Il presidente OPI Teramo sarà presente all'evento organizzato dall' UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL'AQUILA DIPARTIMENTO DI MEDICINA CLINICA, SANITÀ PUBBLICA, SCIENZE DELLA VITA E DELL'AMBIENTE dal titolo "Nightingale" and "Epidemie" and "Nursing" and "Italia" Storia della nascita del nursing moderno e riflessioni sul nightingalismo italiano. L'evento sarà trasmesso in diretta streaming sul canale youtube di UNIVAQ (www.univaq.it/live) il 12 Maggio dalle ore 11:00 alle ore 13:00.
Rappresentanti delle istituzioni agli Infermieri italiani
- Edoardo Alesse Magnifico Rettore UNIVAQ
- Guido Macchiarelli Direttore Dipartimento MeSVA UNIVAQ
- Maria Grazia Cifone Delegato Didattica Dipartimento MeSVA UNIVAQ
- Nicoletta Verì Assessore regionale alla Sanità Regione Abruzzo
- Maria Grazia De Marinis Presidente Società Italiana Scienze InfermieristicheI
- Giancarlo Cicolini Comitato Centrale FNOPI
- Roberto Testa Direttore Generale ASL 01 Abruzzo
- Maurizio di Giosia Direttore Generale ASL 04 Abruzzo
- Maria Luisa Ianni Presidente OPI L'Aquila
- Cristian Pediconi Presidente OPI Teramo
Interventi
Florence Nightingale e la nascita del nursing moderno
Loreto Lancia Presidente CLM SIO UNIVAQ
La circolazione del Modello Nightingale nell'Italia della prima metà del '900
Olivia Fiorilli Contemporaneista
Moderatore
Cristina Petrucci Presidente CL Infermieristica UNIVAQ
Gentile Direttore,
tra le tante voci che, che pur con i toni ed i punti di vista più diversi, hanno occupato le cronache, gli scenari dei talk-show, e le enunciazioni tanto spesso contraddittorie delle politiche per la gestione di una emergenza ancora in cerca di soluzione, ha prevalso l'elogio dell'opera degli infermieri, riconosciuti come una componente determinante, addirittura eroica, di strategie di intervento che hanno visto una collaborazione, al di là di qualsiasi attesa, (a livello sanitario, assistenziale, organizzativo) di tutto il personale.
Gli infermieri, anche in un momento nel quale sono stati visti come protagonisti di uno scenario di guerra, hanno voluto chiarire, fuori da ogni retorica (attraverso le parole di un'infermiera di Genova al direttore della sua ASL) che "l'unico scenario in cui ci troviamo è quello della cura con professionisti che, nonostante le condizioni disastrose in cui versa la nostra sanità, non cessano di prestare la loro opera. Il COVID 19 non è un nemico da sconfiggere, bensì una malattia da curare con strumenti adeguati: formazione del personale rapida ma di qualità, adeguati mezzi e dispositivi di sicurezza in attesa di cure mediche più certe... La cura dei pazienti passa attraverso la cura che si ha del personale, nella preoccupazione che tutto sia stato garantito affinché infermiere, infermieri e medici vengano preservati come un bene prezioso." (1)
Non eroi: professionisti che non si sono sottratti, spesso senza le protezioni dovute e necessarie, ed hanno con impegno, ad assistere. L'accento è ora sul dopo. Una fase molto critica che deciderà se e come ciò che deve essere cambiato in quanto riconosciuto come imprescindibile in tutte le analisi ed i rapporti sull'emergenza, può essere concretamente tradotto in un'agenda operativa.
Un Servizio sanitario nazionale (SSN) deve avere la funzione di presa in carico, e il personale infermieristico come uno degli assi portanti, in piena collaborazione, ma con una rappresentanza alla pari, in termini decisionali ed operativi, con gli altri attori del sistema.
Questa prospettiva non vuole essere una rivendicazione corporativa, bensì la traduzione in atti di una corretta interpretazione di quanto l'emergenza ha insegnato, trasversalmente a tutti gli scenari, mettendo in evidenza lacune e disservizi legati soprattutto a:
- la carenza di una rete di assistenza diversificata (ospedale, territorio, prevenzione) e non concentrata solo sull'ospedale;
- la insufficienza di una continuità assistenziale (contatti tra MMG, ospedale, servizi di assistenza domiciliare) in grado di fornire un aiuto concreto per sostenere i pazienti;
- la scarsità di risorse adeguate ai reali bisogni degli utenti che ne hanno bisogno sia sul territorio (numero limitato di Unità Speciali di Continuità Assistenziale), che in ospedale, dove i contagi tra gli infermieri hanno messo in difficoltà organici già in estrema sofferenza.
- l'assoluta necessità di competenze specialistiche: infermieri di rianimazione, esperti in malattie respiratorie, addetti al controllo delle infezioni ospedaliere...., fino ad ora non riconosciute a livello contrattuale, ma solo grazie ad accordi aziendali;
- gli organici carenti in RSA con personale in numero non adeguato per evitare contenzioni, per fare sorveglianza gli ospiti, e di una gestione più trasparente tra pubblico e privato (con le dovute eccezioni, sono anni che si continuano a documentare i problemi delle RSA private);
Fino a quando l'assistenza sul territorio verrà garantita da personale di cooperativa, pagato ad accessi o turni e non per progetto di presa in carico, se non si investirà sulla formazione e sulla preparazione di chi lavora (difficile farlo quando le equipe assistenziali non sono stabili nel tempo) non sarà possibile fornire un servizio sicuro e di qualità.
Nulla di nuovo, si potrebbe dire, anche se confermato in modo autorevole nell'editoriale di Lancet (2) che evoca come assolutamente attuale per l'anno dell'infermiere quanto affermato, più di 15 anni fa, da Nick Black (3), Professore di Ricerca nei Servizi Sanitari (London School of Hygiene and Tropical Medicine): "Se si vogliono mantenere gli ospedali pubblici, le infermiere/i devono avere un ruolo centrale..... Nonostante si riconosca l'importanza degli infermieri, questi sono ancora esclusi dalle iniziative mediche, manageriali di sviluppo di politiche e strategie assistenziali. ...Il 19mo secolo ci insegna che gli infermieri devono essere centrali in tutti gli aspetti dell'assistenza, non solo in quelli ritenuti appropriati dai medici". Purtroppo ad una presenza importante degli infermieri nel quotidiano dell'assistenza, si è associata la loro assenza ai tavoli decisionali.
Il "niente sarà più come prima" non può essere un mantra troppo facilmente ed evasivamente ripetuto. L'ennesima dimostrazione della capacità degli infermieri di sapersi organizzare, di reinventare l'assistenza, di garantire vicinanza e presa in carico, nei modi più diversi; di garantire la sicurezza di pazienti ed operatori sanitari riorganizzando reparti ed i percorsi ha sottolineato, se mai ce ne fosse bisogno, la capacità di sapersi prendere cura delle persone.
Tutto questo deve tradursi anzitutto, in questo 'dopo' che già si vive e a tutti i livelli (nazionale, regionale, aziendale) si devono prendere decisioni da attuare progressivamente, nel riconoscimento formale della 'normalità' di una costante presenza infermieristica qualificata nei tavoli decisionali .
A tutt'oggi, alle chiare prese di posizione degli organismi rappresentativi (la FNOPI con i 7 punti prioritari per dare una medaglia reale agli infermieri) sembrano corrispondere ancora situazioni nelle quali la presenza infermieristica è praticamente simbolica. Ad esempio tra i 25 componenti CTS della Regione Lombardia, sono pluri-rappresentati igienisti, anestesisti-rianimatori, epidemiologi, pneumologi, medici del lavoro... ma c'è una sola infermiera che, per quanto molto brava, non può rappresentare i diversi punti di vista (assistenza domiciliare, in comunità, ospedale). Chi ha esperienza sul campo conosce le sfide per garantire l'isolamento dei pazienti in comunità, a domicilio...
Una rappresentanza a livello dirigenziale infermieristico anche a livello territoriale (ASL, ATS, cure domiciliari, RSA di una certa dimensione) avrebbe potuto garantire una presa di decisioni rapida in merito a organizzaizone del personale, flessibilità nella turnistica, creazione di percorsi assistenziali differenziati, presa in carico utenti, spostamento risorse tra contesti, attivazione di protocolli per prevenire i contagi, formazione sull'utilizzo corretto dei DPI, potenziamento rete territoriale, ecc.
La storia di questi mesi, con il prevalere dello spirito di squadra, ha fatto vedere quanto devono essere considerate regressive le diatribe interprofessionali (tra medici e infermieri, tra infermieri e altri operatori). Le tante, tantissime storie di attenzione, abnegazione (infermieri e operatori rimasti in RSA per non portare dentro il contagio), solidarietà e vicinanza, non tutte arrivate alla cronaca, raccontano quanto sia importante mettere nelle condizioni di lavorare al meglio quanti in questi giorni si sono prodigati per chi ha avuto bisogno e per chi non ce l'ha fatta.
Non c'è dubbio che toccherà anche al mondo infermieristico un impegno importante ed urgente di revisione dei tanti aspetti del percorso formativo, e della definizione di funzioni dell'organizzazione assistenziale.
Ma l'emergenza oggi si deve tradurre nella capacità di pensare al futuro come una ricerca collaborativa/integrata che assicuri di poter rispondere alle tante 'epidemie' di pazienti e cittadini esposti alla sistemica fragilità di un SSN che si è frammentato ed allontanato, con dis-investimenti intollerabili di risorse da dedicare alla cura, dalla priorità di fare della sanità un bene comune costituzionalmente garantito.
Paola Di Giulio, Valerio Dimonte
Università di Torino
Rosaria Alvaro
Università di Tor Vergata
Maria Grazia Demarinis
Università Campus Biomedico di Roma
Paola Gobbi
ATS Brianza, Monza
Loreto Lancia
Università dell'Aquila
Dario Laquintana
Ospedale Maggiore Policlinico Milano
Ermellina Zanetti
Aprire Network
Bibliografia
1. Brusasco L. Basta con l'insopportabile linguaggio di guerra, noi curiamo non combattiamo". Genova24.it https://www.genova24.it/2020/04/coronavirus-basta-con-linsopportabile-linguaggio-di-guerra-noi-curiamo-non-combattiamo-234099/
2. Editorial. The status of nursing and midwifery in the world. Lancet 2020;395:1167.
3. Black N. Rise and demise of the hospital: a reappraisal of nursing. BMJ 2005;331:1394-6.
RSA (e più in generale le strutture residenziali per anziani) primo bersaglio di COVID-19 in tutta Europa.
La ragione è la maggiore vulnerabilità delle persone anziane e non autosufficienti ospitate in tali strutture.
Per questo Senior Italia FederAnziani ha deciso di costituire un Advisory Board formato dai massimi esperti del settore sanitario alfine di offrire suggerimenti alle direzioni delle RSA sulla gestione dell'emergenza e di avanzare in merito precise proposte ai decisori politici.
Ricerca di soluzioni alternative, come gli alberghi, rispetto al trasferimento nelle RSA dei pazienti positivi al COVID-19 paucisintomatici o che hanno superato la fase acuta; esecuzione dei tamponi sia agli ospiti che agli operatori, inclusi quelli in attesa di rientrare in struttura al termine della quarantena; garanzia di adeguata fornitura di dispositivi di protezione individuale agli operatori; formazione del personale alla gestione delle emergenze; supporto psicologico a ospiti e famiglie con una particolare attenzione alla trasparenza nella comunicazione; chiarezza organizzativa e delle responsabilità: sono le indicazioni che emergono nel documento Gestione dell'emergenza COVID 19 nelle strutture residenziali per anziani elaborato dal prestigioso Advisory Board scientifico.
E anche garanzia della qualificazione dei responsabili delle funzioni di coordinamento, prevedendo un ruolo di primo piano per l'infermiere con funzioni di coordinamento, e direzione con logiche di multidisciplinarietà.
In questo senso i responsabili delle funzioni di coordinamento e direzione devono assicurare l'acquisizione e l'aggiornamento delle competenze organizzative e gestionali utili a indirizzare l'organizzazione al rispetto delle corrette pratiche igienico sanitarie nell'emergenza e all'appropriatezza della gestione dei pazienti positivi e non. Predisporre norme che favoriscano la stabilizzazione del personale per garantirne la qualificazione e preparazione e un'adeguata dotazione organica.
Centrale poi il problema deli dispositivi di protezione: "E' fondamentale adottare una speciale attenzione per la prevenzione e il controllo delle infezioni all'interno delle RSA, riconoscendo il ruolo di primo piano di tali strutture come spina dorsale del sistema di welfare e la particolare vulnerabilità dei loro residenti. – si legge nel documento – Deve essere garantita a ogni RSA una preventiva dotazione di DPI adeguati, sufficienti per residenti e personale per almeno due settimane e, sin dalle prime fasi, deve esserne garantito, in caso di epidemia, il regolare e costante approvvigionamento. Devono essere distribuiti fondi a copertura di tutti i maggiori costi per DPI sostenuti nel corso dell'emergenza".
Il documento non dimentica i tamponi che: "devono essere effettuati in modo sistematico e non a macchia di leopardo, con esiti garantiti in tempi rapidi. Occorre estendere il controllo agli asintomatici, sia tra i pazienti che tra gli operatori, poiché la comparsa della sintomatologia, quando c'è, evidenzia l'esistenza di una situazione già critica e consentire anche l'utilizzo dello screening sierologico venoso. Va stabilita una corsia preferenziale per effettuare i tamponi agli operatori che, al termine della quarantena, devono effettuare il controllo per poter tornare a lavorare, in modo da evitare carenze di personale".
Poi va potenziato il territorio, devono essere fornite alle RSA adeguate informazioni circa le procedure da rispettare per contenere l'infezione, così come avviene negli ospedali pubblici, devono essere previste per le RSA, soluzioni idonee all'isolamento dei casi positivi COVID 19 clinicamente non complessi e gestibili all'interno delle strutture, la possibilità di utilizzare, sistemi di telemonitoraggio cardiorespiratorio, per individuare precocemente il deterioramento dei parametri vitali e consentire il tempestivo trasferimento dei residenti in ospedali COVID adeguatamente attrezzati.
Non va trascurato l'impatto psicologico dell'emergenza, da gestire con un adeguato supporto a famiglie e ospiti, anche attraverso la strutturazione di unità dedicate a questo scopo e incentivando la comunicazione verso i familiari. Particolare attenzione va dedicata alla prevenzione dello stress e del burnout per coloro che lavorano all'interno delle strutture.
Una particolare attenzione si raccomanda nella vaccinazione, dando priorità alle RSA per i vaccini contro lo pneumococco e (nella stagione invernale) quelli anti-influenzali, come da raccomandazioni dell'OMS.
Un capitolo a parte è quello dedicato alla gestione delle cronicità degli ospiti, per cui è necessario rafforzare tutte le azioni necessarie alla gestione preventiva e terapeutica delle cronicità. In particolare, vanno attentamente considerate le difficoltà relative alla gestione delle patologie preesistenti e messe in essere tutte le procedure idonee ad evitare che queste vengano ad essere meno controllate e/o ipotrattate in una popolazione fragile come quella degli anziani ospiti delle RSA. È necessario potenziare l'attività della specialistica ambulatoriale delle ASL in particolar modo dedicata per l'assistenza domiciliare e per attività nelle RSA per garantire prestazioni e diagnostica riservando, così, all'ospedale solo casi complessi che ne richiedano il ricovero.
Anche la riabilitazione conserva un ruolo centrale nell'emergenza: anche nelle RSA, ogni intervento riabilitativo per disabilità di origine differente, anche come esiti della Covid-19, deve essere gestito da un team multidisciplinare giudato dal fisiatra.
Infine, una nota sulla mortalità degli anziani presso il proprio domicilio, che secondo quanto emerso dalle ricerche dell'Osservatorio Settoriale sulle RSA della LIUC Business School, coinvolto nell'Advisory Board, non va considerato necessariamente un luogo più sicuro delle RSA: "La popolazione anziana rappresenta il segmento demografico che nel suddetto periodo del 2020 registra il più alto incremento dei decessi rispetto alla media dei 5 anni precedenti, anche se le variazioni più alte si sono verificate nelle fasce anagrafiche degli young old (+91,2%) e degli old old (+99,5%), rispetto a quella degli oldest old (+83,8%), al cui interno ricadono in netta prevalenza i tipici utenti delle RSA.
Va, infatti, considerato che l'età media di ingresso nelle RSA negli anni si è progressivamente innalzata e, secondo i dati dell'Osservatorio Settoriale sulle RSA della LIUC Business School, risulta pari a 84,5 anni.
È, quindi, evidente che la mortalità registrata negli anziani dei segmenti anagrafici precedenti sia per lo più riconducibile ad anziani residenti al proprio domicilio, che non è, quindi, necessariamente da considerare un luogo più sicuro delle RSA e/o della altre unità di offerta residenziali del territorio rivolte alla popolazione anziana. Queste evidenze vanno tenute in debita considerazione nel ripensare l'attuale sistema di offerta residenziale, soprattutto al fine di evitare di snaturare immotivatamente il ruolo delle RSA all'interno della filiera dei servizi per la non autosufficienza".
I componenti dell'Advisory Board sono:
Pierluigi Bartoletti – Vice Segretario Generale Nazionale FIMMG
Rossella Costantino – Delegata SIMFER – Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa
Fernando De Benedetto – Delegato Società Italiana di Pneumologia (SIP IRS) e del Centro Studi SIP
Nicola Draoli – Delegato FNOPI
Claudio Ferri – Professore Ordinario in Medicina Interna, Università degli Studi dell' Aquila
Ranieri Guerra – Esperto
Antonio Magi – Segretario Generale SUMAI-Assoprof – Sindacato Unico Medicina Ambulatoriale Italiana e Professionalità dell'Area Sanitaria
Marcella Marletta – già DG della Direzione generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico del Ministero della Salute
Roberto Messina – Presidente Senior Italia FederAnziani
Fabrizio Pregliasco – Virologo, Direttore Sanitario dell'IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano
Mariuccia Rossini – Presidente AGeSPI Nazionale
Antonio Sebastiano – Direttore Osservatorio RSA, Liuc Business School
Eleonora Selvi – Consigliere Nazionale Senior Italia FederAnziani – Responsabile Comunicazione
Angelo Testa – Presidente SNAMI – Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani