Uneba (Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale) ha organizzato nel convegno un confronto con i protagonisti, gli operatori del settore, pubblici e privati con una particolare attenzione al non profit, e le professioni coinvolte, con i rappresentanti di medici, infermieri e assistenti sociali
Assistenza domiciliare al centro del convegno Uneba (Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale), che si è svolto oggi a Milano con il titolo "Assistenza domiciliare, a che punto siamo?"
L'assistenza domiciliare, secondo Uneba, è destinata a diffondersi di più e avere più rilevanza, come strumento che può dare una risposta al bisogno crescente di assistenza (dovuto anche all'invecchiamento della popolazione) e a farlo a costi inferiori rispetto alle strutture residenziali e semiresidenziali, e dando modo all'assistito di rimanere nella casa e negli spazi in cui ha trascorso la sua vita fino a quel momento.
Per questo Uneba ha organizzato nel convegno un'occasione di confronto a 360 gradi su questo argomento, ascoltando anche in una sessione ad hoc - moderata da Salvo Caruso vicepresidente nazionale Uneba - i protagonisti, gli operatori del settore, pubblici e privati con una particolare attenzione al non profit, e le professioni coinvolte, con i rappresentanti di medici, infermieri e assistenti sociali.
"L'integrazione ospedale territorio ci sarebbe già dovuta essere, ormai è superata; ora dobbiamo spostare la presa in carico della persona assistita dal territorio al domicilio", ha scandito in apertura del suo intervento la presidente nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (Fnopi) Barbara Mangiacavalli -. E per questo suggerisco a voi di Uneba di valorizzare ancora di più la vostra presenza sul territorio". "La frammentazione – ha poi rilevato-, e il problema dei servizi che non si parlano tra loro, sono un tema strategico, e per questo è fondamentale la costruzione di reti. Serve percorso che parta da bisogno del cittadino, non quello dei professionisti".
Maria Teresa Zocchi, presidente dell'Ordine dei medici di Milano ha espresso il suo scetticismo verso il nuovo modello di presa in carico della cronicità proposto da Regione Lombardia – "troppo pochi pazienti e troppo pochi medici hanno aderito"- ed ha rivendicato un maggiore ruolo dei medici di medicina generale tanto nella stesura dei Piani assistenziali individuali quanto, ad esempio, nel sistema delle cure palliative voluto da Regione Lombardia con la Dgr 5918.
"Bisogna passare da risposta alla patologia a costruzione di sostegno alla qualità della vita della persona: e questa la definisce la persona, non l'operatore", ha detto Mirella Silvani, presidente dell' Ordine degli assistenti sociali della Lombardia. "Il compito di noi professionisti – ha affermato - è rendere reale il principio dell'integrazione sociosanitaria, che prima che un processo tecnico è un valore intorno al quale si sviluppano modelli organizzativi e realtà operativa"