16/04/2015 - Barbara Mangiacavalli, presidente Fnc OPI, interviene sulle polemiche sollevate dall'applicazione del See&Treat chiarendo ruoli e funzioni e sollecitando un lavoro comune per mettere a punto le soluzioni professionalmente migliori per tutti, anche per i cittadini
Parlare di See&Treat è diventata ormai solo fonte di polemiche sterili tra professioni. Polemiche senza una ragione di essere visti i presupposti su cui si basa il metodo nelle aziende che l'hanno previsto (di Toscana, Emilia Romagna e ora del Lazio), ma che per i toni con cui si lanciano messaggi di pericolo rispetto ai risultati delle prestazioni erogate, si sta configurando più che come monito come un vero "procurato allarme".
Le guerre di posizione tra professioni, le minacce giuridiche e gli attacchi mediatici non servono a nessuno, né ai professionisti né tantomeno ai pazienti e alla migliore organizzazione dei servizi e meglio sarebbe sedersi a un tavolo e concordare le soluzioni migliori per i percorsi dai documenti che hanno dato il via alla metodologia, salvaguardando e, anzi valorizzando, le peculiarità di entrambi le professioni.
Le "ipotesi di reato" che in questi giorni l'Ordine dei medici di Roma paventa nell'attacco al See&Treat dell'Asl Roma C sono, secondo i medici, prima di tutto di commettere il reato di falso ideologico in atto pubblico, se dovessero validare e certificare ex post e a distanza le decisioni prese dall'infermiere, senza aver prima e personalmente visitato il paziente.
Se la preoccupazione è che nella fase sperimentale, e sottolineo sperimentale, del See&Treat dell'Asl Roma C la sottoscrizione da parte del medico dell'attività verificata dell'infermiere possa non essere consona rispetto alle sue responsabilità, siccome la fase sperimentale serve proprio a verificare la fattibilità, a rimodulare tempi e modi di raggiungimento dell'obiettivo definito, (come insegnano a tutti i dirigenti e i medici dirigenti lo sono) il modus operandi tra professioni che hanno come obiettivo la tutela e salvaguardia dell'assistito loro affidato, oltre ad una responsabilità etico/organizzativa di dimostrare concretamente, e non solo a parole, che ci impegnano per garantire la sostenibilità del Ssn proprio perché siamo capaci di innovarci e "stare" dentro un sistema in profonda evoluzione e cambiamento, pena la sua sopravvivenza, può e deve essere la capacità e la volontà di affrontare le questioni di "perimetro" professionale dentro un contesto di relazioni interprofessionali, lasciando sullo sfondo il ricorso a strumenti giuridici e senza annunciare minacce o allarmi ingiustificati. E in questo senso ribadiamo la disponibilità a sederci a un tavolo per tutte le verifiche e i miglioramenti possibili, pronti ad assumerci le responsabilità che derivano da un esercizio autonomo (αυτός νόμος), cioè regolato da un proprio metodo, che è la competenza a darsi proprie regole ed esprimerle in équipe, nel See&Treat e in ogni altra situazione analoga così come previsto e certificato dove è già realtà e come accade a livello internazionale.
La seconda "preoccupazione", questa volta per gli infermieri, è ancora una volta quella di abuso di professione, con conseguenze di responsabilità in campo penale e civile. Una tesi questa già vagliata a suo tempo anche a livello di procura della Repubblica quando alcuni ordini dei medici delle Regioni che per prime hanno previsto il See&Treat si sono rivolti all'autorità giudiziaria per denunciare il presunto pericolo a cui si sottoponevano e pazienti, con un nulla di fatto proprio perché la metodologia di gestione delle urgenze rientra nelle regole, nelle leggi, nelle competenze dell'infermiere e perfino nel panorama internazionale.
Inoltre, secondo la legge 251/2000 quella infermieristica è una professione autonoma le cui funzioni sono definite dal profilo professionale e per la quale ulteriori funzioni possono essere stabilite dallo Stato e dalle Regioni. E in base alla legislazione vigente, il rapporto tra le competenze del medico e quelle dell'infermiere esclude che le prime costituiscano un limite negativo alla definizione delle seconde e che nelle "attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva", proprie della professione infermieristica, gli iscritti ai Collegi possano essere chiamati a svolgere prestazioni, con riferimento alle quali alla luce delle norme sui profili professionali, degli ordinamenti universitari e formativi post-base e del codice deontologico, abbiano acquisito un percorso formativo adeguato a garantire la collettività.
Al di là delle polemiche poi, sarebbe bene prima di tutto analizzare ciò che è scritto nell'ultima delibera dell'Asl Roma C, che richiama chiaramente le esperienze toscana ed emiliano romagnola già vagliate dalla magistratura e fa riferimento al modello anglosassone di gestione dei pazienti in pronto soccorso. Appare evidente così che le accuse non hanno fondamento, o quantomeno non dovrebbero averne se entrambi i professionisti si atterranno alle previsioni dell'azienda sanitaria.
L'avvio del progetto See&Treat nell'Asl Roma C con la realizzazione dell'area dedicata ai "codici minori" a gestione infermieristica ha come obiettivo, come è scritto nella delibera dell'azienda, di ridurre le attese in Pronto Soccorso (e siamo tutti reduci da momenti di criticità acuta nei nostri pronto soccorso, abilmente sfruttati dai media): una gestione diverse dei codici minori dovrebbe, di per se, diventare l'esempio concreto di quanto affermavo sopra, rispetto alle relazioni interprofessionali e alla capacità di innovare per migliorare appropriatezze ed efficacia di un già ottimo Ssn.
C'è poi tra gli allarmi quello del rischio per i pazienti. Non si può dubitare della preparazione degli infermieri a cui viene affidato il See&Treat perché oltre a dover essere esperti, come previsto dalla metodologia validata, la loro formazione ha avuto come obiettivo quello di implementare l'appropriatezza clinico assistenziale/organizzativa e creare un modello omogeneo per migliorare le prestazioni erogate nell'area emergenza/urgenza, attraverso lo sviluppo e la certificazione di competenze del personale infermieristico per la valutazione e il trattamento di casistica con problemi di salute minore e in parallelo percorsi formativi dedicati a medici di medicina generale, medici e infermieri coordinatori di pronto soccorso.
Un percorso chiaro e senza equivoci, quindi, che non può nei fatti – e anche con la responsabilità degli stessi medici che vi partecipano - generare rischi per i pazienti. Ma che al contrario abbatte interventi impropri, liste di attesa, code ai pronto soccorso (evitando l'afflusso di circa il 70% dei codici bianchi inappropriati) e quindi – per rispondere anche all'eventuale coinvolgimento dì controlli da parte della Corte dei conti sui costi di gestione.
Il See&Treat è un tassello del nuovo modello che dovrà caratterizzare il Servizio sanitario nazionale. Le competenze attribuite al personale infermieristico nel sistema di emergenza-urgenza, rientrano a pieno titolo nel "campo proprio di attività e di responsabilità" che l'ordinamento professionale attribuisce all'infermiere: si tratta di "attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva". E in attuazione del principio di professionalità specifica, la competenza a svolgerle è stata riservata al personale infermieristico che ha acquisito una adeguata formazione specifica e sono rese secondo i protocolli operativi definiti dal personale medico.
E non vale neppure la tesi di alcuni secondo cui la definizione delle competenze della professione infermieristica ha un limite negativo delle prerogative della professione medica. Non ci sono norme che la codificano (vedi legge n. 42/1992 e legge n. 251/2000) ed è un ipotesi incompatibile non solo con il principio di professionalità specifica (art. 33, comma 5 della Costituzione), ma con i principi dell'ordinamento comunitario che sanzionano la costituzione di monopoli professionali che non rispondano ad esigenze imperative di interesse pubblico.
La riserva di attività professionali ha come unica giustificazione l'esigenza di tutelare la collettività. Una tutela che si realizza con l'attribuzione delle funzioni a operatori che dimostrano di avere acquisito le necessarie competenze e capacità conseguite grazchiarenbdo ruoli ie a specifici e adeguati percorsi formativi.
E questo è ciò che è accaduto alla professione infermieristica: l'ordinamento attuale prevede un percorso educativo di livello universitario e una formazione post-base, ulteriormente integrata da una formazione idonea all'esercizio delle responsabilità previste nel sistema di emergenza-urgenza, riconducibili alle attività dirette alla prevenzione, cura e salvaguardia della salute, individuale e collettività. Che non sono prerogativa solo della professione medica, che nessuno mette in discussione, ma, sia pure in modo differente, anche della professione infermieristica.
Barbara Mangiacavalli
Presidente Federazione nazionale Collegi OPI
15/04/2015 - Rinvio si una settimana ancora per l'intesa sulla riduzione di 2,352 miliardi della spesa sanitaria, ottenuta con misure su personale e strutture per circa 273 milioni in meno e sugli acquisti di beni e servizi. Motivo: alcuni nuovi emendamenti delle Regioni. Il testo dell'intesa
E' rinviata al 23 aprile l'intesa Stato-Regioni con cui si applica la riduzione di 2,352 miliardi della spesa sanitaria 2015.
Come ha spiegato il presidente delle Regioni, Sergio Chiamparino, i governatori avevano aggiunto alla bozza alcuni emendamenti, sui quali il Governo avrebbe già espresso la propria «disponibilità» ma «c'è bisogno del tempo tecnico di approfondire la materia, che coinvolge il Mef: il ministro Padoan era ieri all'estero e quindi si è deciso di rimandare». Le integrazioni riguarderebbero – come ha spiegato lo stesso Chiamparino – alcune «richieste politiche condizionanti: l'apertura di un tavolo per avviare la revisione del Patto della Salute» dove discutere della «rivisitazione dei Lea, della ridefinizione del sistema dei ticket, che bisognerà accelerare, e della questione dei farmaci innovativi».
Per le Regioni, il tavolo diventa indispensabile dopo la pubblicazione del Def, il Documento di economia e finanza, che "proietta" anche sul 2016 i 2,3 miliardi di tagli imputati quest'anno al Ssn. «Se le nostre proposte saranno accolte» ha concluso Chiamparino «sarà possibile rendere sostenibile il sistema sanitario anche nel prossimo anno».
Il testo già pronto comunque conferma il giro di vite sulle prescrizioni di specialistica ambulatoriale, il ridimensionamento dei ricoveri di riabilitazione, l'azzeramento delle strutture private con meno di 40 posti letto, la riduzione delle strutture semplici e complesse, l'eliminazione di 15 centrali del 118. Queste voci, come già anticipato, dovrebbero portare un risparmio minimo di almeno 273 milioni.
Il grosso della manovra tuttavia, come ha anticipato anche il presidente dei governatori Sergio Chiamparino, è concentrato sui beni e servizi. Il testo prevede la rinegoziazione dei contratti di acquisto con un abbattimento medio del 4% del valore dei contratti in essere e la possibilità per le Asl di recedere dal contratto in caso di rifiuto della rinegoziazione. E se il budget che sarà definito sarà superato, a pagare saranno le imprese fornitrici che dovranno ripianare la spesa extra per il 30% nel 2016, il 40% nel 2017 e il 50% nel 2018.
Per quanto riguarda i farmaci, sarà anticipata a fine anno la revisione del Prontuario terapeutico per la quale entro il 30 giungo l'Aifa dovrà sviluppare la metodologia, individuare i raggruppamenti di medicinali assimilabili, fissare i prezzi minimi di rimborso a carico del Ssn e quelli massimi, pubblicando il tutto sulla gazzetta Ufficiale e sul proprio sito istituzionale. Anche il prezzo dei biotecnologici sarà rivisto al ribasso: l'Aifa potrà rinegoziare con le aziende farmaceutiche riduzioni di almeno il 20% di quelli giunti a scadenza del brevetto,
Infine, nell'intesa è scritto anche che "Governo e Regioni condividono la necessità di introdurre normative sulla responsabilità civile e penale dei professionisti della salute" per favorire l'appropriatezza prescrittiva e limitare gli effetti della medicina difensiva.
Nel dettaglio delle ipotesi attuali di interventi che riguardano personale e strutture, come già anticipato, se una prestazione di specialistica ambulatoriale sarà considerata ad alto rischio di inappropriatezza, la pagherà l'assistito e se il medico prescrittore non sarà in grado di motivarne la scelta, l'azienda sanitaria potrà intervenire tagliando il trattamento economico accessorio per i dipendenti del Ssn o gli incentivi per il raggiungimento degli obiettivi di qualificazione e appropriatezza per i convenzionati. Questi interventi porterebbero 69 milioni di risparmio per la riduzione dei consumi nel settore privato accreditato e 37 milioni per l'efficientamento del settore pubblico. A regolare la materia dovrebbe essere un decreto della Salute.
Ridimensionamento in vista anche per i ricoveri di riabilitazione. Anche qui un decreto ministeriale definirà le prestazioni ad alto rischio di inappropriatezza. Per quelli inappropriati il taglio sarà del 50% della tariffa oppure si utilizzerà quella pagata alle strutture riabilitative extraospedaliere. E per le giornate oltre-soglia di questi ricoveri il taglio si inasprirà fino al 60 per cento. In tutto queste misure dovrebbero portare, secondo le stime, un risparmio di 89 milioni, per effetto della riduzione dei ricoveri e della valorizzazione tariffaria nel settore privato accreditato.
C'è poi un risparmio di circa 10 milioni che deriva dall'azzeramento previsto dai nuovi standard ospedalieri dei ricoveri in strutture convenzionate con meno di 40 posti letto che, a eccezione di quelle monospecialistiche, sono destinate a chiudere i battenti.
Per quanto riguarda infine i risparmi che derivano da interventi sul personale, si tratta di 68 milioni per la riduzione di 2.069 strutture complesse ospedaliere, sottoposte al nuovo parametro degli standard di posti letto previsto dal regolamento sull'attività ospedaliera, e di 8.718 strutture semplici legate a queste strutture complesse. Per la scelta di quali e dove tagliare varranno sempre le indicazioni e i parametri scritti nel nuovo regolamento sugli standard ospedalieri.
L'infermiere è un professionista sanitario che, in possesso dei titoli e requisiti previsti dalla legge, è responsabile dell'assistenza infermieristica generale.
La figura fa parte delle professioni sanitarie, e la formazione è demandata per legge alle Università in Italia. Una volta conseguita la laurea triennale, che è costituisce titolo abilitante ed essersi iscritto all'Ordine professionale tenuto presso gli OPI presenti in ogni provincia, può svolgere la sua attività sia come lavoratore dipendente, sia come libero professionista presso strutture pubbliche e private, nell'ambito dell'assistenza domiciliare integrata. Qualora decida di svolgere la sua attività in regime libero professionale, l'attuale normativa prevede l'obbligo di acquisizione del numero di partita IVA, la comunicazione di inizio attività al OPI, la stipula di un contratto per la copertura assicurativa professionale e l'iscrizione all'ENPAPI (Ente di Previdenza e Assistenza degli Infermieri).
Il mancato possesso di uno dei requisiti previsti dalla normativa vigente, rientra nella fattispecie del delitto disciplinato dall'art. 348 del codice penale italiano ovvero esercizio abusivo della professione sanitaria.
Guarda anche lo screening provinciale per il Covid 19 nel 2019:
Per la prima volta in Italia è stata concepita e conclusa una iniziativa volta al recepimento della Legge Stanca del 9 gennaio 2004, n. 4 (G.U. n. 13 del 17 gennaio 2004) recante «Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici». Il contenuto di questa pagina proviene dall'OPI Carbonia Iglesias, ringraziamo i colleghi.
Nei siti internet degli OPI Carbonia Iglesias, Bologna, Frosinone, Pavia, Pordenone, Pescara, Teramo, Ragusa, Foggia, Ancona, Rimini, Alessandria, Napoli, Sassari e Oristano, aderenti alla FNOPI Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, stiamo ufficialmente e definitivamente per inserire, dedicate ai disabili sensoriali e loro care giver che avessero necessità e/o interesse di approfondire sulla professione infermieristica:
Nella vita professionale e nella rappresentanza istituzionale della FNOPI Opi provinciali ci sono momenti che suggellano un percorso, un impegno, un modo di vedere l’agire per nome e per conto di infermieri e assistiti.
Poter esporre questo progetto in dirittura d’arrivo complessivo e definitivo è uno di quei momenti perché non ci stiamo accingendo a pubblicizzare un video da parte di una infermiera sorda o da un infermiere interprete o un libro fine a se stesso o un audio realizzato da studenti infermieri, ma a condividere con i cittadini una lettura del mondo che circonda l’ambito nel quale gli infermieri dei nostri territori operano quotidianamente partendo dai bisogni dei più fragili, dei disabili, degli inabili, degli inascoltati, dei non percepiti.
Ci siamo impegnati e continueremo ad impegnarci per intercettare una necessità delle comunità dei ciechi e dei sordi: essere posti nelle medesime condizioni di chi vede e sente, nel nostro caso per mano degli infermieri ai quali si affidano nel contesto della responsabilità del governo dell’assistenza ospedaliera e territoriale, intimamente convinti che questo gesto di riguardo nei confronti dei nostri interlocutori abbia un valore aggiunto ed un peso specifico che l’infermieristica meritava di vedere inclusi e riconosciuti e annoverare tra le qualità che la contraddistinguono tra le professioni d’aiuto e sanitarie.
Quando si valuta una barriera da rimuovere per la fruizione di risposte assistenziali all’altezza delle aspettative e dei diritti dei cittadini, la professione infermieristica è e sarà sempre la prima a cercare soluzioni anche nelle difficoltà delle disabilità sensoriali e quindi nella sfera della comunicazione: questo era il nostro obiettivo e questo abbiamo portato a compimento testimoniando come si possano declinare a livello territoriale sollecitazioni a recepire leggi delle Stato, alla buona amministrazione e alla competente rappresentanza degli Ordini Professioni Infermieristiche provinciali che presiediamo unitamente al Consigli Direttivi.
In particolare: