Congresso a Savona (Liguria) per Fisioterapista, Infermiere, Medico chirurgo: Up date on ischemic stroke iv edizione "up date on ischemic stroke....allargando gli orizzonti"
La vicenda dei neonati morti in pochi giorni agli Spedali Civili, al momento, è sotto la lente della Procura, dei Nas e degli ispettori inviati dal ministero della Sanità per capire che cosa sia accaduto. Nel frattempo sui social si sono scatenati commenti disumani, che toccano nel profondo la professionalità delle infermiere e di tutto il personale che in quel reparto ci lavora da anni. E proprio sui social le infermiere della TIN di Brescia difendono il loro lavoro.
Le infermiere della TIN: Ci avete massacrato, ora risollevateci
Sui fatti, confermando la totale fiducia nella magistratura, il direttore generale Marco Trivelli ha parlato di emergenza nata sui social, il nostro reparto è sicuro.
Il riferimento è alle persone che hanno commentato sui social il dolore di una mamma che ha perso suo figlio, trasformando la legittima domanda di verità in sospetto, il sospetto in accusa e quindi l'accusa in denuncia.
Ma le reazioni non sono arrivate solo dalla Direzione; anche le infermiere della Terapia Intensiva Neonatale (TIN) hanno scelto lo stesso mezzo, i social network, per difendere il loro lavoro quotidiano, stanche di vedere svilita la loro professionalità da "commenti disumani" di chi parla "di medicina e scienze infermieristiche davanti ad una persona che ha lottato per esserlo nella vita e ha studiato a lungo per poter salvare delle vite umane".
I social - scrive Laura Bruno, che lavora in quella TIN - sono un'arma a doppio taglio. E questa non è certo la prima volta che ce ne accorgiamo.
Sono da una parte il futuro e la bellezza di poter contattare qualcuno che sta dall'altra parte del mondo - continua il post - ma dall'altra hanno "permesso" che tante persone allontanassero da se stessi Umanità, Empatia e reti sociali, quelle vere che puoi stringere in un abbraccio sentito.
Io lavoro in quella Terapia Intensiva Neonatale degli Spedali Civili, che il giornalismo e i social stanno mettendo alla gogna. Lo direi a voce alta se potessi perché sono fiera di essere parte di quella grande famiglia.
Chi mi conosce lo sa: metto entusiasmo e passione in tutto quello che affronto sempre con il sorriso stampato in faccia, quello che potrebbe avere un bambino calciando un pallone per la prima volta davanti ad una rete.
E quando tocchi qualcosa che mi appartiene mi sento ferita nel profondo, perché vorrei poterlo proteggere con tutte le mie forze. Purtroppo questa volta la cosa è molto più grande di me, ma non del mio entusiasmo... quello non me lo leva nessuno!
Non mi viene semplice non replicare ad alcuni commenti che state rivolgendo a me e ai miei preziosi colleghi (medici, infermieri, personale di supporto, nessuno escluso)
Commenti disumani, che toccano la nostra professionalità nel profondo. Cattivi, come il mondo sta diventando. Falsi ed ignoranti (ovvero che non conoscono), come voi, che vi permettete di parlare di medicina e scienze infermieristiche davanti ad una persona che ha lottato per esserlo nella vita e ha studiato a lungo per poter salvare delle vite umane. Voi che siete analfabeti funzionali, dovreste farvelo un giretto in TIN.
E' necessario secondo la FNOPI che si dia il via a una formazione continua degli operatori sugli aspetti della comunicazione e della relazione di aiuto nei confronti degli assistiti. E' importante che i professionisti sappiano comunicare con fermezza che gli atti di violenza non sono permessi o tollerati. Solo l'impegno comune però può migliorare l'approccio al problema
Un disegno di legge, quello contro la violenza sugli operatori sanitari, che rappresenta un segnale positivo e conferma l'attenzione a questo fenomeno che sta assumendo dimensioni pericolose per gli operatori sanitari e, di conseguenza, per gli stessi cittadini.
La Fnopi, nell'audizione alla Commissione Igiene e Sanità del Senato sul provvedimento, ha sottolineato di non avere intenzione di lasciare solo nessun collega.
L'infermiere – come ha ricordato Franco Vallicella, componente del Comitato centrale della Federazione, come ogni professionista della salute, non è un bersaglio, non è un capro espiatorio, non è un contenitore inerme dove riversare rabbia, frustrazione e inefficienze del sistema. L'infermiere è un professionista alleato del cittadino e tutto il Servizio sanitario deve impegnarsi perché questa alleanza possa esprimersi al meglio, per aumentare sicurezza e fiducia. Il tutto in sintonia e condivisione con le iniziative di altre Federazioni come quella degli Ordini dei medici, coinvolte in prima persona dal fenomeno.
Nel settore sanitario, sociosanitario e in modo particolare nei servizi di emergenza-urgenza e nelle strutture psichiatriche, le aggressioni fisiche hanno raggiunto rispettivamente il 48% e il 27% degli operatori; gli insulti sono risultati invece praticamente ubiquitari, avendo coinvolto rispettivamente l'82 e il 64% degli operatori, e percentuali più o meno simili si trovano per le minacce.
E dei professionisti della Sanità gli infermieri sono quasi il 50 per cento.
Accanto al disegno di legge, è necessario secondo la FNOPI che si dia il via a una formazione continua degli operatori sugli aspetti della comunicazione e della relazione di aiuto nei confronti delle persone assistite.
E' importante che i professionisti sappiano comunicare con fermezza agli utenti, agli accompagnatori e al personale che gli atti di violenza non sono permessi o tollerati. Oggi si stanno affermando messaggi culturali che inducono la popolazione a coltivare una rabbia crescente verso gli operatori delle strutture. A questo concorrono le notizie spesso scandalistiche sui servizi sanitari, che creano a priori un'aspettativa negativa nei confronti dei servizi, che a sua volta fomenta la frustrazione e la rabbia e mina il rapporto di fiducia tra cittadini e operatori.
"Non è creando allarme sociale o incertezza nei cittadini – ha detto Vallicella - che si risolvono i problemi del Ssn e non si riduce la violenza rimettendo il medico o un'altra figura professionale al centro: al centro si deve rimettere il paziente.
Non è possibile scindere il problema rispetto a una professionalità, ma ad affrontarlo deve essere l'équipe e medici, infermieri e le stesse aziende devono costruire sinergie in questo senso perché non è il solo ministero della Salute o le sole Regioni a poter risolvere in problema: è un problema di contesto".
Si deve anche stare attenti a far passare messaggi distorti come ad esempio quello sull'emergenza e le relative competenze che mettono ansia e generano paure nei cittadini, inasprendo il loro rapporto con gli operatori.
La prevenzione degli episodi di violenza a danno degli operatori sanitari richiede che l'organizzazione identifichi i fattori di rischio per la sicurezza del personale e ponga in essere le strategie organizzative, strutturali e tecnologiche più opportune, diffonda una politica di tolleranza zero verso atti di violenza nei servizi sanitari, incoraggi il personale a segnalare prontamente gli episodi subiti e a suggerire le misure per ridurre o eliminare i rischi e faciliti il coordinamento con le Forze dell'ordine o altri soggetti che possano fornire un valido supporto per identificare le strategie atte a eliminare o ad attenuare la violenza nei servizi sanitari.
"Solo l'impegno comune di tutti però (direzioni aziendali, dirigenza infermieristica e medica, coordinatori, professionisti e loro rappresentanti, organizzazioni sindacali, rappresentanti dei cittadini, organi di informazione) può migliorare – ha proseguito - l'approccio al problema e assicurare un ambiente di lavoro sicuro. Tanto più che gli atti di violenza possono ripercuotersi negativamente anche sulla qualità dell'assistenza offerta ai cittadini".
Bisogna aumentare non solo la formazione degli operatori quindi, ma anche l'informazione, perché siano denunciate da tutti e in modo chiaro le azioni di ricatto e le persecuzioni nell'ambiente di lavoro rispetto alla posizione e ai compiti svolti. Un mobbing spesso sommerso che colpisce spesso in prevalenza proprio il sesso femminile e che alla fine indebolisce anche il rapporto tra professionista e cittadino. Non si può più "lasciar fare" e in questo vanno sensibilizzati i datori di lavoro e i responsabili dei servizi: la violenza va rifiutata ed evitata e per questo si devono prevedere sanzioni anche per chi non è in grado di garantire la sicurezza dei suoi dipendenti.
Per la prima volta in Italia è stata concepita e conclusa una iniziativa volta al recepimento della Legge Stanca del 9 gennaio 2004, n. 4 (G.U. n. 13 del 17 gennaio 2004) recante «Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici». Il contenuto di questa pagina proviene dall'OPI Carbonia Iglesias, ringraziamo i colleghi.
Nei siti internet degli OPI Carbonia Iglesias, Bologna, Frosinone, Pavia, Pordenone, Pescara, Teramo, Ragusa, Foggia, Ancona, Rimini, Alessandria, Napoli, Sassari e Oristano, aderenti alla FNOPI Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, stiamo ufficialmente e definitivamente per inserire, dedicate ai disabili sensoriali e loro care giver che avessero necessità e/o interesse di approfondire sulla professione infermieristica:
Nella vita professionale e nella rappresentanza istituzionale della FNOPI Opi provinciali ci sono momenti che suggellano un percorso, un impegno, un modo di vedere l’agire per nome e per conto di infermieri e assistiti.
Poter esporre questo progetto in dirittura d’arrivo complessivo e definitivo è uno di quei momenti perché non ci stiamo accingendo a pubblicizzare un video da parte di una infermiera sorda o da un infermiere interprete o un libro fine a se stesso o un audio realizzato da studenti infermieri, ma a condividere con i cittadini una lettura del mondo che circonda l’ambito nel quale gli infermieri dei nostri territori operano quotidianamente partendo dai bisogni dei più fragili, dei disabili, degli inabili, degli inascoltati, dei non percepiti.
Ci siamo impegnati e continueremo ad impegnarci per intercettare una necessità delle comunità dei ciechi e dei sordi: essere posti nelle medesime condizioni di chi vede e sente, nel nostro caso per mano degli infermieri ai quali si affidano nel contesto della responsabilità del governo dell’assistenza ospedaliera e territoriale, intimamente convinti che questo gesto di riguardo nei confronti dei nostri interlocutori abbia un valore aggiunto ed un peso specifico che l’infermieristica meritava di vedere inclusi e riconosciuti e annoverare tra le qualità che la contraddistinguono tra le professioni d’aiuto e sanitarie.
Quando si valuta una barriera da rimuovere per la fruizione di risposte assistenziali all’altezza delle aspettative e dei diritti dei cittadini, la professione infermieristica è e sarà sempre la prima a cercare soluzioni anche nelle difficoltà delle disabilità sensoriali e quindi nella sfera della comunicazione: questo era il nostro obiettivo e questo abbiamo portato a compimento testimoniando come si possano declinare a livello territoriale sollecitazioni a recepire leggi delle Stato, alla buona amministrazione e alla competente rappresentanza degli Ordini Professioni Infermieristiche provinciali che presiediamo unitamente al Consigli Direttivi.
In particolare: