06/02/2019 - Le condizioni sono per FNOPI: aumento degli investimenti per il potenziamento di infrastrutture e personale didattico; revisione delle attuali politiche sanitarie per garantire ospedali, reparti e personale in grado di poter accogliere e guidare i tirocinanti, salvaguardando qualità e sicurezza delle cure nei confronti dei pazienti; rilancio degli investimenti nel Servizio sanitario per garantire il superamento dell’attuale livello di spesa per il personale
Il superamento del numero chiuso è un principio che teoricamente potrebbe andare incontro, oltre alla richiesta delle stesse professioni di ampliare il numero dei laureati, anche alle indicazioni Ocse e Oms secondo cui il numero di infermieri laureati negli ultimi 20 anni è più che quadruplicato, grazie a un migliore iter formativo e a un cambiamento nei requisiti d’ingresso per incentivare l’iscrizione.
Ma perché funzioni ha bisogno di almeno tre condizioni, secondo la Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche, ascoltata oggi in audizione dalla VII Commissione Cultura della Camera che sta lavorando ai nove progetti legge (n. 334, n. 542, n. 612, n. 812, n. 1162, n. 1301, n. 1342, n. 1349 n. 1414) che riguardano l’abolizione o la modifica del numero chiuso:
1. aumento degli investimenti per il potenziamento di infrastrutture e personale didattico;
2. revisione sostanziale delle attuali politiche sanitarie pubbliche per garantire ospedali, reparti e personale in grado di poter accogliere e guidare i tirocinanti, salvaguardando qualità e sicurezza delle cure nei confronti dei pazienti;
3. rilancio degli investimenti nel Servizio Socio-Sanitario Pubblico per garantire il superamento dell’attuale, estremamente basso e condizionato, livello di spesa per il personale sanitario.
Solo così, come ha spiegato alla Commissione per la Federazione Giancarlo Cicolini, componente del Comitato centrale, tesoriere FNOPI e docente di Scienze infermieristiche all'Università di Chieti-Pescara, all’aumento dei laureati con il superamento del numero chiuso può corrispondere un aumento degli occupati e non il contrario come avviene oggi.
Va garantita quindi coerenza tra le politiche per la formazione e le politiche dell’occupazione del personale per scongiurare l’aumento degli squilibri attualmente presenti.
Se tutto ciò non dovesse avvenire la Federazione è favorevole a una programmazione delle iscrizioni (quindi numero chiuso) per fornire una preparazione di alto livello al maggior numero possibile di giovani, sviluppandone le capacità e dando loro gli strumenti per affrontare al meglio il loro futuro personale e professionale.
Per percorrere da subito la strada dell’abolizione del numero chiuso, servono almeno tre condizioni:
1, risorse per poter includere gli studenti al primo anno facendo loro svolgere tutte le attività formative previste dal curriculum di studi europeo;
2. un rigoroso sistema di sbarramento finale;
3. una dotazione fatta di esami sostenuti più un'altra prova selettiva, che potrebbe essere necessaria.
Ipotesi percorribile potrebbe essere quella di una preselezione già al liceo con un periodo di introduzione alle varie facoltà e un orientamento verso il tipo di studi che si vuole poi intraprendere.
La FNOPI ha illustrato poi alla Commissione anche un altro nodo della formazione infermieristica: gli studenti, anche con il numero chiuso, sono oltre il 40% degli studenti universitari delle Scuole/Facoltà di Medicina, ma i “professori infermieri” sono ancora un numero insufficiente: 4 ordinari, 23 associati e un numero basso di ricercatori per un totale di circa 41 docenti. Solo in 22 università quindi gli studenti possono seguire corsi di insegnamento disciplinare tenuti da docenti inseriti nell’organico dei professori universitari. Un rapporto docente/studenti di circa 1 a 1.350, mentre, ad esempio, per i corsi di laurea in odontoiatria il rapporto è 1 a 6.
La FNOPI quindi chiede una revisione delle docenze anche prima di una possibile revisione del numero chiuso. Revisione anche dal punto di vista del riconoscimento delle attività svolte dagli attuali tutor e docenti a contratto che sono dipendenti dal Ssn, ma svolgono, di fatto, un compito di indirizzo e docenza verso gli studenti in Infermieristica.
Infine, se il numero chiuso dà maggiori sbocchi per l’ingresso nella professione, è necessario incrementare anche il numero di posti per le lauree magistrali, oggi in media di 800 posti l’anno, ma che come emerge dagli ultimi dati elaborati dal consorzio interuniversitario Almalaurea, non bastano a soddisfare la richiesta dei giovani laureati con laurea triennale che vorrebbero proseguire gli studi nel 65,1% dei casi. La richiesta per la laurea magistrale è di almeno 2.014 posti, oltre 1.200 in più di quelli disponibili in media ogni anno. Laurea magistrale che dovrebbe essere orientata a una finalizzazione non solo didattico-manageriale, ma anche clinica.
E poiché anche dopo la laurea magistrale i neolaureati hanno manifestato la volontà di proseguire gli studi (sempre secondo Almalaurea sono il 37,3%), è necessaria secondo FNOPI una “trasformazione strutturale” nell’ organizzazione formativa e del lavoro, prevedendo le specializzazioni infermieristiche che rappresentano anche una risposta ai mutati bisogni assistenziali dei cittadini con la costruzione di percorsi meno flessibili degli attuali per cui un infermiere può essere utilizzato praticamente ovunque e, di conseguenza, infungibili.