RIVISTA L'INFERMIERIE N°5 2022
RIASSUNTO
INTRODUZIONE
I loop recorder impiantabili (implantable loop recorder – ILR) sono dispositivi indicati nel percorso diagnostico di varie tipologie di disturbo cardiaco. Con la miniaturizzazione e con strumenti dedicati la procedura di impianto è stata semplificata rendendola fattibile e sicura anche da infermieri appositamente formati e al di fuori dalla sala di elettrofisiologia.
OBIETTIVO
Esplorare la sicurezza dell’espianto di ILR effettuato da personale infermieristico.
METODI
Analisi retrospettiva osservazionale condotta su una serie di espianti consecutivi di ILR. Le informazioni sono state raccolte dalle cartelle informatizzate di un istituto metropolitano di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), esclusivamente dedicato alle malattie cardiovascolari, relative ai pazienti con ILR espiantato tra gennaio 2019 e gennaio 2021.
RISULTATI
202 pazienti sono stati sottoposti ad un espianto di loop recorder; 197 (97.5%) pazienti avevano un Medtronic Reveal LINQTM, 3 (1.5%) un Medtronic Reveal XTTM e 2 (1%) un Biotronik Biomonitor 2AF. 114 ILR sono stati espiantati da infermieri (56.4%), mentre 88 da medici elettrofisiologi. Le indicazioni all’impianto dell’ILR sono differenti, la principale è il monitoraggio della fibrillazione atriale (44.5%). Non si sono verificati eventi avversi seri nelle 24 ore successive la procedura o nei 30 giorni successivi. Due episodi (1%) di sanguinamento minore sono avvenuti al termine della procedura di espianto e sono stati rapidamente risolti dagli infermieri con la digitopressione.
CONCLUSIONI
L’espianto di loop recorder può essere eseguito autonomamente in sicurezza dagli infermieri appositamente formati, con conseguenti vantaggi per il paziente, per la struttura sanitaria e per gli stessi infermieri.
PAROLE CHIAVE: Loop recorder, infermiere, fibrillazione atriale, task shifting, sincope.
NEW GENERATION LOOP RECORDER EXPLANTATION PERFORMED BY TRAINED NURSES. RESULTS FROM A RETROSPECTIVE STUDY
ABSTRACT
INTRODUCTION
Implantable Loop recorders (ILR) are devices indicated in the diagnostic pathway of various types of heart disease. With miniaturization and dedicated tools, the implantation procedure has been simplified, making it feasible and safe by trained nurses and outside the electrophysiology room.
OBJECTIVE
Explore the safety of ILR explantation performed by nursing staff.
METHODS
Observational retrospective analysis conducted on a series of consecutive ILR explants of. Information was collected from electronic medical records of a metropolitan Institute for Treatment and Research exclusively dedicated to cardiovascular disease, relating to patients with an explanted ILR between January 2019 and January 2021.
RESULTS
202 patients underwent a loop recorder explant; 197 (97.5%) patients had a Medtronic Reveal LINQTM, 3 (1.5%) a Medtronic Reveal XTTM, and 2 (1%) a Biotronik Biomonitor 2AF. 114 ILR were explanted by nurses (56.4%), while 88 by electrophysiologists. The indications for the ILR implant are different, the main one being the monitoring of atrial fibrillation (44.5%). No serious adverse events occurred within 24 hours following explant procedure or 30 days after. Two episodes (1%) of minor bleeding occurred at the end of the explant procedure and were quickly resolved by the nurses with acupressure.
CONCLUSIONS
Loop recorder explant can be performed autonomously and safely by trained nurses with consequent advantages for the patient, for the healthcare facility and for the nurses themselves.
KEY WORDS: Loop recorder, nurse; atrial fibrillation; task shifting; syncope.
IMPLICAZIONI PER LA PRATICA
– L’infermiere appositamente formato è in grado di eseguire l’espianto di loop recorder in sicurezza;
– Nell’esperienza del nostro centro, l’affidamento agli infermieri dell’espianto di loop recorder ha migliorato anche l’allocazione delle risorse.
INTRODUZIONE
I loop recorder impiantabili (implantable loop recorder – ILR), conosciuti anche come monitor cardiaci iniettabili (injectable cardiac monitor – ICM) nella loro evoluzione miniaturizzata più recente, sono sistemi di monitoraggio sottocutanei utilizzati per la diagnosi di patologie del ritmo cardiaco per cui è necessario un monitoraggio continuo e a lungo termine.
Al loro ingresso sul mercato, avvenuto circa 20 anni fa, gli ILR erano utilizzati principalmente nel percorso diagnostico dei pazienti con sincope di dubbia origine o per stabilire la correlazione tra sintomatologia del paziente e aritmie, quali tachicardie ventricolari, bradicardia o pause. Successivamente, con l’introduzione nel dispositivo di appositi algoritmi per il rilevamento della fibrillazione atriale, l’ILR ha assunto un ruolo sempre più importante nella diagnosi e nel monitoraggio dell’esito del trattamento di questa aritmia, asintomatica in molti casi, sia nella popolazione sottoposta all’ablazione delle vene polmonari sia in quella con ictus criptogenico (Moya, 2009; Kirchhof, 2016). La miniaturizzazione degli ICM, rispetto ai precedenti ILR, e la creazione di strumenti appositamente sviluppati per renderne l’impianto minimamente invasivo (Todd, 2014; Pürerfellner, 2015) hanno portato alcune unità di cardiologia ad affidare agli infermieri attività tradizionalmente svolte dal medico elettrofisiologo, quali la fase di impianto e di programmazione dell’ICM, la fase di educazione del paziente all’utilizzo del dispositivo e del controllo remoto e la fase di revisione dei dati trasmessi e di contatto con il paziente nella fase di follow-up remoto (Roebuck, 2015). L’implementazione di protocolli gestionali che delegano il primo impianto e il follow-up del paziente con ICM agli Infermieri appositamente formati si è mostrato sicuro e ha apportato benefici sia al paziente sia alla struttura sanitaria (Cervellione, 2018; Lim, 2019, Eftekhari, 2022). L’aumento considerevole delle procedure di elettrofisiologia e di cardiostimolazione degli ultimi anni e, in particolar modo, quelle di impianto di ILR/ICM dovute all’allargamento delle indicazioni al loro utilizzo, hanno inoltre recentemente indotto alcuni centri a considerare la possibilità di far eseguire agli infermieri anche le procedure di espianto sia degli ICM sia dei precedenti modelli di ILR.
OBIETTIVO
Obiettivo dello studio è esplorare la sicurezza dell’espianto di ILR e ICM da parte di infermieri appositamente formati.
METODI
È stato condotto uno studio osservazionale retrospettivo relativo agli eventi avversi peri-procedurali (ad es. emorragie, ematomi, infezioni) in una serie consecutiva di espianti di loop recorder eseguiti presso l’istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) Centro Cardiologico Monzino di Milano (Italia) tra gennaio 2019 e gennaio 2021. Questo centro è un ospedale metropolitano, accreditato all’interno del Servizio Sanitario Nazionale, esclusivamente dedicato alle malattie cardiovascolari. In questo ospedale è stato stilato un protocollo, condiviso tra lo staff infermieristico, i medici elettrofisiologi e la direzione sanitaria, che coinvolge gli infermieri nella gestione dei pazienti con ILR o ICM dalla fase di impianto (Cervellione, 2018) a quella di follow-up, fino all’espianto e a un eventuale re-impianto del dispositivo.
Questo studio è stato autorizzato dal comitato scientifico e approvato dal “Comitato Etico degli IRCCS Istituto Europeo di Oncologia e Centro Cardiologico Monzino” di Milano.
Aspetti Metodologici
Sono stati inclusi nello studio tutti i pazienti consecutivi sottoposti a espianto di loop recorder da gennaio 2019 a gennaio 2021, a prescindere dalla condizione clinica del paziente.
Una volta recuperato l’elenco dei pazienti che sono stati sottoposti a espianto, si è provveduto a ricercare la cartella clinica informatizzata di ricovero per estrapolare le informazioni di interesse. Sono stati raccolti i seguenti dati: dati anagrafici (età e genere), dati clinico assistenziali (peso, altezza, BMI, assunzione di farmaci antiaggreganti e/o anticoagulanti), dati relativi alla procedura di espianto (tipo di ILR espiantato, operatore, posizione di inserimento del dispositivo, modalità di sutura, esecuzione di profilassi antibiotica se prescritta dal medico), complicanze (sanguinamento immediato o dopo 24 ore, ematoma a 10 giorni dall’impianto, infezione a 30 giorni dall’impianto), indicazioni all’impianto di ILR (tutte le principali aritmie e le patologie che possono provocare eventuali aritmie, quali la Sindrome di Brugada, o che possono indurre delle patologie secondarie, quali l’ictus criptogenetico), dati relativi alla possibilità di un eventuale reimpianto (tipo di dispositivo, operatore, modalità di sutura, complicanze al reimpianto).
Descrizione dei dispositivi espiantati
La maggior parte dei dispositivi utilizzati, e quindi espiantati, nel centro è costituita da ICM Medtronic Reveal LINQTM. Questo dispositivo è caratterizzato da un volume di soli 1.2 cc, ha un peso di 2.5 g, una distanza tra gli elettrodi di 38 mm, ha una durata di 3 anni e permette la registrazione di 59 minuti totali di episodi (rilevati automaticamente o attivati dal paziente). Altri dispositivi espiantati sono stati: ILR Medtronic Reveal XTTM con un volume di 9 cc, una distanza tra gli elettrodi di 40 mm, un peso di 15 g e una durata di 3 anni e infine ILR Biotronik Biomonitor 2AF con un volume di 5 cc, un peso di 10 g e una durata di 4 anni. La maggior parte dei dispositivi era stata impiantata in zona parasternale sinistra, a livello del 4°-5° spazio intercostale, con un’inclinazione di 45° rispetto al bordo dello sterno come da linee guida del costruttore (Figura 1).
Un intervento quello della Presidente FNOPI Barbara Mangiacavalli, nel corso della trasmissione TG2 post, volto non solo a condannare i deprolevori atti aggressivi nei confronti del personale sanitario ma a lanciare un grido di allarme sulla mancanza dello stesso e su come, in particolare la professione infermieristica, sia una professione ormai poco attrattiva su diversi punti di vista in particolare economico e di carriera.
Una realtà sotto gli occhi di tutti i cittadini che subiscono le conseguenze di tali mancanze, condizioni a cui le istituzioni devono inevitabilmente dare una risposta.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che oltre 56,8 milioni di persone nel mondo necessitino di cure palliative prima della morte.
Le persone con demenza e cancro rappresentano la maggior parte di questo bisogno. La maggioranza (61,1 %) sono adulti di età superiore ai 50 anni e almeno il 7% sono bambini. Circa 31 milioni necessiterebbero di cure palliative precoci rispetto al fine vita.
In Italia ne hanno bisogno in media nell’ultimo periodo di vita 293.000 pazienti l’anno e di questi il 60% è con patologie croniche degenerative non oncologiche (dalle malattie cardiovascolari al Parkinson) e il 40% con cancro.
La Word Health Assembly (2021) ha dichiarato che le cure palliative sono una responsabilità etica dei sistemi sanitari e una componente chiave della copertura sanitaria universale.
Nella legge di Bilancio 2023 è previsto che le Regioni mettano a punto ogni anno un piano di potenziamento delle cure palliative per raggiungere, entro il 2028, il 90% della popolazione interessata, soprattutto per l’assistenza domiciliare. In tale setting giocheranno un ruolo fondamentale le équipe multidisciplinari di cui l’infermiere di famiglia e comunità è, anche secondo quanto scritto nel DM 77/2022 di riordino dell’assistenza sul territorio, parte essenziale.
Uno dei setting coerenti con l’approccio palliativo è l’assistenza domiciliare (anche rivolta alla famiglia), e l’infermiere di famiglia e comunità (IFeC), che in virtù del DM 77/2022 è il cardine su cui ruotano i nuovi modelli previsti, è il primo riferimento domiciliare per l’assistenza delle persone e dei caregiver e, di concerto con l’equipe curante e attraverso il coinvolgimento dell’Unità Valutativa Multidisciplinare (UVM) nella stesura del Progetto Assistenziale personalizzato (PAP), può rilevare e intercettare precocemente i bisogni di cure palliative e indirizzare l’utente verso percorsi appropriati.
Il documento “Cure palliative e IFeC” appena redatto dalla Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (FNOPI) e dalla Società Italiana di Cure Palliative (SICP), fornisce proprio all’Infermiere di famiglia e comunità, considerato dalla norma “il professionista responsabile dell’assistenza infermieristica in ambito familiare e di comunità”, una serie di strumenti utili per intercettare tempestivamente i bisogni e fungere da raccordo con la Rete di cure palliative.
A regolamentare le cure palliative in Italia c’è la legge 38 del 2010 che le definisce come “l’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia, caratterizzata da un’inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta non risponde più ai trattamenti specifici” e identificano nella relazione di cura lo strumento più efficace per aiutare il paziente a vivere quanto più attivamente possibile fino alla fine.
Quella relazione che le professioni infermieristiche hanno ben codificato, per prime, nel loro Codice deontologico, in cui si stabilisce che “il tempo di relazione è tempo di cura”.
Il documento FNOPI-SICP indica gli strumenti possibili per l’infermiere di famiglia e comunità per il riconoscimento dei pazienti con bisogni di cure palliative, molti dei quali composti da indicatori clinici generali (di deterioramento delle condizioni di salute) e specifici per varie patologie.
Sono strumenti che hanno l’obiettivo di supportare i clinici non specializzati in cure palliative nell’identificazione precoce dei pazienti con bisogni di questo tipo di assistenza e non di definire i criteri per l’intervento di équipe specialistiche e dovrebbero perciò essere utilizzati, come indica il documento, in associazione a uno strumento di valutazione della complessità dei bisogni che orienti nella scelta del modello delle cure palliative più appropriato per il singolo paziente (approccio palliativo, cure palliative condivise e specialistiche).
Modelli e strumenti ci sono: ora servono gli infermieri.
Il DM 77/2022 indica un fabbisogno di quelli di famiglia e comunità di circa 20mila che, sottolinea la FNOPI a Governo e Parlamento, vanno formati e specializzati per garantire la necessaria qualità. E soprattutto servono politiche attive per combattere la carenza rendendo attrattiva la professione: senza infermieri il danno è, prima di tutto, per i pazienti.
A QUESTO LINK IL DOCUMENTO FNOPI-SICP “CURE PALLIATIVE E IFEC”