La Bocconi presenta dieci proposte "per rendere il Ssn più efficace, equo e sostenibile: il ruolo degli infermieri in primo piano in una nuova articolazione del lavoro e delle responsabilità. Mangiacavalli: "Pronti ad attivare un confronto". L'ANALISI E LE PROPOSTE DELLA BOCCONI
Definire un mix di politiche del personale per rispondere al crescente shortage (carenza) dei medici e degli infermieri, al progressivo invecchiamento dei dipendenti del Ssn e al conseguente rilevante tasso di burn out (con implicazioni su demansionamenti e permessi ex L. 104/92). E soprattutto fare molta attenzione alla gestione del personale per utilizzarlo al meglio e non confondere professionalità, competenze e capacità manageriale.
E' questa una delle dieci proposte per "delineare un'agenda di riforme e azioni di innovazione, che sia d'utilità per il management delle aziende sanitarie e i policy maker nazionali e regionali" che il Cergas e la Sda Bocconi, in collaborazione con gli Alumni Bocconi, nell'ambito del Osservatorio OASI, presentano nel loro lavoro "Ssn fast forward. proposte per rendere il Ssn più efficace, equo e sostenibile", sintesi di quello che la stessa Bocconi definisce "l'imponente lavoro svolto nel 2015".
La gestione del personale
Tra le dieci proposte della Bocconi c'è quella che riguarda i cambiamenti necessari nella gestione del personale con un focus particolare alle risposte necessarie a carenza e all'invecchiamento degli organici.
In questo senso il quadro e i numeri su cui si basa la proposta parlano chiaro:
l'età media del personale Ssn era nel 2011 di 50 anni per i medici e 45 per gli infermieri.
la quota di medici di medicina generale con almeno 27 anni dalla laurea è passata dal 12% del 1998 al 62% del 2012.
la quota di personale del Ssn con permessi ex legge 104/1992 è dell'11% e quella di personale con inidoneità lavorative del 12 per cento.
"Le dinamiche interne – si legge nel rapporto della Bocconi - riguardano l'evoluzione dei saperi professionali e le traiettorie di professionalizzazione. La vicenda più nota e dibattuta riguarda gli infermieri, con la legge 42/1999 (definitivo riconoscimento della professione infermieristica come professione in senso pieno) e con la legge 251/2000 (definitivo inserimento della formazione infermieristica nell'ambito del sistema universitario con l'adozione dello schema 'Bologna' di laurea triennale, laurea specialistica, dottorato, master universitari di primo e secondo livello, nonché previsione della qualifica dirigenziale per gli infermieri). Più recentemente, nel dibattito sono ben presenti tutti gli elementi che caratterizzano i processi di professionalizzazione e cioè l'evoluzione della loro base cognitiva, le modifiche istituzionali dei loro processi formativi, l'azione di collegi, associazioni e sindacati e, infine, il riconoscimento e la protezione da parte dell'ordinamento statale".
Queste evoluzioni - che il Cergas sottolinea valere anche per altre professioni sanitarie - richiedono "di trovare nuovi equilibri per la complessiva divisione del lavoro in ambito sanitario, insieme all'attribuzione delle responsabilità che ciò implica, a cui si correlano le attese condizioni contrattuali d'impiego, da sempre fortemente ancorate alle appartenenze professionali, a loro volta basate in larga misura ai titoli di studio richiesti alle diverse figure (più titoli implica migliori condizioni contrattuali)".
Il problema dell'invecchiamento
C'è poi l'evoluzione legata all'invecchiamento degli organici che "comporterà necessariamente modifiche nella gestione del personale". "Le principali ragioni - si legge - sono l'innalzamento dell'età necessaria per andare in pensione e la stretta sulle assunzioni derivanti da vincoli di finanza pubblica. Se nel 2001 l'età media dei dipendenti Ssn era di 43 anni, oggi è di circa 50.
L'invecchiamento degli organici richiede nuove idee, nuove regole e nuove prassi gestionali, nonché una modifica nelle aspettative degli stessi dipendenti. Strettamente collegato all'aumento dell'età dei dipendenti Ssn è il tema delle inidoneità lavorative certificate. È infatti chiaro che la prevalenza delle limitazioni alla movimentazione dei carichi o dovute a patologie psichiche, solo per citarne alcune assai frequenti, è correlata all'età anagrafica. Si tratta di un tema che oggi assume grande rilevanza nella sostenibilità gestionale delle aziende, che di fronte alle dinamiche ricordate sopra non hanno più spazi di manovra per ricollocare il personale".
Professioni: governare il cambiamento
Governare e non subire il cambiamento delle professionalità e dei profili anagrafici del personale Ssn significa, secondo Francesco Longo del Cergas e Sda Bocconi governare lo skill mix change grazie a un orientamento di fondo rispetto al mix medici/professioni sanitarie e ai contenuti di ruolo da esercitare. E' necessario prevdere PDTA che includano le nuove competenze professionali e responsabilità da attivare e mettere in campo sistematiche valutazioni di costo-efficacia delle innovazioni organizzative, le cui metodologie devono essere definite ex ante.
Per quanto riguarda l'invecchiamento degli organici, secondo Longo serve una revisione dei rapporti di impiego per contrastare insoddisfazione, inefficienze e opportunismi.
Sul piano contrattuale, invece, sarà necessario modificare le discipline sul tempo parziale, sugli orari di lavoro e sulle progressioni retributive verso una maggiore flessibilità. Ad esempio, sostiene Longo, si potrebbero proporre aumenti delle ferie e delle giornate libere a pari o minore retribuzione in funzione dell'età, depotenziando le opportunità per demansionamenti e104 e sviluppare logiche di gestione del personale in grado di prevenire il burnout (ricerca/audit permanente, rotazione obbligatoria, prevedere riqualificazione professionale).
Le altre proposte della Bocconi
Le altre nove proposte della Bocconi per rendere il Ssn piu' efficace, equo e sostenibile sono, in sintesi:
Indurre nelle aziende del Ssn processi organici di accorpamento delle unità operative che non hanno la casistica minima per garantire la necessaria clinical competence o il bacino di utenza minimo rispetto agli standard definiti.
Promuovere all'interno delle aziende sanitarie, anche grazie alle accresciute dimensioni medie, la riduzione degli stabilimenti ospedalieri, dismettendo quelli piccoli o modificandone la missione a favore delle cure intermedie e di servizi di prossimità soprattutto per cronicità e anziani. Questo permetterebbe di concentrare le poche risorse disponibili per gli investimenti infrastrutturali e tecnologici.
Valorizzare i processi di accorpamento delle aziende, esplicitandone le finalità, orientandole alla riorganizzazione della geografia dei servizi.
Le nuove aziende sanitarie dalle dimensioni rilevanti (oltre 1 miliardo di budget) richiedono nuove e diversificate configurazioni istituzionali che dovrebbero prevedere anche rilevanti processi di "divisionalizzazione" o autonomizzazione di sottosistemi aziendali, per territori o per materia, con precisi livelli di accountability manageriale e rappresentatività istituzionale.
Distinguere concettualmente ed operativamente le procedure di accesso e le logiche di erogazione per cluster prevalenti di pazienti: i sani, i cronici, gli acuti, gli occasionali, i non autosufficienti per correlare le specificità dei bisogni alle caratteristiche distintive dei servizi.
Rendere più trasparenti i criteri di inclusione dell'innovazione farmaceutica evitando secondi livelli regionali di regolazione all'accesso, e superare progressivamente la logica dei silos di spesa per fattore produttivo per ragionare con la logica costo/efficacia per patologia.
Dare attuazione al sistema nazionale di HTA, capace di rendere pubblici criteri di inclusione e di utilizzo, su cui innestare un sistema di benchmarking inter-aziendale e inter-regionale dei consumi correlati ai casi trattati.
Valorizzare il potenziale dei sistemi informativi disponibili per rendere visibile la quota di prevalenza delle patologie presa in carico, il tasso di adesione della filiera professionale ai percorsi programmati, l'indice di compliance dei pazienti.
Riconoscere la rilevanza dei 33 miliardi di spesa sanitaria privata, regolamentandola per meglio tutelare i consumatori, integrandola con le prestazioni del Ssn per evitare sovrapposizioni o gap informativi, anche sviluppando un ruolo imprenditoriale del Ssn.
Infermieri: un ruolo crescente
La stessa Bocconi aveva riconfermato il ruolo crescente degli infermieri nel Ssn solo pochi giorni fa, in occasione della recente Conferenza OPI di Bologna. Federico Lega, professore associato dell'Ateneo, ha descritto infatti una responsabilità trasversale e multidisciplinare, inserendo gli infermieri nel ciclo strategico delle aziende e trasformandoli nella "quarta gamba" della responsabilità aziendale. Secondo Lega, la professione di infermiere è quella che di più conosce cosa fare per i servizi alla persona. E in questo i professionisti non si devono limitare ad agire secondo indicazioni altrui, ha detto, ma presentare idee e proposte, con maggiore responsabilità e titolarità, nella consapevolezza di essere obbligati a fare bene.
Gli assi di sviluppo della professione, secondo Lega, sono quattro: 1) la specializzazione come progressiva padronanza di specifici saperi e tecniche (parti del dominio infermieristico) più evidente nel cure, maggiori difficoltà nel care implica comunque una responsabilità nei confronti di colleghi; 2) l'innalzamento come funzione di supervisione e coordinamento che, pur allontanando dal "fronte operativo", rimane espressione di una solida competenza professionale (il dominio infermieristico); 3) l'allargamento come conduzione di team multiprofessionali (assunzione di responsabilità su risultati complessi) sulla base di competenze professionali ampie (oltre il dominio infermieristico); 4) l'arricchimento, come partecipazione a pieno titolo alla Direzione Strategica delle aziende sanitarie (e dei sistemi sanitari regionali).
Mangiacavalli: "Attivare un confronto"
"L'attuale contesto economico e istituzionale – commenta Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale OPI - ci consegna alcune caratteristiche rilevanti del personale assistenziale in servizio nel Ssn: l'età media degli infermieri cresce di 6 mesi/anno, il mancato reintegro dei giovani e il prolungamento dei termini per l'uscita dal servizio hanno fatto si che oggi sia un fenomeno normale avere negli organici professionisti con età più elevate rispetto al passato. L'elemento che però fatica a entrare nelle agende di chi si occupa di organizzazione, è la necessità di pensare approcci manageriali/organizzativi innovativi quali il diversity management piuttosto che l'adozione di programmi strutturati di formazione del personale e prevenzione del fenomeno. Le proposte del Cergas Bocconi ne mettono ancora una volta in risalto la necessità".
"Gli infermieri puntano, grazie alla loro sempre maggiore qualificazione professionale – conclude Mangiacavalli - , a contribuire a disegnare una riorganizzazione delle strutture e di appropriatezza non solo delle prestazioni, ma anche dei percorsi di cura e dei modelli organizzativi. E per farlo, come conclude la Bocconi, c'è bisogno di attivare un confronto sugli ambiti in cui l'azione può essere svolta. L'OPI è pronta".
Il presidente del collegio OPI di Venezia, Luigino Schiavon: "La nomina giunge dopo un percorso di collaborazione con tutti gli enti e con la Regione".
L'infermiere Mauro Filippi è stato nominato direttore dei Servizi sociali e della funzione territoriale della Azienda ULSS10 "Veneto Orientale".
"Nonostante la riduzione del numero di aziende ULSS nel Veneto, viene nominato a dirigere un ambito così importante e strategico un infermiere - ha commentato il presidente del collegio OPI di Venezia, Luigino Schiavon -. La nomina giunge dopo un percorso iniziato con la discussione sul piano sociosanitario fin dal 2011 passato attraverso relazioni improntate alla collaborazione con tutti gli enti e la Regione Veneto. La professione ha saputo dimostrare la maturità per assumersi responsabilità anche ai massimi livelli. Così dopo la regione Fiuli Venezia Giulia e la Lombardia anche il Veneto investe sugli infermieri".
Al collega Mauro, la Federazione nazionale, il Collegi di Venezia, e il coordinamento regionale esprimono i complimenti e garantiscono la massima collaborazione del gruppo professionale.
Coordinatori del risk management non saranno più solo i medici ma anche altro personale dipendente delle strutture sanitarie con adeguata formazione ed esperienza almeno triennale. Le modifiche approvate in Aula a Montecitorio, il testo e il Dossier del Servizio Studi della Camera
Coordinatori del risk management non saranno più solo dai medici specializzati in igiene, epidemiologia e sanità pubblica o equipollenti o con comprovata esperienza almeno triennale nel settore, come prescrive la legge di stabilità 2016 che ha accolto lo stralcio di un articolo del Ddl anticipandone l'entrata in vigore, ma potrà essere svolto anche dai medici legali e da altro personale dipendente delle strutture sanitarie con adeguata formazione ed esperienza almeno triennale.
A prevederlo è il disegno di legge sulla responsabilità professionale ( "Delega al Governo per la modifica della disciplina in materia di responsabilità professionale del personale sanitario e per la riduzione del relativo contenzioso" , AC 259) approvato dall'Aula della Camera nella serata di ieri e che ora passa all'esame del Senato.
Per gli infermieri, quindi, il Ddl apre le porte anche alla possibilità di assumere nuove responsabilità nella gestione del rischio, perché, come ripetuto da numerosi deputati durante l'esame in aula, quello sul paziente è un atto sanitario, senza esclusività e le responsabilità vanno a chi in un determinato momento e per un detrminato processo assistenziale assiste il paziente.
La modifica, introdotta in Aula a Montecitorio prima del voto finale sul provvedimento anche grazie al precedente intervento sul relatore (Federico Gelli, Pd) della senatrice Annalisa Silvestro, non è la sola rispetto al testo uscito dalle commissioni.
Tra le altre, l'ambito di intervento della responsabilità professionale viene estesa anche alle strutture socio sanitarie, viene esclusa la possibilità di effettuare segnalazioni anonime al garante per il diritto alla salute, è rimandata a un decreto del ministero dello Sviluppo economico l'individuazione dei requisiti minimi e delle caratteristiche di garanzie per le polizze assicurative delle strutture sanitarie, che dovranno essere individuati anche per le forme di autoassicurazione e per le altre misure di assunzione diretta del rischio.
Sulle azioni di rivalsa, un emendamento del relatore Gelli ha previsto che quelle nei confronti dell'esercente la professione sanitaria possano avvenire solo per dolo e colpa grave ed è confermato il tetto massimo di 3 annualità lorde per agevolare la stipula di assicurazioni a prezzi calmierati. Infine, è escluso dall'iter il possibile intervento della Corte dei Conti.
Un'altra modifica prevede che i verbali e gli atti legati all'attività di gestione del rischio clinico non possano essere acquisiti o utilizzati nell'ambito dei procedimenti giudiziali e sempre in materia di responsabilità, quella di tipo extracontrattuale, con il ribaltamento dell'onere della prova e prescrizione dimezzata a 5 anni, è stata estesa anche ai medici di medicina generale.
Infine il ruolo delle linee guida: varranno come raccomandazione e dovranno essere indicate dalle società scientifiche e dagli istituti di ricerca individuati da un decreto del ministro della Salute e iscritti in un apposito elenco richiesta. Prima di essere pubblicate dovranno avere la la "bollinatura" dell'Istituto superiore di Sanità, che le inserirà nel Sistema nazionale per le linee guida (Snlg).
Il Ddl conferma l'obbligo di assicurazione per tutti - aziende Ssn, strutture ed enti privati operanti in regime autonomo o di accreditamento con il Ssn che erogano prestazioni sanitarie a favore di terzi e per gli operatori sanitari - ma nella versioe finale approvata alla Camera si estende la copertura anche per i professionisti che vanno in quiescenza, di cui le polizze dovranno tenere conto nella formulazione delle polizze. «In caso di cessazione definitiva dell'attività professionale per qualsiasi causa - è scritto - deve essere previsto un periodo di ultrattività della copertura per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i 10 anni sucecssivi e riferite a fatti generatori della responsabilità verificatisi nel periodo di operatività della copertura. L'ultrattività è estesa anche agli eredi e non è assoggettabile alla clausola di disdetta». In ogni caso, a tutela del paziente, «la garanzia assicurativa è estesa anche agli eventi accaduti durante la vigenza temporale della polizza e denunziati dall'assicurato nei cinque anni successivi alla scadenza del contratto assicurativo».
Per la prima volta in Italia è stata concepita e conclusa una iniziativa volta al recepimento della Legge Stanca del 9 gennaio 2004, n. 4 (G.U. n. 13 del 17 gennaio 2004) recante «Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici». Il contenuto di questa pagina proviene dall'OPI Carbonia Iglesias, ringraziamo i colleghi.
Nei siti internet degli OPI Carbonia Iglesias, Bologna, Frosinone, Pavia, Pordenone, Pescara, Teramo, Ragusa, Foggia, Ancona, Rimini, Alessandria, Napoli, Sassari e Oristano, aderenti alla FNOPI Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, stiamo ufficialmente e definitivamente per inserire, dedicate ai disabili sensoriali e loro care giver che avessero necessità e/o interesse di approfondire sulla professione infermieristica:
Nella vita professionale e nella rappresentanza istituzionale della FNOPI Opi provinciali ci sono momenti che suggellano un percorso, un impegno, un modo di vedere l’agire per nome e per conto di infermieri e assistiti.
Poter esporre questo progetto in dirittura d’arrivo complessivo e definitivo è uno di quei momenti perché non ci stiamo accingendo a pubblicizzare un video da parte di una infermiera sorda o da un infermiere interprete o un libro fine a se stesso o un audio realizzato da studenti infermieri, ma a condividere con i cittadini una lettura del mondo che circonda l’ambito nel quale gli infermieri dei nostri territori operano quotidianamente partendo dai bisogni dei più fragili, dei disabili, degli inabili, degli inascoltati, dei non percepiti.
Ci siamo impegnati e continueremo ad impegnarci per intercettare una necessità delle comunità dei ciechi e dei sordi: essere posti nelle medesime condizioni di chi vede e sente, nel nostro caso per mano degli infermieri ai quali si affidano nel contesto della responsabilità del governo dell’assistenza ospedaliera e territoriale, intimamente convinti che questo gesto di riguardo nei confronti dei nostri interlocutori abbia un valore aggiunto ed un peso specifico che l’infermieristica meritava di vedere inclusi e riconosciuti e annoverare tra le qualità che la contraddistinguono tra le professioni d’aiuto e sanitarie.
Quando si valuta una barriera da rimuovere per la fruizione di risposte assistenziali all’altezza delle aspettative e dei diritti dei cittadini, la professione infermieristica è e sarà sempre la prima a cercare soluzioni anche nelle difficoltà delle disabilità sensoriali e quindi nella sfera della comunicazione: questo era il nostro obiettivo e questo abbiamo portato a compimento testimoniando come si possano declinare a livello territoriale sollecitazioni a recepire leggi delle Stato, alla buona amministrazione e alla competente rappresentanza degli Ordini Professioni Infermieristiche provinciali che presiediamo unitamente al Consigli Direttivi.
In particolare: