In una società multiculturale e multireligiosa, la cultura cattolica cristiana mantiene un peso significativo. I suoi fondamentali, come la dignità della persona, la solidarietà e l'importanza della famiglia, permeano le nostre leggi, festività, arte e valori morali. Questi principi non solo hanno forgiato il tessuto etico della comunità, ma continuano a interagire con le nuove dinamiche culturali, arricchendo il dialogo e promuovendo una convivenza armoniosa.
Durante il convegno diocesano tenutosi sabato 22 giugno; "in cammino nella storia per costruire la civiltà dell'amore" si è posta l'attenzione sulla tematica della salute constatando la differenza tra il curare sempre e il guarire se è possibile.
"La malattia fa parte della nostra esperienza umana, ma essa può diventare disumana se vissuta nell'isolamento e nell'abbandono, se non è accompagnata dalla cura e dalla compassione, quando si cammina insieme è normale che qualcuno si senta male, debba fermarsi per la stanchezza o per qualche incidente di percorso ed è proprio in quei momenti che si vede come stiamo camminando: se è veramente un camminare insieme o se si sta sulla stessa strada ma ciascuno per conto proprio badando ai propri interessi e lasciando che gli altri si arrangino -Papa Francesco-XXIII Giornata mondiale del malato 2023".
Un ruolo molto importante in campo ecclesiastico è quello di una pastorale della salute dove la malattia appartiene alla nostra condizione umana e l'essere umano scopre la sua fragilità. In tale contesto si sono collocati il dottor Gaetano Sorrentino, dirigente delle professioni sanitarie; il presidente dell' Opi Cristian Pediconi e la consigliera Silvia Capitanio, il Dottor Claudio Di Bartolomeo, responsabile dell' UOC Hospice / cure palliative accostando S.E.R. Mons. Lorenzo Leuzzi e Don Pietro Luongo, cappellano del presidio ospedaliero Mazzini di Teramo.
Durante la mattina il gruppo di lavoro ha posto l'attenzione sul cambiamento d'epoca in quanto è obbligo cristiano viverlo in maniera proattiva, a tal proposito è emersa la destrutturazione della famiglia; un tempo c'erano nonno-nipote che si coniugavano per mezzo del rapporto padre-figlio in una dinamica similare ad un mutuo soccorso, oggi i dati statistici confermano famiglie monocomponenti in cui l età di riferimento è compresa in una fascia di età che supera il sessantesimo anno, il prototipo di famiglia attualmente è composto da due o tre individui.
Inoltre il tasso di natalità si sta abbassando sempre piú in contrapposizione ad un allungamento della vita, ciò incentiva la vecchiaia e conseguenzialmente l' elemento della fragilità affiora come una spada di Damocle. Al fine di offrire una qualità assistenziale elevata é importante costruire un rapporto fiduciario tra curato e curante erogando servizi carichi di carità e di amore. Sia durante l ospedalizzazione ma ancora di più nella realtà territoriale nasce l esigenza di affrontare la solitudine del paziente, la proposta è di riscoprire ed incrementare il ruolo del volontariato debitamente formato.
Un' altra problematica emersa è l'impreparazione da parte degli amici di coloro a cui viene diagnosticato un problema grave di ordine neoplastico, spesso purtroppo gli amici si allontanano perché non sempre sanno cosa dire o cosa fare ed in questo caso il paziente accusa maggiormente la sofferenza, c'è necessità di dare supporto, di dimostrare amicizia e di formare alla cultura dell' amore, quando le cure non volgono alla guarigione fisica non bisogna trasmettere il messaggio che non c'è più nulla da fare anzi bisogna essere ancora più attenti e trasmettere il messaggio che si sta continuando a vivere.
All' interno di un' equipe di lavoro ciascun membro rappresenta un anello di una catena, dal medico ai volontari per cui se si spezzerà uno degli anelli l'intero scopo dell' assistenza subirà una perdita in termini di risultato. Successivamente si è posta l'attenzione sull'utilizzo dei social e della telemedicina, senz' altro utili ma ciò che rimane fondamentale è il contatto diretto dal quale emerge l'empatia, mettersi nei panni dell altro inteso come un atto terapeutico vero e proprio, il paziente che soffre si nutre del linguaggio verbale e non verbale di chi lo cura. Da sottolineare il lavoro oneroso di Don Pietro Luongo che si fa strumento di amore e consolazione tra pazienti, famigliari e studenti. Il ruolo delle cappellanie converge sulla spiritualità del paziente stesso, i sacerdoti sono stati invitati a sostenere e dare vicinanza ai malati della propria parrocchia offrendo l Eucarestia come momento di terapia.
L' intervento del coordinatore infermieristico Luca Luzio presente nel gruppo di lavoro ha sottolineato come la famiglia oggi spesso approcci con gli operatori in modo prevenuto e in tal caso ha invitato gli operatori a far percepire accoglienza offrendo disponibilità affinché si crei fiducia con l obiettivo di portare il massimo benessere nella vita del loro assistito e di conseguenza anche nella loro, in tal modo l assioma "curare sempre guarire se è possibile" si può invertire perché offriamo la possibilità di guarire nell'anima donando loro la predisposizione a poter esprimere la migliore versione di se stessi abbandonandosi completamente alle cure amorevoli che esulano dalla pretesa e dalla diffidenza accettando anche con meno dolore la malattia e la sofferenza che ne consegue con lo scopo ultimo di non vivere la malattia come una punizione di Dio ma come un declino fisiologico o patologico correlato a ragioni esterne.
La guarigione esiste ma è opera di Dio che sceglie se e quando, gli operatori devono offrire ai pazienti e ai famigliari il sostegno che proviene in primo luogo da Dio senza pretendere la guarigione assoluta del corpo laddove non sia possibile ma solo un percorso solidale, motivo per cui anche gli operatori stessi sarebbe auspicabile che fossero sostenuti dal cappellano.