Tratto da OPI.IT
Il ruolo centrale dell'infermiere per i non autosuffcienti: manager dei pazienti, della loro gestione per intensità di cura e del territorio. Analisi promossa dall'IRCCS-INRCA per il Network nazionale per l'invecchiamento. Mangiacavalli: "C'è necessità di un infermiere esperto clinico con competenze avanzate grazie anche all'evoluzione della formazione L'e-book dei risultati
L'"ospedale amico dell'anziano" deve tenere conto dell'urgenza e della complessità della patologia e il rapporto pazienti/infermieri deve essere dimensionato considerando questi fattori e le caratteristiche del paziente (in particolare quelli affetti da difficoltà cognitive o altre fragilità, che richiedono maggiore attenzione anche nelle normali pratiche assistenziali). Un ospedale per intensità di cura (Oic), che prevede un ruolo di importanza centrale per la professione infermieristica: i singoli pazienti sono assegnati a un infermiere referente sulla base della loro competenza clinica e/o di pianificazione.
La cura deve essere centrata sul paziente e basata sulla Valutazione Multidimensionale (VMD), (valutazioni quotidiane dello stato fisico, cognitivo e psicosociale effettuate da infermieri e incontri quotidiani del team multidisciplinare; attivazione di procedure per migliorare l'autosufficienza nell'accudirsi, la continenza, la nutrizione, la motilità, il sonno, la cura della cute, il tono dell'umore e lo stato cognitivo).
L'infermiere quindi è una delle figure centrali dell'assistenza al cittadino non autosufficiente. E a sottolinearlo, spiegandone il perché, è il volume presentato all'Agenas "il cittadino non autosufficiente e l'ospedale", promosso dall'IRCCS-INRCA per il Network nazionale per l'invecchiamento e curato da Enrico Brizioli, Amministratore Delegato dell'Istituto S. Stefano (gruppo KOS), è laureato in Medicina e Chirurgia e Specialista in Neurologia ed in Igiene ed Organizzazione Ospedaliera e Marco Trabucchi, professore ordinario nel dipartimento di Medicina dei Sistemi dell'Università di Roma – Tor Vergata, Direttore Scientifico del Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia e Presidente dell'Associazione Italiana di Psicogeriatria.
Le cure sub intensive. Nel volume si analizzano tutti i livelli di assistenza. L'Unità di Cura Sub-Intensiva a esempio si propone di realizzare le seguenti funzioni primarie dell'assistenza: a) monitoraggio intensivo dei pazienti (l'efficacia del monitoraggio è stata valutata paragonabile a quella osservata nelle unità di cura coronarica); b) intensività infermieristica: fa riferimento alla più frequente richiesta di determinazione dei parametri clinici, alla toilette polmonare, alla gestione della ventilazione non invasiva, alla più frequente necessità di posizionamento e mobilizzazione nonché alla miriade di compiti infermieristici che vanno molto al di là delle possibilità del numero di infermieri assegnati ad un'unità medica convenzionale, ecc.; c) la supervisione medica: la stretta interazione con lo staff infermieristico permette la repentina lettura dei parametri rilevati dal monitoraggio, la tempestiva implementazione di nuove terapie o la modifica dei dosaggi di quelle in atto.
Le cure extraospedaliere. Il "territorio" invece dovrebbe essere attrezzato per gestire la continuità sia in "entrata" che in "uscita" verso l'ospedale. A esempio, disponendo di una "anagrafe" dei fragili sui quali concentrare gli interventi proattivi domiciliari di "prevenzione" (pronto riconoscimento e trattamento della fase acuta, supporto domiciliare clinico/diagnostico /infermieristico) della perdita funzionale e sui quali assicurare il supporto nella fase "post-acuta".
L'ospedale per intensità di cura. In generale l'ospedale per intensità di cura (Oic) deve avere, secondo gli autori, come principio inspiratore la sostituzione del criterio "tipo di patologia" con quello della centralità del paziente. L'ospedale deve strutturarsi sulla base della complessità assistenziale dei pazienti, indipendentemente dal tipo della loro patologia. Di conseguenza, l'ospedale perde una distribuzione delle unità operative per specialità medico-chirurgiche, per assumerne una completamente nuova per piattaforme o aree funzionali, dove si trovano degenti con patologie diverse, con in comune un livello di complessità assistenziale simile. La piattaforma o area funzionale medica è costituita, a esempio, da pazienti "internistici, endocrinologici, cardiologici, nefrologici, neurologici ecc.". Secondo il progetto Oic, la complessità assistenziale è "l'insieme degli interventi che si riferiscono alle diverse dimensioni, definite da un modello concettuale di riferimento dell'assistenza infermieristica, espressi in termini di intensità di impegno e quantità-lavoro dell'infermiere. La complessità assistenziale in sostanza definisce il livello e la quantità di lavoro richiesta all'infermiere per soddisfare i bisogni di assistenza infermieristica del singolo paziente. Quest'ultimo quindi sarà assegnato all'interno delle Aree di Degenza a seconda del tipo di intervento infermieristico quantificato. Diversi sono i fattori che possono descrivere la complessità assistenziale del paziente, come la gravità e l'instabilità della patologia, il livello di dipendenza dalle cure infermieristiche, il tempo necessario a compiere le azioni infermieristiche, il livello delle procedure necessarie, la tecnologia necessaria per erogare l'assistenza, le competenze professionali e il livello di formazione necessario".
L'infermiere-geriatra. Il nursing geriatrico, secondo il volume, può svolgere quindi un ruolo chiave durante il ricovero ospedaliero di un paziente geriatrico. L'efficacia dell'assistenza infermieristica del paziente è infatti misurabile anche in termini di prevenzione dei problemi iatrogeni dell'ospedalizzazione quali le cadute, le lesioni da decubito, il delirium, la polmonite e le infezione delle vie urinarie. Il Piano di Assistenza Individualizzato (PAI) infermieristico può includere interventi diretti o indiretti con l'infermiere che esercita la conoscenza, le norme e le competenze per affrontare l'assistenza del paziente anziano. Il paziente è visto nel contesto di fattori umani e organizzativi che influenzano la malattia e la gestione delle risorse: la valutazione e l'intervento basati sull'evidenza (Evidence-Based Nursing) pongono il paziente e la famiglia in posizione centrale. La condivisione del piano con i familiari aiuta la gestione delle loro aspettative e della loro ansia contribuendo ad un maggiore coinvolgimento ed evitando i conflitti. I programmi di formazione mirati ad ottenere le necessarie competenze per l'implementazione delle migliori pratiche, hanno come target non solo gli infermieri, ma anche le figure di supporto, quali gli operatori socio-sanitari.
Il ruolo dell'infermiere. Nei vari modelli di assistenza illustrati nel volume, per la gestione della sindrome geriatrica, l'infermiere geriatrico esperto individua gli strumenti di valutazione esistenti e i protocolli o gli algoritmi che sono stati convalidati nel loro uso per i pazienti anziani. Le procedure sono anche riviste per identificare potenziali ostacoli all'implementazione del modello e/o altri aspetti critici del processo di cura. Ad esempio per migliorare la prevenzione e gestione delle cadute, in alcuni ospedali possono essere modificati i letti ed acquistati modelli più bassi. Infine, l'infermiere esperto dovrebbe lavorare in team con il gruppo di miglioramento della qualità e di "risk management" per identificare i marcatori che possono essere monitorati per valutare i risultati di salute. L'attuazione include strategie per migliorare i processi di reclutamento del personale, la sua formazione, l'assistenza e la consulenza tecnica ai reparti per garantire il massimo risultato.
In questo senso secondo gli autori i vantaggi sono soprattutto evidenti quando il responsabile della definizione, dell'attuazione e del controllo del piano di cura in tutte le sue fasi ha una formazione geriatrica specifica; gli esiti non sono altrettanto favorevoli quando il paziente anziano fragile viene ricoverato in altri reparti e il geriatra, o il team geriatrico, hanno solo un ruolo di consulenti. È necessario quindi, sottolinea il volume, che il personale infermieristico abbia specifica formazione geriatrica.
Mangiacavalli: "Con gli infermieri gestione ottimale delle cure". "L'analisi condotta nel volume – commenta Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale OPI - conferma ancora una volta il ruolo che gli infermieri hanno nel nuovo modello di assistenza legato all'evoluzione demografica e delle condizioni di salute della popolazione. E ancora di più conferma la necessità di un infermiere esperto clinico con competenze avanzate (geriatriche in questo caso) da acquisire anche con una evoluzione della formazione. Ma soprattutto chiarisce la non invasione di campo rispetto al ruolo del medico che resta ben definito. Nessun contrasto, nessun rischio per i pazienti. Anzi, una condizione che in particolare negli ospedali gestiti per intensità di cure/complessità assistenziale, ma anche sul territorio, integra le varie professionalità secondo un modello che è quello di cui gli infermieri affermano ormai da tempo la necessità, sia per migliorare la compliance dei pazienti, sia per una gestione ottimale delle strutture - e il libro lo sottolinea in modo chiaro – che dell'organizzazione e anche delle risorse del Servizio sanitario nazionale. Tutto ciò soprattutto nel momento in cui i pazienti anziani, non autosufficienti e comunque fragili sono destinati ad aumentare".
L'E BOOK DEL VOLUME E' CONSULTABILE AL LINK http://www.maggioli.it/rna/brizioli-trabucchi/index.htm