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In questi ultimi mesi c’è stata la necessità di rendere disponibile agli operatori sanitari grandi quantità di prodotti a base alcolica per l’igiene delle mani, il che ha determinato l’acquisto di prodotti certificati come cosmetici o il ricorso alla produzione galenica. Se questa situazione è accettabile nell’emergenza, non può rappresentare uno standard per l’acquisto di questi prodotti quando sono utilizzati in ambito sanitario. Occorre rendere disponibili prodotti registrato al Ministero della Salute come Presidio Medico Chirurgico (P.M.C.) e sulla quale sono stati eseguiti specifici test per valutarne l’efficacia.
Qualità dei prodotti a base alcolica per l’igiene delle mani
Gel a base alcolica per l'igiene delle mani
Mai come in questo periodo abbiamo compreso l’importanza della disponibilità dei prodotti a base alcolica per l’igiene delle mani. La formula chimica è semplice e coloro che l’hanno inventata - un medico svizzero Didier Pittet e un farmacista inglese William Griffiths - comprendendone l’importanza di utilizzo per la prevenzione delle infezioni, hanno rinunciato a tutti i diritti di proprietà intellettuale e hanno consegnato la formula all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per evitare qualsiasi speculazione da parte di aziende private.
L’OMS ha poi reso disponibile le due formule chimiche per la produzione locale affinché i paesi a basso reddito e non solo, potessero produrre il gel senza dipendere da nessuna azienda farmaceutica. Differente è la condizione dei paesi a medio e alto reddito, dove si preferisce, di solito, sostituire la produzione galenica con l’acquisto di prodotti pronti all’uso. In questo caso un capitolo delle linee guida sull’igiene delle mani dell’OMS è dedicato ai metodi di valutazione dell’efficacia antimicrobica dei prodotti a base alcolica e della formulazione per la preparazione chirurgica delle mani.
Secondo le indicazioni dell’OMS per qualsiasi formulazione disinfettante destinata all’igiene delle mani (sia per frizione sia per lavaggio) è necessario che sia testata per dimostrare che è più efficace rispetto ai saponi semplici e soddisfa gli standard di performance concordati da norme tecniche riguardo alla riduzione della carica microbica.
Questo tipo di valutazione è necessaria per tutte le nuove formulazioni che oltre a contenere alcool a una concentrazione definita comprendono anche sostane umettanti e reidratanti chimici che servono a proteggere il film idrolipidico delle mani dall’aggressione dell’alcool. Questi prodotti potrebbero compromettere l'efficacia antimicrobica del disinfettante.
I metodi di prova per valutare l’efficacia antimicrobica dei prodotti a base alcolica sono differenti in ambito internazionale.
In Europa i test di riferimento indicati dall’OMS sono:
1.EN 1500:2013 - Disinfettanti chimici e antisettici - Trattamento igienico delle mani per frizione - Metodo di prova e requisiti (fase 2, stadio 2). La norma specifica un metodo di prova che simula le condizioni pratiche per stabilire se un prodotto, utilizzato per il trattamento igienico delle mani per frizione, riduce la flora batterica transitoria, quando è utilizzato per la frizione delle mani di volontari, artificialmente contaminate
2.EN 1499:2013 - Disinfettanti chimici e antisettici - Lavaggio igienico delle mani - Metodo di prova e requisiti (fase 2, stadio 2). La norma specifica un metodo di prova che simula le condizioni pratiche per stabilire se un prodotto, utilizzato per il lavaggio igienico delle mani, riduce la flora batterica transitoria, sulle mani quando è utilizzato per il lavaggio igienico delle mani di volontari, artificialmente contaminate
3.EN 12791:2018 - Disinfettanti chimici e antisettici - Disinfezione chirurgica delle mani - Metodo di prova e requisiti (fase 2, stadio 2). La presente norma specifica un metodo di prova che simula le condizioni pratiche per stabilire se un prodotto, utilizzato per lo sfregamento e il lavaggio chirurgico delle mani, riduce la flora batterica residente ed eventualmente quella transitoria presente, quando è utilizzato per il trattamento delle mani pulite di volontari
Rispetto agli standard indicati dall’OMS la legislazione nazionale prevede che i prodotti disinfettanti che devono essere utilizzati sulla cute integra per essere prodotti e immessi in commercio nel mercato italiano devono essere autorizzati dal Ministero della Salute ai sensi del D.P.R 392 del 6 ottobre 1998 e del Provvedimento 5 febbraio 1999, dopo opportuna valutazione della documentazione presentata dai richiedenti. Una volta autorizzati, i prodotti devono riportare in etichetta la dicitura: “Presidio Medico-Chirurgico" e "Registrazione del Ministero della salute n. xxxx".
Lo stesso Ministero, attraverso i suoi organi tecnici, rinnova o nega l’autorizzazione in caso di modifiche della composizione del prodotto, della destinazione d’uso o modalità d’impiego. Vigila sulla produzione dei presidi e revoca l’autorizzazione all’immissione in commercio quando vengono a mancare i requisiti di base per i quali sono stati concessi l’autorizzazione ovvero, ad esempio, quando il prodotto si è dimostrato inefficace e nocivo.
Norme Europee per i disinfettanti e gli antisettici
Oltre a questi riferimenti sono state introdotte, con norme tecniche europee EN 14885: 2019 disinfettanti chimici e antisettici - Norme Europee per i disinfettanti e gli antisettici altri metodi di prova, obbligatori e opzionali, per verificare l’efficacia dei prodotti disinfettanti da utilizzare per la frizione alcolica, il lavaggio igienico delle mani e il lavaggio chirurgico delle mani, quali:
1.EN 13727:2015 Disinfettanti chimici ed antisettici - Prova quantitativa in sospensione per la valutazione dell'attività battericida in area medica - Metodo di prova e requisiti (fase 2, stadio 1)
2.EN 13624:2013 Disinfettanti chimici ed antisettici - Prova quantitativa in sospensione per la valutazione dell'attività fungicida o lieviticida in campo medico - Metodo di prova e requisiti (fase 2, stadio 1)
3.EN 14348:2005 Disinfettanti chimici ed antisettici - Prova quantitativa in sospensione per la valutazione dell'attività micobattericia dei disinfettanti chimici nel campo medico, compresi i disinfettanti per strumenti- Metodi di prova e requisiti (fase 2/stadio 1)
È evidente come i prodotti a base alcolica per l’igiene delle mani che seguono questo iter autorizzativo e sono sottoposti a test di valutazione dell’efficacia antimicrobica devono rappresentare uno standard per l’acquisto e l’utilizzo in ambito sanitario per garantire l’efficacia del prodotto nella prevenzione del rischio infettivo.
La scelta di utilizzare, in piena emergenza pandemica, prodotti igienizzanti per le mani registrati come cosmetici non garantisce di fatto lo stesso standard di controllo dell’efficacia di disinfettante certificato come P.M.C.
La stessa definizione di prodotto cosmetico prevista dal regolamento europeo ci fa comprendere che la sua funzione non è quella di un disinfettante; per cosmetico, infatti, si intende un prodotto che deve «essere applicato sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistemi piliferi e capelli, unghie, labbra e genitali esterni)» con la funzione di:
Pulizia
Profumazione
Modifica dell’aspetto
Protezione
Mantenimento in buono stato
La definizione è chiara e inequivocabile tale da non essere confusa con altre classi di prodotti che hanno finalità terapeutiche e preventive. Non viene richiesta nessuna azione disinfettante da un cosmetico, ma l’interpretazione del regolamento europeo permette di attribuire ai prodotti cosmetici un’azione “igienizzante” come una funzione accessoria a quella della detersione.
Utilizzando il buonsenso si potrebbe dire che, essendo la funzione principale dei disinfettanti a base alcolica svolta dall’azione dall’alcool, questo è di fatto presente anche negli igienizzanti e quindi anche utilizzando questo tipo di prodotto si ottiene una riduzione della carica microbica delle mani.
Malgrado quest’aspetto positivo l’utilizzo dei cosmetici per l’igiene delle mani presenta alcuni aspetti critici, quali:
L’utilizzo di sostanze per la profumazione e la colorazione dei prodotti cosmetici possono aumentare il rischio di reazione allergiche o irritative delle mani e ridurre l’adesione del personale all’igiene delle mani quando il suo utilizzo e frequenti come quello richiesto dai cinque momenti dell’igiene delle mani
I prodotti utilizzati nel prodotto cosmetico potrebbero interferire con la molecola disinfettante, ma in questo caso non sono richiesti test specifici
Le etichette dei flaconi possono non indicare la percentuale di alcool presente che secondo l’indicazione OMS deve essere compresa tra il 60-80% e neppure se questa percentuale è espressa sul peso (p/p) a su volume (v/v)
L’emergenza, la difficoltà di produzione e di reperimento del prodotto, ma anche i tempi autorizzativi ci hanno portato ad utilizzare prodotti igienizzanti per le mani in ambito sanitario, ma adesso che ci stiamo allontanando dall’emergenza è necessario che si ritorni agli standard di qualità previsti per l’igiene delle mani.
Numeri in ribasso su tutti i fronti. Proprio quando il paese ha dovuto affrontare la pandemia da Coronavirus mettendo in campo il ‘sistema salute’, non ha potuto contare sulle risorse necessarie perché negli anni i tagli sono stati pesanti e penalizzanti.
Dal 2010 al 2018 la spesa sanitaria pubblica è aumentata solo dello 0,2% medio annuo, molto meno dell’incremento del Pil che è stato dell’1,2% e il numero di posti letto è diminuito di circa 33 mila unità. A far emergere il sottofinanziamento della sanità, insieme alla devolution che ha di fatto creato 21 diversi sistemi sanitari regionali, sono i dati della XVII edizione del “Rapporto Osservasalute” curato dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane che opera nell’ambito di Vihtaly, spin off dell’Università Cattolica, presso il campus di Roma.
“La crisi drammatica determinata da Covid-19 ha improvvisamente messo a nudo fino in fondo la debolezza del nostro sistema sanitario e la poca lungimiranza della politica nel voler trattare il SSN come un’entità essenzialmente economica alla ricerca dell’efficienza e dei risparmi, trascurando il fatto che la salute della popolazione non è un mero ‘fringe benefit’, ma un investimento con alti rendimenti, sia sociali sia economici”, afferma il Direttore dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane Walter Ricciardi, professore ordinario di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica.
“L’esperienza vissuta ha dimostrato che il decentramento della sanità, oltre a mettere a rischio l’uguaglianza dei cittadini rispetto alla salute, non si è dimostrato efficace nel fronteggiare la pandemia. Le Regioni non hanno avuto le stesse performance, di conseguenza i cittadini non hanno potuto avere le stesse garanzie di cura. Il livello territoriale dell’assistenza si è rivelato in molti casi inefficace, le strategie per il monitoraggio della crisi e dei contagi particolarmente disomogenee, spesso imprecise e tardive nel comunicare le informazioni”, rileva il Direttore scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane Alessandro Solipaca.
Nel 2017 il numero di medici e odontoiatri del Ssn è di 105.557 unità, registrando un calo dell’1,5% rispetto al 2014, quando i medici erano 107.276. Diminuiscono dell’1,7% anche gli infermieri che passano da 269.151 nel 2014 a 264.703 nel 2017 con riduzioni più marcate in Abruzzo, Liguria, Friuli-Venezia Giulia e Molise. Il tasso di medici e odontoiatri del Ssn per 1.000 abitanti è in diminuzione, a eccezione di Trentino-Alto Adige, Puglia, Umbria e Sardegna. In particolare, in tutte le Regioni del Centro e del Sud e delle Isole la riduzione del tasso di medici e odontoiatri per 1.000 abitanti risulta più marcata e in via generale con valori superiori al dato nazionale.
Mentre la spesa pubblica in otto anni è aumentata solo dello 0,2%, la spesa privata delle famiglie è aumentata al 2,5%. Nel 2018, la spesa sanitaria complessiva, pubblica e privata sostenuta dalle famiglie, ammontava a circa 153 miliardi di euro, dei quali 115 miliardi di competenza pubblica e circa 38 miliardi a carico delle famiglie. Sacrifici che non sono neppure stati premianti visto che sempre hanno prodotto un aumento di efficienza dei servizi, ma anzi spesso si sono tradotti piuttosto in una riduzione dei servizi offerti ai cittadini. Per esempio, dal 2010 al 2018 il numero di posti letto è diminuito di circa 33 mila unità, con un decremento medio dell’1,8%.
Dal punto di vista dell’attività di assistenza erogata dagli ospedali, il Rapporto mostra che il tasso standardizzato di dimissioni ospedaliere a livello italiano mostra un andamento in progressiva riduzione nel periodo 2013-2018, passando da 155,5 ricoveri su 1.000 residenti del 2013 a 132,4 per 1.000 del 2018.
Tagli, riduzioni, regionalizzazioni dei servizi, si riverberano inevitabilmente sulla gestione di emergenze sanitarie come l’epidemia da Covid-19, il cui tratto dominante, in Italia, è stato infatti di disomogeneità nella gestione dei contagiati sul territorio.
Tante differenze nella gestione dei contagiati tra le Regioni: il Veneto ha la quota più bassa di ospedalizzati e quella più alta di soggetti positivi posti in isolamento domiciliare. All’inizio della pandemia questa Regione aveva in isolamento domiciliare circa il 70% dei contagiati, nell’ultimo periodo oltre il 90%.
Atteggiamento diverso della Lombardia e del Piemonte che hanno percentuali di ospedalizzazione tra il 50% e il 60% all’inizio della pandemia, per poi crescere e oscillare tra il 70 e l’80% nella prima metà di marzo, quando nelle altre Regioni diminuisce; infine, scendono sotto il 20% a partire dalla fine di aprile, primi di maggio.
Toscana e Marche hanno approcci simili, entrambe ospedalizzano oltre il 60% dei contagiati fino ai primi di marzo, scendono sensibilmente a meno del 30% alla fine di marzo e sotto il 20% dalla seconda metà di aprile.
Di questa emergenza sanitaria colpiscono anche le differenze regionali del tasso di letalità, che in Lombardia raggiunge il 18%, in Veneto un massimo del 10%. Emilia-Romagna, Marche e Liguria sono le altre Regioni con la letalità più elevata, tra il 14-16%. Non è chiara la spiegazione di questo dato, verosimilmente si è verificata una sottostima del numero di contagiati (il denominatore del rapporto con il quale si misura la letalità). Questa circostanza richiama la scarsa qualità del monitoraggio effettuato da alcune Regioni.
Tamponi – Il Veneto ne ha effettuati il numero più alto in rapporto alla popolazione, circa 50 ogni 100 mila abitanti all’inizio del periodo, fino a punte superiori a 400 agli inizi di giugno. La Puglia è la Regione con il numero minore di tamponi effettuati, meno di 100 ogni 100 mila abitanti. Colpisce la variabilità nel tempo fatta registrare da tutte le Regioni, in particolare il Veneto e le Marche.
Influenza e vaccino – Il Rapporto Osservasalute evidenzia che nell’intera stagione influenzale 2018-2019, il 13,61% della popolazione ha avuto una patologia simil-influenzale (Influenza-Like Illness-ILI), per una stima totale di circa 8.072.000 casi. Come di consueto, le ILI hanno colpito maggiormente la popolazione di età pediatrica: nello specifico il 37,28% dei bambini di età 0-4 anni, il 19,75% di età 5-14 anni, il 12,77% di individui di età compresa tra 15-64 anni e il 6,21% di anziani di età ≥65 anni. Nelle ultime due stagioni influenzali l’incidenza delle ILI nella fascia di età 0-4 anni è stata la più alta a partire dalla stagione 2004-2005.
Dal Rapporto emerge che la copertura vaccinale antinfluenzale nella popolazione generale si attesta, nella stagione 2018-2019, al 15,8%, con lievi differenze regionali. Negli anziani ultra 65enni, la copertura antinfluenzale non raggiunge in nessuna Regione neppure i valori considerati minimi dal Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale, che individua nel valore di 75% l’obiettivo minimo perseguibile e nel valore di 95% l’obiettivo ottimale negli ultra 65enni e nei gruppi a rischio. Il valore maggiore si è registrato in Basilicata (66,6%), seguita da Umbria (64,8%), Molise (61,7%) e Campania (60,3%), mentre le percentuali minori si sono registrate nella PA di Bolzano (38,3%), in Valle d’Aosta (45,2%) e in Sardegna (46,5%).
Nell’intero arco temporale considerato (stagioni 2008-2009/2018-2019), per quanto riguarda la copertura vaccinale degli ultra 65enni, si è osservata una diminuzione, a livello nazionale, del 19,8%. Nelle ultime due stagioni (2017-2018/2018-2019), sempre nella classe di età 65 anni e oltre, il valore nazionale mostra un leggero aumento (+0,8%).
Il vaccino per l’influenza diverrà un tassello cruciale nella gestione di eventuali ondate di coronavirus in autunno, perché potrà contribuire a discernere tra influenza e sindrome Covid-19.
“L’esperienza Covid-19 ha acceso i riflettori sulla fragilità dei Servizi Sanitari Regionali nel far fronte alle emergenze – considera il Direttore scientifico Solipaca. In particolare, ha messo in luce la necessità di riorganizzare e sostenere con maggiori risorse il ruolo del territorio che avrebbe potuto arginare, soprattutto nella fase iniziale della pandemia, la portata dell’emergenza evitando che questa si riversasse sulle strutture ospedaliere, impreparate ad affrontare una mole elevata di ricoveri di persone in una fase acuta dell’infezione”.
“Un altro elemento su cui riflettere per il futuro è l’organizzazione decentrata della Sanità Pubblica, le Regioni, infatti, si sono mosse in maniera molto diversa l’una dall’altra – conclude Solipaca -, non sempre in armonia con il Governo nazionale”.