Infermieri e medici sono sempre meno, stanchi, frustrati , in un Ssn che “sembra aver smarrito la via, dimenticando le priorità per cui era stato istituito, trascurando la sua forza pulsante, cioè il suo personale”. Il Servizio Sanitario pubblico è però, allo stesso tempo, attraversato da un cambiamento, “e forse da questi temi si può ripartire per immaginare un futuro diverso per la Sanità”.
Questo in sintesi il quadro sul personale che merge dal 3° Rapporto sulla Salute e il Sistema Sanitario (2024), presentato da Eurispes ed Enpam,
La situazione degli infermieri, le problematiche della professione e le soluzioni possibili sono illustrate nel rapporto in una lunga intervista alla segretaria Nazionale FNOPI, Beatrice Mazzoleni, che ha sottolineato tra l’altro come per aumentare la soddisfazione professionale degli infermieri si debba puntare su più aree in contemporanea. “Prioritaria – si legge nell’intervista – è sicuramente la parte della formazione. Ragionare in modo sistemico con l’evoluzione sulle lauree magistrali e ipoteticamente, in un prossimo futuro, anche sulle scuole di specialità così da recuperare anche i dottorati di ricerca sul versante dell’organizzazione. Dobbiamo revisionare una normativa organizzativa, contrattuale e accademica che è molto vecchia”.
Secondo il Rapporto, dal 2008, la dinamica espansiva del dato riferibile al personale medico e infermieristico del SSN, registrata tra il 1978 e il 2007, ha subito una decrescita legata a scelte di natura politica ed economica.
La perdita di personale è graduale e costante: nel 2014 vengono assunti 80 dipendenti ogni 100 usciti, nel 2015 il rapporto è di 70 ogni 100, nel 2017 vengono sostituiti 98 dipendenti ogni 100. Inoltre, tra il 2014 e il 2017 l’incidenza della spesa per personale dipendente del SSN sulla spesa sanitaria totale si riduce dal 31,4% al 30,1%. Una conseguenza dello scarso turnover del personale sanitario è l’aumento dell’età media dei dipendenti del SSN.
Alla diminuzione del personale stabile fa da riscontro l’incremento del lavoro flessibile: nel 2018, nel comparto sanità si concentra il 45% dell’utilizzo di unità annue a tempo determinato di tutta la PA (35.481 su 79.620). Oltre alla riduzione degli occupati, si assiste ad un peggioramento delle condizioni di lavoro a parità di retribuzioni medie lorde.
Al 31 dicembre 2022 il personale dipendente del SSN ammonta a 625.282 unità, risultando in aumento dell’1,3% rispetto all’anno precedente (+8.083 unità). Ma intanto aumenta anche il precariato: tra il 2019 e il 2022 il ricorso al personale a tempo determinato aumenta del 44,6% (Rapporto Fnomceo, 2024).
Il personale è stato uno degli aspetti principali delle politiche di contenimento e riduzione della spesa pubblica destinata alla sanità. Ciò ha contribuito all’esplosione di problemi legati alla disaffezione dei dipendenti e soprattutto allo svuotamento di valore e di significato del lavoro nel e per il Servizio Sanitario Nazionale. Il blocco del turnover, e dunque la carenza cronica di personale all’interno delle strutture sanitarie, da decenni costringe gli operatori a sforzi prolungati, continui e ad alto coinvolgimento fisico e psicologico. Una survey condotta dalla Federazione dei medici internisti ospedalieri porta alla luce come un medico su due sia in burnout (52%), e per gli infermieri poco meno di uno su due (45%); per entrambe le professioni, l’incidenza è più del doppio tra le donne, dove permangono difficoltà di conciliazione lavoro-vita familiare.
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