03/12/2015 - Federazione e Collegio di Napoli accertano presenza ed eventuali responsabilità di infermieri nella vicenda dei selfie in sala operatoria a Napoli. Mangiacavalli: “Il nostro dovere è la difesa e la tutela dei pazienti”. Carbone (OPI Napoli): “Accerteremo le eventuali responsabilità, come sempre e da sempre è costume degli infermieri”
“Se dal lato umano è comprensibile il tentativo di scaricare lo stress legato a turni di lavoro massacranti e condizioni di lavoro spesso al limite del burnout con atteggiamenti e meccanismi entrati a far parte ormai della vita di tutti i giorni, da quello professionale non è accettabile e ammissibile che si confonda la vita reale con quella virtuale, specie se nella prima sono coinvolti i pazienti che ai professionisti affidano la loro salute e la loro integrità, fisica, morale e anche sociale”.
Non ha dubbi Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione dei Collegi OPI, che interviene nel merito dei selfie scattati in sala operatoria a Napoli rispetto al quale la Federazione e il Collegio di Napoli stanno verificando eventuali partecipazioni di loro iscritti, ricordando anche che gli infermieri sono sottoposti, oltre alle norme del codice deontologico, a regole precise che la Federazione ha dettato proprio in merito all’utilizzo dei social.
“In un documento messo a punto dalla Federazione nel 2013 – ricorda Mangiacavalli – le regole per la nostra professione sono ben chiare e intendiamo farle rispettare: le potenzialità di comunicazione dei social media sono molto elevate e, di conseguenza, richiedono una maggiore responsabilità nel loro utilizzo. Per sfruttare al meglio i social media, occorre conoscerli bene ed essere consapevoli dei possibili rischi di un loro uso improprio: violazione della privacy di pazienti o colleghi, inappropriata condivisione e diffusione di informazioni sensibili, violazione dei confini professionali, violazione della riservatezza di informazioni sanitarie, compromissione dell’immagine dell’infermiere, dell’organizzazione a cui appartiene o del sistema sanitario. Un uso improprio dei social media in sanità – aggiunge - si può riflettere lungo tutti i livelli del rapporto tra l’assistito e il sistema sanitario: il rapporto paziente/cittadino, il rapporto tra professionisti e tra questi e l’organizzazione. La professionalità va tutelata anche online: la fiducia dell’assistito nei confronti dell’infermiere e l’immagine della professione infermieristica sono condizionate dalla professionalità espressa dal professionista e percepita dagli assistiti, anche attraverso la comunicazione. Per questo episodi del genere non possono essere sottovalutati e per questo è compito dei Collegi e nostro, intervenire riportando la situazione nei binari di regole deontologiche certe e condivise”.
Il documento della Federazione degli infermieri dichiara esplicitamente la necessità rispetto ai social di mantenere la privacy e la riservatezza, obblighi deontologici ma anche giuridici.
Per questo detta cinque regole a cui gli infermieri devono attenersi:
- Prima di postare informazioni online considerare la solidità delle ragioni per farlo, assicurarsi di avere il consenso dell’assistito, che la sua identità sia protetta e che le informazioni pubblicate online non ne permettano l’identificazione
- Non diffondere mai attraverso i social media immagini o informazioni relative all’assistito che possano violare i suoi diritti di privacy e riservatezza
- Non pubblicare, condividere o diffondere immagini, dati o informazioni dell’assistito acquisite nella relazione infermiere-paziente
- Non esprimere commenti sugli assistititi anche quando gli stessi non possono essere identificati
- Non acquisire immagini (fotografie, video) utilizzando dispositivi personali ivi inclusi i telefoni cellulari.
“Convocheremo gli infermieri presenti in sala operatoria per avere la loro versione dei fatti – ha dichiarato Ciro Carbone, presidente del Collegio OPI di Napoli, dove il fatto è accaduto e componente del Comitato centrale della Federazione OPI - riservandoci, nel caso, di richiamare i nostri iscritti al rispetto del Codice deontologico e delle regole dettate dalla Federazione che prescrivono il massimo rispetto del paziente e delle sue condizioni e della legge sulla privacy che vieta qualunque ipotesi di identificazione della persona malata. Certi costumi – ha aggiunto - sono entrati ormai nell'uso comune soprattutto quando si è sottoposti a stress e si cerca una valvola di sfogo ‘naturale’ nella vita di tutti i giorni. Ma non c'è nulla di naturale in un atteggiamento e in un atto che, anche se in buona fede (ancora da accertare) pone a rischio la riservatezza e la dignità del paziente. Accerteremo le eventuali responsabilità, come sempre e da sempre è costume degli infermieri".
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