07/10/2015 - Mangiacavalli (presidente Federazione OPI): "La polemica sull'appropriatezza prescrittiva delle 208 prestazioni nel mirino del decreto della Salute non faccia dimenticare le carenze organizzative che costano anche di più e abbassano la qualità dei servizi, pur essendo gestibili. Siamo pronti a scendere in campo per spiegarlo ai nostri assistiti"
"La polemica sull'appropriatezza prescrittiva delle 208 prestazioni scritte nella bozza di decreto di attuazione della legge 125/2015, che il ministero della salute sottoporrà alla Stato Regioni, denota ancora una volta una scelta di operare nel Servizio sanitario con interventi parziali e ridondanti e la totale mancanza dei concetti di valore e spreco per le strutture sanitarie, ospedali in testa".
Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione OPI, interviene sullo scontro medici-Governo per la decisione di tenere sotto controllo 208 prestazioni, prescritte spesso in eccesso e di applicare sanzioni a chi non rispetterà i nuovi limiti, ma non sull'opportunità o meno del provvedimento, che coinvolge una classe, quella medica, nel decidere l'appropriatezza delle indagini diagnostiche chieste per gli assistiti e non gli infermieri. Mangiacavalli chiama in campo un'altra appropriatezza da rispettare per una gestione ottimale dell'assistenza: quella organizzativa.
"La polemica si sta trasformando in una bagarre strumentalizzata e artificiosa – afferma Mangiacavalli – che fa perdere di vista il peccato originale di interventi e controlli d'assalto, senza programmazione, sui presunti eccessi di spesa sanitaria: i tagli lineari e la mancanza assoluta di nuovi modelli di gestione che ottimizzino assistenza e costi".
Secondo Mangiacavalli, quello della medicina difensiva è un problema rilevante per il controllo di spesa del Ssn, ma è solo una parte del più vasto sovra-utilizzo di servizi e prestazioni sanitarie. E interviene comunque solo con un taglio eseguito di autorità, senza tenere conto, al contrario, del danno derivante dal sotto-utilizzo di prestazioni e servizi appropriati, che ritarda la guarigione dei pazienti, aumenta i ricoveri impropri, gli interventi sanitari più costosi e le assenze dal lavoro, limita il controllo sugli stili di vita e contribuisce a tenere ancora "a distanza" il concetto di prevenzione. Un sotto-utilizzo che vale, secondo studi recenti, almeno 3 miliardi.
"La medicina difensiva danneggia l'assistenza – afferma Mangiacavalli – ma guardando solo questo aspetto si dimenticano ad esempio gli effetti delle logiche di finanziamento e incentivazione di erogatori e professionisti basate sulla quantità e non sulla qualità delle prestazioni, che spesso si spingono fino al conflitto di interesse. Secondo gli economisti sanitari, lo stesso peso economico del sovra-utilizzo (medicina difensiva compresa) , oltre alle frodi che subisce il Ssn e al controllo degli acquisti già affrontato con la spending review, ce l'hanno le complessità amministrative (almeno 3 miliardi di spesa) e una gestione dell'assistenza che, non affidata spesso agli operatori "giusti", continua a essere del tutto carente (pesa 2,5 miliardi secondo gli ultimi studi). Si guarda il risultato "flash" che si può ottenere con tagli-lampo non concordati, ma non il prodotto che si deve ottenere nel Ssn: la salute dei cittadini. Così non si capisce se una struttura o un ospedale esiste per i pazienti, per i medici o per garantire posti di lavoro. E così soprattutto – aggiunge - non si affronta la variabilità organizzativa della domanda per risolverla e migliorare i ser vizi, ma questa si trasforma in un alibi per chiedere più risorse".
In questo senso Mangiacavalli ricorda una serie di possibilità già scritte nelle leggi e nel Patto per la salute così come lo è il controllo delle prescrizioni inappropriate, ma, a quanto pare, passate in secondo ordine per fare cassa con ciò che si può tagliare da subito.
La presidente OPI ricorda in questo senso una serie di campi dove è possibile un vero risparmio.
"Senza fermarsi a interventi di nicchia – spiega – è macroscopica ad esempio l'inappropriatezza organizzativa nell'assistenza transfronateliera che stanno prendendo piede per legge: gli italiani pagano milioni per cure all'estero, ma l'Italia non è in grado di fatturare milioni per le cure che presta a chi dall'estero arriva da noi".
Poi, tra le risorse di risparmio, Mangiacavalli ricorda ancora il modello di ospedale per intensità di cure, applicato nelle Regioni economicamente più in salute e ormai di routine all'estero. Ma non solo. Per ottimizzare l'assistenza, migliorando la gestione dei servizi e portando un risparmio anche economico al Ssn, sempre secondo i modelli già in atto nei sistemi sanitari più avanzati d'Europa e in molte Regioni "virtuose", l'OPI rilancia anche gli ospedali di comunità, gestiti da infermieri anche con competenze specialistiche , le unità di degenza infermieristica che ottimizzano l'assistenza, alleggeriscono le liste d'attesa e consentono ad altre professionalità di recuperare le peculiarità delle loro specializzazioni.
Inoltre, Mangiacavalli sottolinea anche il recupero di appropriatezza e il conseguente risparmio legato a un'eventuale possibilità prescrittiva per l'infermiere, non di farmaci come già tuttavia avviene all'estero, ma almeno di presidi funzionali alla pianificazione assistenziale quali quelli antidecubito, quelli per l'eliminazione urinaria ed intestinale, quelli per il wound-care e così via: "Le amministrazioni li acquistano in base al prezzo più basso – spiega - ma spesso arrivano in corsia prodotti inadatti alle necessità del singolo paziente e così si duplicano gli acquisti, fatto questo evitabile se a scegliere fosse chi deve utilizzare i presidi sui pazienti, cioè l'infermiere che ha assoluta padronanza di scale di misurazione e valutazione del rischio del paziente, esempio il rischio di sviluppo di lesioni cutanee, e conosce i criteri di appropriatezza sull'utilizzo dei presidi".
"Lo chiediamo – conclude - ormai da mesi e oggi la necessità è assoluta, in vista dell'elaborazione della legge di stabilità: convocare i medici a un tavolo al quale discutere la prescrivibilità di 208 prestazioni per un risparmio stimato di 106 milioni è sacrosanto perché nessuna misura può essere imposta, ma aprire anche i tavoli paralizzati da mesi per dare attuazione alle altre previsioni descritte del Patto per la salute e alle competenze avanzate delle professioni sanitarie che incidono su quei quasi 6 miliardi di spesa legati a complessità burocratiche e, soprattutto, coordinamento inadeguato dell'assistenza, è ormai una necessità indifferibile. Il Governo questo lo sa e deve assumersi la responsabilità anche verso i pazienti se vorrà ignorarlo ancora. Per quanto ci riguarda, siamo pronti a scendere in campo per spiegarlo a chiare lettere ai nostri assistiti".