A rilevarlo, alla vigilia del primo maggio, è il primo report dell'Istituto, da cui emerge anche che i casi mortali da contagio sono stati 98, circa il 40% del totale dei decessi sul lavoro denunciati nel periodo preso in esame (tra la fine di febbraio e lo scorso 21 aprile)
Sono più di 28mila i contagi da Covid-19 di origine professionale denunciati all'Inail tra la fine di febbraio e lo scorso 21 aprile. Il 45,7% riguarda la categoria dei 'tecnici della salute', che comprende infermieri e fisioterapisti, seguita da quella degli operatori socio-sanitari (18,9%), dei medici (14,2%), degli operatori socio-assistenziali (6,2%) e del personale non qualificato nei servizi sanitari e di istruzione (4,6%). Lo scrive in una nota l'Inail.
A rilevarlo, alla vigilia delle celebrazioni del primo maggio, è il primo report dell'Istituto dedicato al fenomeno delle infezioni sul lavoro da Covid-19, da cui emerge anche che i casi mortali da contagio sono stati 98, 52 in marzo e 46 in aprile pari a circa il 40% del totale dei decessi sul lavoro denunciati all'Inail nel periodo preso in esame.
"I nostri dati- spiega il presidente dell'Inail, Franco Bettoni- confermano la maggiore esposizione al rischio del personale sanitario, al quale l'Istituto riconosce la presunzione semplice di origine professionale dell'infezione. Con l'avvio della fase 2 dell'emergenza, continueremo a monitorare l'andamento delle denunce di contagio sul lavoro da nuovo coronavirus, anche allo scopo di ricavare informazioni utili per fornire indicazioni sulle misure di prevenzione da adottare con la graduale ripresa delle attività produttive. Nel frattempo, tutti i casi accertati di infezione contratta in occasione di lavoro e in itinere continueranno a essere tutelati dall'Istituto come infortuni, già a partire dal periodo di quarantena".
"Il governo- conferma la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Nunzia Catalfo- lavora in stretta sinergia con l'Inail e con le altre istituzioni coinvolte nella gestione dell'emergenza per fare in modo che la graduale ripresa delle attività avvenga in condizioni di massima sicurezza per tutti, individuando misure di protezione efficaci anche attraverso un confronto costante con le parti sociali. Il protocollo per la sicurezza sui luoghi di lavoro firmato lo scorso 24 aprile è il caposaldo per poter lavorare in sicurezza nella fase 2. Allo stesso tempo andra' assicurato il massimo sostegno ai lavoratori che hanno contratto il virus, a partire dalle categorie più esposte, come gli operatori sanitari impegnati in prima linea per il contenimento della pandemia. La celebrazione del primo maggio deve essere l'occasione per dare il giusto riconoscimento al loro impegno e a quello degli altri lavoratori che negli ultimi due mesi hanno garantito l'erogazione dei servizi pubblici essenziali".
Con soddisfazione abbiamo apprezzato in questo momento di emergenza sanitaria il riconoscimento che protagonisti insostituibili nella cura ed assistenza ai pazienti malati nonché nella stessa prevenzione, insieme ai medici, sono gli infermieri.
Gli infermieri hanno messo in campo:
- la loro competenza per prendersi in carico pazienti con nuovi bisogni assistenziali;
- la loro flessibilità dimostrata nell'aggiornarsi velocemente per poter dare risposte alle esigenze assisten-ziali e di cura di questi pazienti, oltre che per porre in essere attività di prevenzione ed educazione sanitaria fondamentale per contenere la diffusione. Ricordiamo infatti che nel giro di pochi giorni interi ospedali sono stati trasformati per far fronte all'emergenza, e di questo lavoro sono chiaramente identificabili i principali protagonisti ma anche i registi, ovvero i colleghi infermieri impegnati sia a livello clinico che organizzativo;
- la loro disponibilità a farsi carico di un numero elevatissimo di pazienti con le loro necessità superando qualsiasi standard prefissato in tempi "normali";
- la loro stessa integrità per assicurare a tutti la migliore assistenza possibile in un contesto che giustamente è stato considerato di guerra.
Il Paese ha potuto contare e sta' contando su questi professionisti della salute per risollevarsi e riportare i cittadini a poter tornare a vivere in contesto il più possibile sereno e con fiducia nel futuro. La responsabilità di questo compito che ci è stato assegnato la sentiamo tutta e per questo tutti ci stiamo impegnando al massimo per avere i risultati che la società auspica.
Per quello che stiamo assicurando vogliamo essere riconosciuti.
La peculiarità della nostra funzione - in questo particolare contesto che stiamo vivendo - è stata messa in evidenza in modo inequivocabile da questa drammatica prova che ci ha trovati impreparati dal punto di vista delle forze in campo (carenza infermieristica più volte denunciata) ma non dalla capacità di rispondere con competenza e con un altissimo senso del dovere trasmessoci da nostro codice deontologico
Il riconoscimento, per quello che siamo, e lo dimostriamo con quello che stiamo facendo, non può che essere - al pari del nostro impegno - da subito, attraverso idonei provvedimenti legislativi come:
1) costituzione di un'apposita sezione contrattuale per le professioni infermieristiche, ai sensi di quanto già definito dall'ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 40 del D.lgs. 165/01. Questa come risposta alla competenza e capacità dimostrata in situazioni estreme, dalla nostra professione, che è si dimostrata una risorsa essenziale ed insostituibile per far fronte alla crisi;
2) istituzione di una indennità infermieristica come parte del trattamento economico fondamentale che rico-nosca e valorizza sul piano economico le profonde differenze rispetto alle altre professioni sanitarie che si sono manifestate in tutta la loro evidenza in questa crisi. Esiste già nel nostro ordinamento un esempio di riferimento che riguarda la dirigenza sanitaria, con l'indennità di specificità medica in essere per le stesse ragioni per le quali oggi la chiediamo anche per la professione infermieristica;
3) garanzie su adeguamento dei fondi contrattuali e possibilità di un loro utilizzo per un'indennità specifica e dignitosa per tutti i professionisti che assistono pazienti con un rischio infettivo;
4) garanzie su un adeguamento della normativa sul riconoscimento della malattia professionale in caso di infezione con o senza esiti temporanei o permanenti;
5) immediato adeguamento delle dotazioni organiche per quanto attiene al personale infermieristico, con pari aggiornamento della programmazione degli accessi universitari;
6) aggiornamento della normativa sull'accesso alla direzione delle Aziende di Servizi alla Persona. L'emer-genza che stiamo vivendo ha messo in rilievo che non è possibile prescindere da una competenza sanitaria di tipo assistenziale a garanzia degli ospiti;
7) immediata possibilità per gli infermieri pubblici – superando in vincolo di esclusività - di prestare la loro attività professionale a favore di strutture socio-sanitarie (RSA, case di riposo, strutture residenziali, riabi-litative...), per far fronte alla gravissima carenza di personale infermieristico di queste strutture. Ancora, opportunità per il personale infermieristico nelle strutture pubbliche del SSN, in carenza di personale, di attivare le prestazioni aggiuntive come da comma 2 del DL 12/11/2001 n. 402, convertito c.m. in L. 1/2002;
8) le norme relative all'autorizzazione ed all'accreditamento delle strutture sanitarie private dovranno rece-pire le indicazioni definite per le strutture pubbliche in tema di requisiti organizzativi conseguenti alle innovazioni di cui ai punti precedenti.
Colgo l'occasione per formulare, a nome di tutto il Comitato Centrale, un augurio di buona Pasqua e di vera rinascita, per il nostro Sistema Sanitario e il nostro Paese.
La Presidente
Barbara Mangiacavalli
I quattro ordini delle Professioni Infermieristiche della Regione Abruzzo “a nome e per conto dei circa 12.000 iscritti, intendono esprimere il loro totale disappunto sulla mancanza di rispetto e considerazione della professione infermieristica dimostrata da questa Regione, che in merito all’emergenza Covid-19 è emersa in tutta la sua miseria”. Gli infermieri abruzzesi lo fanno in una lunga missiva indirizzata al presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, all’assessore alla Sanità, Nicoletta Verì, ed ai direttori generali delle 4 Asl.
“I DPI forniti dalla regione risultano inadeguati, manca totalmente la fornitura di copricapo integrali in TNT impermeabili, che possano coprire testa e collo, ci si limita solo alla cuffia, i camici si aprono sul retro, perché non hanno la doppia allacciatura (una interna e una esterna), si alza sul davanti quando si cammina, non ha uno schermo di protezione lungo le braccia (interventi di pronosupinazione o di broncoaspirazione), aumentano di fatto il rischio di contaminazione, la fornitura di alcune tute non a norma in quanto manca il requisito contro gli agenti infettivi EN 14123, tra l’altro nemmeno previste tra i DPI, mentre sarebbero le più indicate perché proteggono tutto il corpo. Inoltre anche se le disposizioni ministeriali indicano tra i DPI di protezione da indossare, il camice, nulla vieta alla Regione di elevare il grado di protezione e sicurezza degli operatori L. 81 del 2008, nell’ultimo Rapporto ISS COVID-19, n. 2/2020 Rev. aggiornato al 28 marzo 2020, si raccomanda di valutare a livello locale quale sia il DPI più idoneo nei vari contesti da utilizzare, ma oltre al danno anche la beffa, infatti a pagina 10 del documento si consiglia “l’uso di stivali o scarpe da lavoro agli addetti delle pulizie per ripararsi da eventuali schizzi di materiale organico”, e i nostri decisori dovrebbero essere a conoscenza che l’assistenza a questa tipologia di malati prevede interventi invasivi e non, con rischio di schizzi di materiale organico in molti contesti dove si opera, che va dalle terapie intensive ai reparti Covid+, fino ad arrivare a considerare gli interventi sul territorio (118, territorio), mentre nel documento regionale non sono previsti i gambali di protezione contravvenendo non solo alla norma, ma esponendo tutti i lavoratori ad un rischio di contagio, poiché di fatto gli arti inferiori e le calzature non vengono protette. L’insufficienza inoltre dei DPI porta a non prevedere un cambio durante un turno di lavoro, trattenendo qualsiasi bisogno fisiologico che va dalle 8 alle 10 ore”.
L’esclusione totale della professione infermieristica, in merito all’Emergenza Covid E ancora: “Ad oggi, il ruolo della professione infermieristica è considerato quale mero esecutore, nessuna condivisione e/o partecipazione ad attività direttive o di programmazione a livello regionale è stata prevista. Unico progetto orientato sul territorio e che diffidiamo le USCA. E’ di tutta evidenza che, così articolata e declinata la previsione di un “collaboratore del medico”, la figura professionale dell’infermiere non solo viene ingiustificatamente e immotivatamente individuata come “collaboratore”, e dunque non considerando la sua autonomia professionale quale “responsabile dell’assistenza”, ma, soprattutto, viene creata, in maniera del tutto illegittima e arbitraria, una sorta di incomprensibile equivalenza di funzioni tra infermiere, oss e autista, professionalità che, è o dovrebbe essere notorio, equivalenti non sono, con evidente e altrettanto illogica corrispondenza e parità di attribuzione fra le tre figure, così creando una indebita interscambiabilità tra gli stessi, e ciò in aperta violazione di legge. Inoltre, l’Ordinanza in argomento fa sì che non sia il medico dell’USCA che, di volta in volta, e in ragione della specificità del caso concreto, sceglie l’operatore che ritiene maggiormente idoneo e competente per fare fronte al suddetto caso, ma è l’Azienda che fornisce, indifferentemente, non essendo previsto tra l’altro alcun criterio di ragionevole selezione, un infermiere piuttosto che un OSS o, piuttosto, un autista. Si tratta di una scelta non solo incomprensibile ma del tutto illogica e viziata per eccesso di potere laddove pretende non solo di attribuire alla figura dell’infermiere quella di collaboratore del medico, secondo la vecchia e legislativamente superata logica ancillare dell’ausiliarietà della professione infermieristica a quella medica, ma anche e soprattutto, come già sottolineato, laddove rende sovrapponibili, e dunque interscambiabili, le suddette figure professionali, del tutto diverse tra loro per competenze, profili professionali, mansioni, livelli contrattuali”.
In conclusione: “Tutto quanto sopra considerato si invita e diffida la Giunta regionale a voler modificare, in parte qua, e per le ragioni suesposte, l’Ordinanza del Presidente della Giunta Regionale dell’Abruzzo n. 11 del 20.03.2020 laddove dispone che le Aziende forniscano alle U.S.C.A. un’auto aziendale e, ove possibile, un collaboratore: infermiere/oss/autista, in maniera indistinta e indifferente, e di affidare all’infermiere le attività di triage. In mancanza, gli Ordini professionali, in forza dei fini e degli obiettivi riconosciuti allo stesso dalla legge dello stato (cfr. art. 4, legge 3/2018), si vedrà costretto a tutelare la valorizzazione della funzione sociale degli infermieri iscritti all’Albo presso le competenti sedi”.
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