30/06/2017 - Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale Collegi OPI, entra nel merito della polemica che in questo giorni si è accesa tra Oss (Migep) e Infermieri su ruoli e professionalità
L'intimo e profondo significato che assume essere un professionista infermiere, non può trovare riscontro in sterili contraddittori sollevati gratuitamente da terzi che, ignari della storia, delle normative di riferimento e dei percorsi formativi, si elevano a "sapienti" del tutto.
E' singolare come chi non fa parte della professione se ne faccia carico in modo così disinvolto da prescrivere addirittura cosa significa o meno un termine – di cui probabilmente non conosce né la natura né tantomeno i reali risvolti giudico-deontologici legati a un Codice di cui la sua categoria di attività non ha neppure obbligo - e, con semplice arroganza indichi competenze professionali di altri decretandone, inoltre, la loro legittimità di afferenza a specifici profili.
In questo caso agli infermieri.
Dire tutto e il contrario di tutto in assenza di ogni supporto di carattere giuridico, tecnico e scientifico alla tesi posta è, quantomeno paradossale.
Detto ciò, omettendo ogni ulteriore commento alle recenti sue esternazioni del MIGEP, riteniamo che la sanità può funzionare meglio solo se ognuno, consapevole dei propri ambiti di competenza, si impegna nel confronto e ricerca di buone relazioni tra le parti anziché lanciare "siluri" che accendono conflitti.
Questo significa, se non fosse chiaro, multiprofessionalità, i cui limiti vanno cercati eventualmente nel confronto e non certo in affermazione tanto gratuite, quanto denigratorie.
Si adoperi Migep, allora, se davvero è la collaborazione che vuole, affinché tutti possano lavorare al meglio e con chiarezza rispetto ai contenuti del proprio profilo, della propria attività.
Si tratta, in estrema sintesi di promuovere rispetto e riconoscimento reciproco nei contesti aziendali in cui ognuno gioca un ruolo importante ma con diverse gradazioni di responsabilità. Riconoscerlo fa la differenza.
Che poi la deprofessionalizzazione – perché di questo gli infermieri possono parlare – sia un inadempimento datoriale che porta a consolidare situazioni spesso emergenziali e comunque eccezionali, allargando verso il basso i compiti di professionisti che in realtà dovrebbero occuparsi di altro, siamo d'accordo. E' un fatto questo, anche già considerato a livello deontologico nelle professioni che hanno un Codice. Ed è considerato a livello contrattuale quando ad esempio nell'ultimo atto di indirizzo per i nuovi contratti dove si prevede che le attuali e le nuove competenze degli infermieri non debbano portare a forme di impegno improprio dei professionisti, anzi debbano escludere soprattutto attività di natura "domestico alberghiere", proprie, invece di altre figure.
L'utilizzo improprio del personale nasce da parte delle strutture che lo pongono su un piano quasi ricattatorio rispetto alla professionalità acquisita per far fronte a proprie carenze strutturali. Ed è un atteggiamento mai giustificato né dal Codice (che in quanto deontologia attiene la Federazione) né dal contratto (che in quanto diritto e regola di lavoro attiene il sindacato).
Occorre ricordare, se non fosse ancora ben chiaro, che la sanità ha dovuto fare i conti purtroppo con vincoli "economici" più che di reale tutela della salute che hanno condizionato le scelte e le relative risposte. In questo senso la responsabilità organizzativa nelle aziende è in capo alla direzione aziendale e non solo i dirigenti ed i coordinatori infermieristici – da cui anche gli Oss dipendono - a cambiare orientamenti legati soprattutto a quei risparmi di spesa obbligatori che hanno portato a un indebolimento al limite della sostenibilità degli organici.
Inoltre, tanto per dare un quadro di una situazione reale e porsi un ulteriore interrogativo, i dati che ci rilasciano le varie edizioni del Conto annuale della Ragioneria generale dello Stato, mostrano che dal 2002 al 2015, anche proprio per il problema economico e di blocco del turn over rispetto alle professioni sanitarie, mentre è calato di 8765 unità il numero degli infermieri, ma è aumentato nel ruolo tecnico il numero degli Oss di 22.846 unità. Un aumento che tuttavia non ha aiutato a quanto pare gli infermieri a evitare attività che non gli competono. Come mai?
Come infermiera e presidente della federazione dico che la professione non può accettare di farsi dire dal Migep quali sono gli ambiti di nostra competenza. Ritengo invece di sottolineare come gli infermieri hanno titolo a intervenire in merito al profilo e dell'attività dell'Oss per chiaro mandato professionale, visto che la legge specifica che questa figura tecnica (ruolo tecnico, non sanitario) che in base alle norme ha il compito su indicazione e valutazione dell'infermiere di svolgere attività che aiutino le persone a soddisfare i bisogni di base.
Barbara Mangiacavalli
Presidente Federazione nazionale Collegi OPI