In Sardegna c’è il Bed Manager perché i posti letto siano utilizzati senza inappropriatezza e nel migliore dei modi, c’è il controllo dei farmaci nelle terapie neonatali per evitare errori di somministrazione e dati anche la natura del territorio, la tecnologia sviluppa controlli remoti dei dispositivi impiantabili come elettrostimolatori cardiaci e defibrillatori automatici impiantabili.
La Sardegna è Regione a statuto speciale e negli anni, pur essendo una Regione geograficamente vasta, registra una relazione bassa di infermieri rispetto ad altre Regioni. Secondo le stime FNOPI (che non tengono conto delle immissioni di personale per la pandemia in quanto assunto con contratti flessibili e quindi ancora precario), mancano 920 infermieri sul territorio e 855 negli ospedali.
Anche le retribuzioni di questi professionisti sono pressoché stabili negli ultimi dieci anni, passate da una media di circa 30mila euro nel 2009 a 32mila euro nel 2019 (ultimo anno rilevato dalla Ragioneria generale dello Stato), con una perdita a parità di potere di acquisto nell’ ordine di poco più 600 euro l’anno, quelle di altre Regioni che contro anche i 3mila euro.
Il Congresso itinerante della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) fa la sua sesta tappa in Sardegna.
Un congresso speciale anti-Covid, senza assembramenti, ma con i componenti del Comitato centrale della Federazione in viaggio con varie tappe che si concluderanno il prossimo 12 maggio – Giornata internazionale dell’infermiere 2022 – in Sicilia, limitando nel loro percorso al massimo e secondo le normative Covid gli assembramenti, verificando l’assenza di contagi e presentando in ogni occasione le buone pratiche e le eccellenze della professione infermieristica che, soprattutto sul territorio, hanno ammesso di affrontare l’assistenza, anche durante la pandemia, rimanendo sempre vicini ai cittadini e con l’unico obiettivo di soddisfare tutti i diversi bisogni di salute anche durante l’emergenza Covid.
Ovviamente non mancherà durante la tappa il confronto con le istituzioni: oltre a numerosi esponenti della politica locale che hanno garantito la loro presenza, dal presidente del Consiglio regionale Michele Pais al rettore dell’università degli studi di Sassari Gavino Mariotti.
In Sardegna sarà presentata anche un’altra novità: sarà inaugurato nel Comune di Villamassargia, il primo “Museo Internazionale dell’Arte Filatelica Infermieristica”, che intende documentare il percorso e l’impatto storico, grafico, artistico e culturale dei francobolli emessi e dedicati in tutti i continenti alla pratica infermieristica e al suo protagonista: il gesto assistenziale, universalmente riconosciuto per distinzione l’identità infermieristica da altre azioni di cura di altri professionisti della salute.
Gli esempi virtuosi di professionalità sull’isola saranno premiati dalla Federazione durante la tappa a Sassari del Congresso e verrà conferita una menzione speciale a Emergency che ha aperto per le persone indigenti ed escluse, per diverse ragioni, dall’accesso alle cure sportelli di orientamento sociosanitario dove offre gratuitamente a pazienti italiani e stranieri vulnerabili attività di educazione sanitaria e prevenzione, servizi per facilitare il loro accesso al Sistema sanitario nazionale e per conoscere i propri diritti.
A Sassari il Bed Management – un gruppo di infermieri con provata esperienza nell’ambito dell’attività dei ricoveri ospedalieri – ha lo scopo di individuare e realizzare idonei strumenti operativi in grado di migliorare la capacità di creare “disponibilità” in termini di posto letto, più rapidamente per l’organizzazione dei ricoveri intra ospedalieri e con un maggior livello di comfort e sicurezza per il paziente e all’Azienda ospedaliero universitaria è stato messo a punto un protocollo che ha analizzato tutte le cartelle cliniche del 2019 e le richieste di approvvigionamento dei farmaci inoltrate dall’unità operativa al servizio farmacia aziendale, generando una guida efficacissima per gli infermieri e tutti i componenti dell’equipe e, come previsto, ha uniformato i comportamenti riducendo le variabili collegate alla somministrazione di farmaci.
Il Servizio delle Professioni Infermieristiche ed Ostetriche Area Nord–ATS ha progettato e implementato un Percorso Clinico Assistenziale di Dimissione post ospedaliera (PCAD-COVID19) allo scopo di garantire la continuità assistenziale, con la definizione di un nuovo modello organizzativo strutturato in obiettivi, procedure, percorsi, criteri di inclusione ed esclusione dei pazienti, strutture, responsabilità.
Nell’Unità Operativa di Cardiologia del Presidio Ospedaliero “Nostra Signora di Bonaria” di San Gavino Monreale, poi, è stata avviata l’attività di monitoraggio remoto dei dispositivi cardiaci impiantabili. Il servizio è stato avviato con l’ausilio personale non dedicato -tre infermieri e due medici- che hanno portato avanti tale attività assistenziale a distanza, davvero “salvavita”. www.fnopi.it
Si è svolto in videoconferenza l’incontro tra il Comitato centrale della Federazione nazionale degli ordini delle professioni sanitarie (FNOPI) e una delegazione della UGL Salute guidata dal Segretario Nazionale Gianluca Giuliano nell’ottica di creare sinergie con l’obiettivo primario di valorizzare la figura professionale dell’infermiere.
Le parti, nel rispetto dei propri specifici ruoli, hanno intrapreso un cammino che miri al miglioramento della loro condizione generale di lavoro dal punto di vista economico, normativo e della carriera.
FNOPI e UGL Salute concordano nel richiedere al Governo di fare fronte alla carenza cronica degli organici del nostro SSN attraverso lo sblocco totale del turn over che preveda una campagna massiva di assunzioni con le dovute forme di contratto a tempo indeterminato, accogliendo con positività l’inserimento della stabilizzazione dei precari nella Legge di Bilancio. Particolare attenzione andrà dedicata alla sicurezza sui luoghi di lavoro e allo sviluppo della formazione.
FNOPI e UGL Salute si impegneranno affinché, sia nel comparto pubblico che in quello privato, gli operatori abbiano pari dignità e diritti per garantire equità professionale.
FNOPI e UGL Salute sosterranno l’attuazione di misure che permettano lo sviluppo delle progressioni di carriera, delle specializzazioni, l’eventuale valutazione di accesso alle funzioni di direzione e il superamento del vincolo di esclusività. www.fnopi.it
05 NOV - La possibilità che una mamma positiva al SARS-CoV-2 al momento del parto trasferisca l’infezione al neonato è molto rara: lo ha dimostrato l’esperienza clinica di questi due anni di pandemia. Ma quali sono i meccanismi che difendono il neonato? È la domanda da cui sono partiti i ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Gesù, che hanno promosso uno studio in collaborazione con il Policlinico Umberto I di Roma.
Lo studio, pubblicato su Jama Network Open, dimostra che grazie al latte delle madri, contagiate dal virus, questi neonati sono grado di sviluppare proprie difese immunitarie contro il Covid-19.
La ricerca appena pubblicata è stata promossa dall’Unità di ricerca Diagnostica Immunologica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, nell’ambito della Medicina Multimodale di Laboratorio e dall’Unità Operativa Complessa di Neonatologia, Patologia e Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico Umberto I. Lo studio ha riguardato 28 donne - e i loro neonati – che hanno partorito al Policlinico Umberto I nel periodo compreso tra novembre 2020 e maggio 2021. Tutte le donne sono risultate positive SARS-CoV-2 al momento del parto in seguito al tampone effettuato per l’ingresso in ospedale, anche se molte di loro erano asintomatiche. Nessuna delle donne all’epoca era stata vaccinata contro il Covid-19. I ricercatori si sono posti l’obiettivo di accertare se e come questa condizione della madre al momento del parto influenzasse l’immunità del neonato.
La protezione degli anticorpi materni. In genere la mamma protegge il bambino nei primi giorni e mesi di vita con il trasferimento dei propri anticorpi attraverso la placenta. Si tratta di anticorpi (o immunoglobuline) di tipo IgG, prodotti in risposta ad infezioni o vaccinazioni e contenuti nel sangue materno. Questo meccanismo fornisce al neonato una protezione passiva consentendogli di utilizzare, in mancanza dei propri, gli anticorpi della mamma. Se la mamma allatta al seno, inoltre, trasferisce al bambino anche un altro tipo di anticorpi (IgA), detti mucosali, perché prodotti dalle mucose del tratto respiratorio (oltre che dell’intestino) della mamma e perché aiutano il neonato proprio contro le infezioni mucosali, come il raffreddore o l’influenza.
I ricercatori hanno studiato il funzionamento di questo meccanismo di protezione nel caso delle mamme positive al coronavirus nel momento del parto. Hanno cercato e misurato, quindi, la presenza di immunoglobuline specifiche contro il SARS-CoV-2 sia nel sangue e nel latte delle mamme, sia nel sangue e nella saliva nei neonati. È la saliva infatti che contiene gli anticorpi di tipo IgA che proteggono le mucose e che l’esperienza della pandemia ha dimostrato essere generalmente molto efficaci contro l’infezione da SARS-CoV-2. Le analisi sono state fatte a 48 ore dal parto e ripetute poi dopo due mesi.
Anticorpi specifici nella saliva del neonato. I risultati delle analisi hanno dimostrato che nel sangue delle mamme gli anticorpi specifici per il virus erano presenti a due mesi dal parto, ma non a 48 ore. Un risultato prevedibile, perché sappiamo che il sistema immunitario ha bisogno di due settimane di tempo per produrre le immunoglobuline IgG. Nel latte, invece, gli anticorpi specifici di tipo IgA erano presenti già a 48 ore dal parto, a dimostrazione che la risposta delle mucose per la produzione di anticorpi è più rapida di quella sistemica dell'organismo.
Coerentemente con questi risultati, i neonati non presentavano IgG specifiche per SARS-CoV-2 nel sangue né a 48 ore (perché la mamma non aveva potuto trasmetterle attraverso la placenta, in quanto ne era sprovvista prima del parto), né a due mesi dalla nascita (perché i bambini non erano stati attaccati dal virus e non si erano infettati). Nella saliva, invece, gli anticorpi mucosali contro il virus erano presenti non solo a 48 ore, ma anche a due mesi dal parto, però solo nei neonati allattati al seno: 17 contro 13 (tra di loro, due coppie di gemelli). È questo un primo risultato sorprendente, perché nello stesso tempo la presenza di anticorpi nel latte delle madri risultava sensibilmente diminuita, non essendo più positive al coronavirus. Qualcosa nei bambini sembra andare oltre il meccanismo di mera protezione passiva.
Il latte materno come un vaccino. A distanza di 48 ore, dunque, i bambini allattati al seno presentavano nella saliva anticorpi mucosali specifici contro il Covid-19 che gli altri neonati non presentavano. A distanza di due mesi, questi anticorpi continuavano ad essere presenti anche se le mamme avevano smesso di produrli. Per i ricercatori è la prova che il latte materno gioca un ruolo fondamentale non solo offrendo protezione passiva, cioè trasferendo al bambino gli anticorpi prodotti dalla madre, ma anche aiutandolo a produrre autonomamente le sue difese immunitarie.
Il meccanismo sembra essere simile a quello di un vaccino. Le IgA prodotte dalle madri contagiate si legano alla proteina Spike espressa sulla superficie del virus formando una molecola, chiamata immuno-complesso, che si trasferirà dalla mamma al neonato tramite l'allattamento. Il complesso IgA-Spike ereditato dalla madre si rivela immunogenico, cioè stimola il sistema immunitario a produrre anticorpi contro il SARS-COV-2, così che il neonato è in grado di produrre proprie IgA protettive.
“È la prima volta che viene dimostrato questo meccanismo – afferma la dott.ssa Rita Carsetti, responsabile di Diagnostica di Immunologia al Bambino Gesù – adesso sappiamo come il latte materno può aiutare il bambino a sviluppare le proprie difese immunitarie. Il sistema potrebbe funzionare allo stesso modo per tanti altri agenti patogeni, che sono presenti nella madre durante l’allattamento». Inoltre: «Non esistono al momento vaccini per i neonati. Gli immuno-complessi potrebbero rappresentare un sistema di immunizzazione somministrabile per bocca, che potrebbe proteggere il bambino nei primi giorni di vita». La ricerca, spiega la dottoressa, «verrà ora estesa e ampliata in due direzioni: da una parte le mamme che hanno ricevuto il vaccino contro il Covid-19 durante la gravidanza, dall’altra le infezioni diffuse come il Citomegalovirus e il Virus respiratorio sinciziale. Va ricordato che la vaccinazione in gravidanza rimane lo strumento più efficace per potenziare la capacità della madre di proteggere il neonato grazie agli anticorpi trasferiti attraverso la placenta”.
“I risultati di questa ricerca sottolineano come «ogni sforzo deve essere prodotto dal punto di vista organizzativo e comunicativo per favorire il contatto tra mamma e neonato al fine di promuovere l’allattamento materno anche in situazioni estreme come l’infezione da SARS-Cov2 - dichiara il prof. Gianluca Terrin, Direttore dell’Unità di Neonatologia del Policlinico Umberto I - la ricerca è stata condotta in una dimensione di completa emergenza, nel corso della seconda e violenta ondata di diffusione del COVID-19. Questi importanti risultati dimostrano come la grande risposta assistenziale del Policlinico Umberto I sia stata accompagnata dallo studio accurato dei fenomeni osservati, che ha condotto a significativi progressi scientifici riguardo la conoscenza dei meccanismi dello sviluppo della risposta immunitaria nelle prime epoche della vita che potrebbero avere risvolti anche in altre aree della pratica clinica”. www.quotidianosanita.it