“To hear for life, listen with care!” - Proteggi il tuo udito, ascolta responsabilmente! è il claim della Giornata mondiale dell'udito 2022 promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per il 3 marzo. L’attenzione è rivolta all’importanza di un ascolto sicuro e ai mezzi della prevenzione per mantenere un buon udito durante tutto il corso della vita. Nel 2021, l'OMS ha lanciato il Rapporto mondiale sull'udito che ha messo in evidenza:
il numero crescente di persone che convivono e sono a rischio di perdita dell'udito
il valore del controllo del rumore come uno dei sette interventi chiave
l'importanza di mitigare l'esposizione a suoni forti.
Quanto è diffusa l’ipoacusia nella popolazione anziana residente in Italia?
Tra i temi indagati dalla sorveglianza PASSI d’Argento (dedicata alla popolazione anziana) ci sono anche i problemi sensoriali di masticazione, vista e udito, che condizionano in modo non trascurabile la qualità di vita dell’anziano, inducendo spesso problematiche connesse all’isolamento e alla depressione.
I problemi di udito sono indagati da PASSI d’Argento attraverso una semplice domanda che non fa riferimento ad alcuna diagnosi medica ma semplicemente da conto della percezione del singolo di avere compromessa la funzionalità uditiva al punto da essere difficoltoso fare quattro chiacchiere con qualcuno. Alla domanda “Sente bene da poter fare quattro chiacchiere con qualcuno? gli intervistati di PASSI d’Argento possono rispondere in tre diversi modi: “si, abbastanza”, “si, solo se indosso l’apparecchio acustico”, “no, non sento bene”. Attraverso queste risposte è possibile avere una stima della prevalenza di ultra 65enni con un “deficit” della funzionalità uditiva (chi dichiara di non sentire bene o di sentire bene solo indossando un apparecchio acustico) e fra questi di coloro che fanno “ricorso ad un ausilio acustico” e delle persone che invece restano con un “problema di udito” (non corretto o non correggibile con alcun ausilio) che dunque vivono la loro quotidianità nella difficoltà di fare quattro chiacchiere con altre persone.
Dai dati PASSI d’Argento, riferiti al quadriennio 2017-2020, emerge che fra gli ultra 64enni residenti in Italia complessivamente il 20% riferisce un deficit dell’udito e meno del 6% supera questa difficoltà facendo ricorso all’apparecchio acustico, mentre il restante 14% non fa ricorso ad alcun ausilio e rimane con un problema uditivo, peraltro il più rilevante tra quelli sensoriali dal momento che i problemi di vista colpiscono il 10% degli anziani e quelli di masticazione il 13%.
Il deficit uditivo coinvolge ugualmente uomini e donne (20% in entrambi), aumenta all’avanzare dell’età, interessando il 47% degli ultra 85enni e disegna un gradiente geografico a svantaggio dei residenti nel Meridione (25% vs 20% del Centro e 17% del Nord).
Il deficit uditivo è fortemente associato allo svantaggio socio-economico e coinvolge di più le persone economicamente più svantaggiate (30% vs 16% di chi non ha difficoltà economiche) e meno istruite (26% vs 14% di persone con livello di istruzione più elevato).
Se il deficit uditivo è associato allo svantaggio socio-economico anche la possibilità di accesso all’ausilio di un apparecchio acustico riflette e amplifica questo svantaggio poiché resta un’opportunità meno frequente fra le persone socialmente svantaggiate e dunque aumenta le differenze sociali fra coloro che rimangono con un problema di udito non corretto o non correggibile.
La quota di persone con problemi di udito (non corretto o non correggibile) che vive dunque nella quotidianità la difficoltà di fare anche solo quattro chiacchiere con qualcuno, mediamente pari al 14%, coinvolge in egual misura uomini e donne, è pari al 7% fra i 65-74 anni e sale al 34%fra gli ultr85enni, coinvolge il 24% delle persone con difficoltà economiche (vs 11% di chi non ne ha) e il 20% delle persone con basso livello di istruzione (vs 9% fra le persone più istruite).
Qual è la qualità di vita degli anziani con problemi uditivi (non corretti o non correggibili)?
Il profilo di salute e la qualità della vita delle persone con problemi di udito sono più compromessi rispetto al resto della popolazione. In questo gruppo di persone, secondo le stime di PASSI d’Argento sono maggiori le prevalenze di:
sintomi depressivi (26% vs 13% del resto della popolazione)
cadute (l’11% è caduto nei 30 giorni precedenti l’intervista vs l’8% del resto della popolazione)
isolamento sociale (il 42% riferisce che in una settimana normale non incontra né parla con nessuno vs il 18% del resto della popolazione).
Queste associazioni fra problemi di udito e sintomi depressivi, cadute e isolamento sociale sono statisticamente significative e confermate anche da analisi multivariate, controllando per genere, età e determinanti sociali.
PASSI d’Argento indaga anche gli aspetti legati all’accessibilità ai servizi socio-sanitari, elemento determinante per garantire percorsi di promozione e tutela della salute della popolazione anziana, ancor di più se particolarmente vulnerabile.
Per quanto riguarda l’accesso ai servizi sanitari (servizi della ASL o medico di medicina generale) 1 anziano su 2 con problemi uditivi ha dichiarato di avere difficoltà nel raggiungere i servizi della ASL o il medico di famiglia, quota che scende invece a 1 su 5 tra chi non dichiara deficit uditivi.
È importante che le condizioni di accesso ai servizi sanitari siano garantite e non dipendenti dalla capacità o autonomia economica delle persone con 65 anni e più. www.epicentro.iss.it
L’emergenza sanitaria ed epidemiologia attuale ha fatto emergere con forza come quella dell’infermiere è la professione del futuro e lo è con maggiori responsabilità, specializzazioni e infungibilità della professione. All’estero tutto ciò c’è già e gli infermieri, ad esempio in Spagna, Francia, Regno Unito, sono anche prescrittori di farmaci non specialistici e di presidi sanitari. Che sia la professione sanitaria del futuro è evidente: nel 2020 è stata l’unica laurea tra le sanitarie che ha visto aumentare le domande di quasi l’8% contro una diminuzione, più o meno evidente, delle altre e secondo i dati a un anno dalla laurea in tempi pre-Covid già l’80% era in servizio.
Beatrice Mazzoleni, segretaria nazionale FNOPI, è intervenuta all’Audizione alla Commissione Lavoro, previdenza sociale del Senato sull'”Indagine conoscitiva sui canali di ingresso nel mondo del lavoro e sulla formazione professionale dei giovani: stage, tirocinio e apprendistato”
Mazzoleni ha sottolineato però che c’è carenza: il rapporto infermieri-abitanti in Italia è di 5,5-5,6 infermieri ogni mille abitanti, uno dei più bassi d’Europa secondo l’Ocse e il rapporto infermieri-medici, che dovrebbe essere secondo standard internazionali 1:3 è, sempre secondo l’Ocse, inferiore di 1:1,5. In Italia mancano oltre 60mila secondo la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) e senza una soluzione alla carenza di organico chi rischia di più è l’assistenza, ma anche l’applicazione del PNRR che punta tutto sull’assistenza territoriale.
La pandemia ha posto sotto gli occhi di tutti quello che già da anni fa, con la sua laurea, i master, i dottorati di ricerca e, ora, la richiesta chiara di scuole di specializzazione e dell’infungibilità della professione.
Secondo il Rapporto Crea Sanità dell’Università di Tor Vergata, la carenza in base ai parametri europei sarebbe di almeno 162.972 infermieri se rapportati al complesso della popolazione e 272.811 se rapportati alla popolazione ultra 75enne, che è quella di riferimento soprattutto sul territorio.
E secondo il concetto di staffing, il rapporto cioè tra infermieri e numero di pazienti assistiti che secondo i parametri medi nazionali e internazionali dovrebbe essere di un infermiere ogni 6 pazienti (ogni due nei servizi come pediatrie o terapie intensive e così via), mentre si assesta da anni a una media di 9,5 pazienti per infermiere con punte in alcune Regioni fino a 17-18 pazienti per infermiere.
“Come ben sappiamo – ha aggiunto -, inoltre, quella degli infermieri è una popolazione che sta allargando la sua piramide dal punto di vista dell’età anagrafica con un’uscita importante nei prossimi anni. Nonostante in questo periodo, oltre alla pandemia, siamo chiamati anche a rispondere a quelle che sono le necessità rispetto al sistema salute, previste nel PNRR.
In quest’ottica partiamo già in una situazione dove gli infermieri vivono la grave carenza nel nostro sistema pubblico con una grande difficoltà a rispondere alle esigenze dei cittadini che sono sempre più una popolazione anziana e cronica e aumenteranno sempre di più perché vuol dire che le aspettative di vita si stanno allungando”.
Maggiore attrattività
La FNOPI, ente sussidiario dello Stato ha messo a punto per la prima volta alcune proposte diversificate tra loro che vertono su proposte innovative sul piano giuridico-contrattuale, sui modelli di organizzazione dei servizi sanitari, sulla revisione dei percorsi di formazione accademica di base e post laurea allo scopo di innovare la professione ma anche per aumentare l’attrattività nei confronti dei giovani.
E’ in questo ambito di attrazione dei giovani verso la professione infermieristica, che occorre intervenire con modelli innovativi di didattica, docenti infermieri in numero adeguato e percorsi professionalizzanti di tirocinio all’interno di tutti i setting presso i quali la funzione infermieristica è strategica ed essenziale per dare risposte appropriate alla domanda di salute dei cittadini.
Gli infermieri vorrebbero riuscire a rispondere in modo importante a queste necessità quindi la loro è una carenza importante che molte stime valutano a quasi 100 mila infermieri.
Questo nel prossimo futuro sarà un importante problema per cui quello che evidenziamo oggi è la necessità di raggiungere una maggiore attrattività: i giovani trovano nella professione infermieristica un’occupazione al 100 per cento entro 12 mesi dal conseguimento della laurea, questo però non è abbastanza attrattivo perché a oggi non è garantito un percorso di carriera, una valorizzazione del ruolo.
Abbiamo un aumento sempre maggiore di richieste dei posti in formazione proprio per le necessità del sistema e oggi la richiesta che stiamo portando avanti è di riconoscere delle specializzazioni per avere infermieri più formati con uno standard che c’è già a livello internazionale dove è previsto un percorso con tre anni più due di laurea e quindi un percorso di carriera riconoscibile e attrattivo per i nostri giovani.
Un terzo di questo percorso è costituito da tirocini abilitanti che danno la possibilità di preparare immediatamente per il mondo del lavoro questi prossimi colleghi infermieri.
Dall’altra parte c’è bisogno di un sostegno rispetto al sistema, perché i tirocini sono sostenuti completamente da infermieri che lavorano già nella clinica e oltre a fare l’assistenza diretta si occupano anche della formazione sul campo.
Riteniamo sia fondamentale sostenere quindi la possibilità di percorso di carriera con una revisione del percorso formativo e poter anche riuscire a essere più attrattivi nei confronti dei giovani e del loro percorso di carriera.
Il “blocco” dell’esclusività
Un blocco che esiste a questo meccanismo oggi è sicuramente il vincolo di esclusività. Per il quale un infermiere non può collaborare con altre strutture. Questo in una situazione di così grave carenza rende ancora di più difficoltoso sostenere un percorso formativo che possa sboccare immediatamente nel mondo del lavoro.
Quello che si chiede è di poter lavorare in sincronia per poter raggiungere un attrattività che vada contro questa carenza che impatterà ancora di più sul sistema nel prossimo futuro e una valorizzazione e quindi di conseguenza una risposta alla nostra popolazione. www.fnopi.it
Rinnovato il Consiglio superiore di Sanità per il triennio 2022-2025: tra i trenta componenti non di diritto, ma di nomina da parte del ministro della Salute – oltre quelli di diritto tra cui la presidente FNOPI Barbara Mangiacavalli e i presidenti delle Federazioni delle professioni sanitarie – è confermata Paola Di Giulio, Professore Associato di Scienze Infermieristiche all’Università di Torino.
Con la conferma di Paola Di Giulio al CSS, la professione infermieristica resta l’unica a essere rappresentata, tra le 22 professioni sanitarie.
Paola Di Giulio, iscritta all’Ordine interprovinciale Milano LBM, è professore associato di Scienze Infermieristiche presso l’Università di Torino e la SUPSI (Manno, CH).
E’ stata responsabile Ricerche Farmacologiche dell’Istituto Mario Negri di Milano e ricercatore senior del Dipartimento di ricerca Cardiovascolare sempre del Mario Negri. Oltre alla laurea in Scienze infermieristiche ha una specializzazione in Anestesia e Rianimazione, un master of Science – Advanced Clinical Practice (indirizzo Oncologia) all’Università di Guildford.
“Congratulazioni dalla Fnopi e dall’intera comunità infermieristica e un ringraziamento al ministro della Salute Roberto Speranza per la riconferma. Si tratta di un importante riconoscimento alla nostra professione e al lavoro portato avanti in tutti questi anni dalla professoressa Di Giulio”, ha commentato la presidente FNOPI, Barbara Mangiacavalli. www.fnopi.it