell'OCSE. In molti Paesi, il numero assoluto di medici formati all'estero è aumentato tra il 2006 e il 2013‑14, ma la loro quota è diminuita, poiché il numero di medici e infermieri formati internamente è aumentato più rapidamente.
Il Regno Unito è il secondo principale Paese di destinazione della forza lavoro con una formazione nel campo sanitario, con oltre 48 000 medici e 87 000 infermieri formati all'estero nel 2014. Alla stregua degli Stati Uniti, i flussi migratori annui di medici e infermieri formati all'estero che si trasferiscono nel Regno Unito sono diminuiti rispetto al picco raggiunto una decina di anni fa. Tuttavia, di recente, i flussi d'infermieri formati all'estero sono aumentati di nuovo a causa di un imprevisto aumento della domanda dei datori di lavoro del sistema sanitario nazionale (National Health System) che il mercato del lavoro interno non può soddisfare tempestivamente. La composizione delle origini geografiche della forza lavoro dei medici formati all'estero è mutata significativamente nel Regno Unito, con un numero crescente di persone provenienti da altri Paesi dell'UE, in particolare da Grecia, Italia e Romania, mentre diminuisce il numero dei medici che provengono da Asia o Africa. Analogamente, per il personale infermieristico, il recente aumento del numero d'infermieri formati all'estero è principalmente riconducibile ai flussi migratori provenienti da Spagna e Portogallo.
Alcuni Paesi dell'Europa centrale e orientale recentemente entrati nell'UE hanno registrato un ampio aumento dell'emigrazione dei loro medici e infermieri verso altri Paesi dell'UE. In molti casi, questa emigrazione di manodopera del settore sanitario è iniziata prima del loro accesso all'Unione Europea, ma ha segnato un'accelerazione subito dopo, a causa della riduzione delle barriere alla mobilità tra i Paesi UE. Ciò ha spinto Paesi come la Repubblica Ceca, la Repubblica Slovacca, la Romania e l'Ungheria a prendere misure per diminuire i fattori "incentivanti" per l'emigrazione, migliorando i livelli retributivi e le condizioni di lavoro dei medici e del personale infermieristico, nonostante gravi restrizioni di bilancio.
Usare la tecnologia e modificare il campo d'azione della pratica medico‑sanitaria per far fronte ai fabbisogni sanitari delle popolazioni che vivono in zone geografiche con servizi di sanità insufficienti
In tutti i Paesi dell'OCSE, il numero di medici pro capite nelle zone rurali o difficili da raggiungere e nelle zone urbane svantaggiate tende a essere molto inferiore.
In Francia e in Canada, il numero di dottori per abitante è almeno due volte inferiore nelle regioni rurali rispetto alle zone urbane. I Paesi hanno utilizzato un ampio arco di politiche per tentare di conseguire una migliore distribuzione geografica dei medici e offrire un accesso adeguato alle persone che vivono in zone con servizi insufficienti, ottenendo risultati non sempre uniformi. Queste politiche includono quelle che mirano a selezionare gli studenti di medicina che provengono da zone svantaggiate in termini di servizi sanitari (per esempio: Giappone) e a proporre diverse tipologie d'incentivi finanziari per attrarre e trattenere un maggior numero di medici in queste zone (per esempio: Australia, Canada, Francia). Alcuni Paesi (per esempio: Germania) hanno utilizzato strumenti normativi per limitare la libertà dei nuovi medici di aprire uno studio in zone nelle quali si considera ci sia già un livello adeguato di servizi sanitari. A tale misura si aggiunge l'uso di incentivi finanziari che li incoraggia a lavorare in zone svantaggiate in termini di prestazioni sanitarie. Un tale mix d'interventi potrebbe rappresentare l'approccio più efficace per realizzare l'obiettivo auspicato.
Molti Paesi hanno anche promosso diverse tipologie di innovazione nell'offerta di servizi sanitari per conseguire l'obiettivo di un accesso adeguato alle prestazioni sanitarie con un numero inferiore di medici in loco. Tali innovazioni promuovono le iniziative di trasferimento delle competenze dai medici agli infermieri e ad altri professionisti della salute, e lo sviluppo della telemedicina per collegare pazienti e medici a distanza, che sono state attuate con successo in Canada, Australia e Finlandia.
Promuovere un migliore coordinamento e un uso più efficiente delle competenze delle professioni sanitarie
Si è verificata una notevole asimmetria tra le competenze degli operatori sanitari e i requisiti di competenze per il lavoro che svolgono. Secondo un'indagine PIAAC (studio dell'OCSE sulle competenze degli adulti), circa il 50% dei medici e il 40% degli infermieri hanno dichiarato di non avere sufficienti competenze per alcuni dei compiti che devono svolgere, mentre una percentuale ancora più elevata (rispettivamente il 70% e l'80% dei medici e infermieri) dichiara di averne troppi e questo è indice di un notevole spreco di capitale umano.
La questione delle competenze insufficienti richiede due ampie tipologie di azioni: 1) riforme dei programmi d'istruzione di base e programmi di formazione per garantire che gli operatori sanitari acquisiscano le nuove competenze necessarie per ottenere buoni risultati nei nuovi sistemi di prestazione di servizi sanitari, in particolare maggiori competenze per il lavoro di squadra; 2) promozione di programmi di formazione di sviluppo professionale continuo ben concepiti per garantire che le competenze dei medici e degli infermieri siano adeguate ai nuovi compiti ed esigenze del posto di lavoro.
Sistemi di ri‑certificazione dell'abilitazione professionale possono offrire forti incentivi ai medici e agli infermieri per continuare a migliorare le proprie competenze nell'arco della loro vita professionale. Nel 2012‑13, solo 12 Paesi dell'OCSE su 31 esaminati nello studio, avevano applicato misure di sviluppo professionale continuo e obbligatorio per i medici legate a un sistema di ri‑certificazione dell'abilitazione.
Gli infermieri con un diploma universitario di livello superiore sono più propensi a dichiarare di essere troppo qualificati per il lavoro che svolgono rispetto a quelli che hanno un diploma di livello inferiore. L'ampliamento del campo di pratica professionale degli infermieri con un diploma universitario di alto livello consentirebbe loro di utilizzare in modo più soddisfacente le competenze acquisite.
Poiché le risorse pubbliche investite nell'istruzione e nella formazione degli operatori sanitari sono notevoli, è fondamentale elaborare programmi di formazione professionale opportunamente concepiti; è altresì necessario riconoscere maggiormente la formazione pratica sul luogo stesso di lavoro e usare in modo più efficiente le risorse umane sul luogo di lavoro per assicurare un miglior rendimento degli investimenti pubblici.