Annuario 2012 della Salute e Relazione della Corte dei conti sulla finanza pubblica 2014: tra il 2011 e il 2012 il personale infermieristico si riduce del -1,3% e le retribuzioni scendono nel 2014 del -0,6 per cento. Infermieri leader delll'assistenza domiciliare: ne erogano il 67 per cento. Le Relazioni
In solo anno, tra il 2011 e 2012, il Servizio sanitario nazionale ha perso quasi 3.500 infermieri (-1,3%). E il segno meno pesa di più della media nazionale nelle Regioni in piano di rientro che per la necessità di contenere la spesa e aiutate dai blocchi del turn over, viaggiano dal -6,2% della Calabria al -2% del Piemonte. E che l'effetto sia quello del contenimento di spesa è chiaro vedendo che ad esempio l'Abruzzo, Regione che ha pareggiato i conti rispetto ai forti deficit degli ultimi anni, anche se ancora in piano di rientro è l'unica tra queste Regioni ad avere un bilancio positivo del personale infermieristico: +2,2 per cento.
Un effetto, quello del calo del personale, che si lega sempre di più alle manovre di contenimento della spesa: quando le altre soluzioni scarseggiano a farne le spese sono gli organici. E l'evidenza è ancora una volta nei dati: rispetto al 2008, ultimo anno prima della tornata dei piani di rientro, il personale infermieristico è calato "solo" dello 0,4% con una perdita tra 2008 e 2012 di 1.006 unità, soprattutto, ancora una volta, nelle Regioni con i maggiori deficit. La Liguria ad esempio, che è uscita dal piano di rientro nel 2010, ha perso tra il 2018 e il 2012 il 27,1% del personale infermieristico. La seguono nella classifica il Molise (-11,4%) e la Campania (-10,6%).
I dati sono quelli dell'Annuario Statistico del Servizio Sanitario Nazionale, appena pubblicato dal ministero della Salute con i risultati 2012, messo a confronto con gli stessi annuari degli anni precedenti.
Dall'Annuario emergono poi altri numeri che danno il senso in parte del recupero di appropriatezza che il Ssn ha rincorso in questi anni, ma in altra parte anche della necessità di contenimento di spesa che spesso ha davvero rischiato di falciare oi servizi. Continua la diminuzione degli ospedali pubblici che tra il 2009 e il 2012 si sono ridotti del 3,2% (circa 60 ospedali in meno). Ma soprattutto continua il calo dei posti letto che nel 2012 sono scesi a 232.652. Nel 2011 erano 242.299: 9.647 letti in meno (-4%).
Incrementi, invece, soprattutto per il privato accreditato, sono evidenziati dai trend dell'assistenza territoriale semiresidenziale (-0,3% per il pubblico, +6% per il privato accreditato) dell'assistenza territoriale residenziale (+1,0% per il pubblico, +5,7% per il privato accreditato.
Una situazione che numericamente pesa sul lavoro di chi resta in servizio e non dà comunque lo spazio dovuto alla riorganizzazione di altri livelli di assistenza come quella sul territorio. Si riduce il pubblico infatti e cresce il privato sia dal punto di vista delle strutture che della quantità di assistenza erogata.
A domicilio poi emerge un evidenza: nel 2012 sono stati assistiti 633.777 pazienti, di questi l'83,6% è rappresentato da assistibili da 65 anni in su e il 9,1% da pazienti terminali. Mediamente a ciascun paziente sono state dedicate circa 22 ore di assistenza erogata in gran parte da personale infermieristico (14 ore per caso). In particolare, le ore dedicate a ciascun assistito anziano sono state 21, di cui 14 erogate da personale infermieristico, mentre le ore dedicate a ciascun malato terminale risultano pari a 25, di cui 19 erogate dal personale infermieristico.
A confermare che la situazione dal punto di vista macroeconomico migliora per la Sanità, ma che i tagli accendono la luce rossa sui servizi erogati è stata sempre in questi giorni la Corte dei conti con il suo apporto di coordinamento di Finanza Pubblica 2014. La Corte infatti conferma i "progressi nel riassorbimento degli squilibri finanziari in sanità", ma evidenzia come "il settore sanitario si trova oggi di fronte a scelte ancora impegnative anche dal punto di vista finanziario" e "tardare ne rispondere" alle problematiche "può rischiare di incidere negativamente sulle aspettative della popolazione e di alimentare nuovi squilibri". Per i giudici "il solo parziale successo delle misure di contenimento dei costi introdotte dal Dl 95/2012, segnala da un lato, il persistere di limiti nell'appropriatezza e nell'organizzazione dell'offerta sanitaria e dall'altro la difficoltà di intervenire su elementi importanti dell'offerta sanitaria senza rischiare di aggravare, almeno nel breve periodo, le ripercussioni che il risanamento finanziario sta producendo sui servizi resi". Così il Ssn "pur scontando ancora margini di recupero di efficienza al suo interno, deve affrontare costi crescenti per garantire l'accesso a farmaci e tecniche di cura innovative e offrire adeguata assistenza ad una popolazione sempre più longeva. La programmazione di risorse contenuta nel Patto per la salute, seppur rivista in riduzione a fronte delle esigenze finanziarie, poteva consentire di affrontare con più facilità la riscrittura di regole importanti per dare nuove certezze per il funzionamento del sistema (revisione Lea, finanziamento delle strutture sanitarie, revisione dei criteri di riparto delle risorse tra regioni, revisione delle compartecipazioni alla spesa, un ripensamento delle esenzioni) che il nuovo patto ha posto al centro dell'agenda del governo del settore. Non marginali sono poi i passi da compiere per la individuazione delle risorse da utilizzare per l'adeguamento delle strutture e gli investimenti".
E un dato la Corte lo mette in evidenza tra gli altri: prosegue la discesa della spesa per redditi da lavoro dipendente che registra un -0,6% rispetto al 2013 e si ferma a 32,8 miliardi: su base triennale la flessione in termini nominali è di oltre il 3,5 per cento. Sull'evoluzione degli oneri per il personale incidono, secondo la Corte, il blocco del tumover nelle Regioni in Piano di rientro e le politiche di contenimento delle assunzioni per le regioni non in Piano. A queste misure si accompagnano quelle relative ai limiti retributivi, al nuovo regime del trattamento accessorio e al congelamento della vacanza contrattuale.
Nel prossimo triennio (2015-2018), invece, c'è un segnale positivo dalla Corte dei conti che stima una crescita dello 0,7% per i redditi da lavoro dipendente.
"Un dato tristemente noto quello del calo degli organici e delle risorse economiche delle retribuzioni – commenta Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale OPI -. E' da tempo ormai che tutte le rilevazioni sottolineano gli effetti perversi legati al fatto che una delle fonti più semplici di risparmio è quella di agire sulle buste paga dei dipendenti e i dati sia del ministero della Salute che della Corte dei conti, confermano il trend negativo. C'è invece un aspetto positivo in ognuna delle due relazioni. In quella della salute con la conferma che sono proprio gli infermieri, come da anni spieghiamo, il primo sostengo dei pazienti sul territorio e, in particolare, nell'assistenza domiciliare proprio alle fasce (anziani e malati terminali sono quelle citate dalla Salute) che hanno i maggiori bisogni e le minori possibilità di assistenza. Nella relazione della Corte dei conti c'è invece l'indicazione di una crescita, limitatissima è vero ma dopo anni è pur sempre una crescita, delle retribuzioni. Certo, lo 0,7% non compenserà mai il 25% di perdita di valore di acquisto delle buste paga che i dipendenti hanno dovuto sopportare con il blocco della contrattazione. Se non altro però si accende una luce sulla possibilità, visto che a riprendere saranno i trattamenti accessori, di dare spazio alla vera meritocrazia e a chi saprà investire di più nella propria professione. Sperando, è ovvio, che le aziende e le Regioni intervengano mettendo davvero un freno alla tradizionale distribuzione "a pioggia" delle risorse, che non premia nessuno, ma soprattutto non è davvero un incentivo a fare meglio a vantaggio della qualità delle prestazioni e dei servizi e, soprattutto, della compliance dei pazienti".
Tratto da opi.it