11/07/2019 - Questi i risultati di una ricerca Fiaso-IEN mentre un’indagine della Federazione degli Ordini degli Infermieri conferma: il 79% dei più giovani non cambierebbe la professione e il 70% nemmeno il lavoro; solo il 50% cambierebbe per cercare maggiore riconoscimento.
"La ricerca Fiaso-IEN (Istituto europeo neurosistemica) sulla gestione delle risorse umane in sanità conferma una realtà già da tempo – purtroppo – ben conosciuta da chi lavora e da chi gestisce i servizi, l’assoluta importanza del lavoro dei professionisti perché il sistema funzioni e l’altrettanto assoluta necessità di interventi che rompano la routine ormai consolidata di allineamento verso il basso senza riconoscimenti di competenze, specializzazioni e meritocrazia".
È questo il primo commento di Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli ordini degli infermieri (FNOPI), ma anche direttore sociosanitario dell’Asst Milano Nord, ai risultati dello studio Fiaso sulla gestione delle risorse umane in sanità che mette in risalto che il 52% dei neo assunti e il 38% dei "senior" vorrebbe cambiare azienda per condizioni e guadagni migliori anche se giudicano gratificante la propria attività il 51% dei senior e il 67% dei neoinseriti.
"lo stimolo a prendersi cura è anche la ragione per cui si sceglie una professione che cerca di risolvere i bisogni di salute delle persone - ha detto Mangiacavalli -: aiutare gli altri e assisterli è lo scopo di chi lavora in sanità e riuscirci è di per se premiante, al di là del contorno organizzativo, per il quale le aziende fanno sicuramente il loro meglio, ma che ormai è evidente ha bisogno di poter contare su investimenti e riconoscimenti maggiori".
http://www.fnopi.it/attualita/valorizzare-il-personale-ssn-con-premialita-meritocrazia-e-riconoscimento-delle-competenze-id2702.htm
03/07/2019 - Dodici lezioni ECM audio e video per imparare e praticare de-escalation, una serie di interventi basati sulla comunicazione verbale e non verbale che hanno l’obiettivo di diminuire l’intensità della tensione e dell’aggressività nella relazione interpersonale, coordinati e illustrati dallo psichiatra criminologo Massimo Picozzi
L’89,6% degli infermieri è stato vittima di violenza fisica/verbale/telefonica o di molestie sessuali da parte dell’utenza sui luoghi di lavoro.
Il dato allarmante lo ha elaborato il Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione dell’Università di Tor Vergata di Roma e mette in evidenza la necessità assoluta di un intervento che blocchi il fenomeno sempre più diffuso delle aggressioni.
Per quanto riguarda la violenza fisica i dati parlano chiaro (la somma non dà 100 perché possono essersi manifestate varie forme di aggressione nello stesso caso): nel 43,1% dei casi si tratta di lancio di oggetti e sempre nel 43,1% di casi di sputi verso l’operatore sanitario, ma a seguire (39,1%) ci sono graffi, schiaffi e pugni (37,2%), tentata aggressione (36,6%) spintoni (35,4%), calci (26,2%) e così via.
Per non parlare di quante volte gli infermieri sono oggetto di violenze verbali (urla, offese, insulti, minacce ecc.): nel 26,6% dei casi è capitato più di 15 volte, ma nel 35,7% tra 4 e 15 volte e nel 31,9% dei casi da una a tre volte.
Cosa provocano gli episodi di violenza? Lo studio evidenzia che nel 41,8% dei casi scatta negli infermieri difficoltà/calo di concentrazione per l’intero turno, nel 16,9% paura e nella stessa percentuale rabbia, nel 18,9% dei casi chi è stato soggetto a violenza delega le proprie attività verso l’utente a un altro collega e nel 5,5% dei casi si arriva anche a soffrire di un comportamento di esclusione tale da compromettere l’esecuzione delle proprie attività.
Dati questi che assieme a quelli elaborati dalla Federazione degli Ordini dei medici e dai sindacati di categoria aumentano ancora la dimensione del fenomeno: Il 50% dei medici ha subito, nell’ultimo anno, aggressioni verbali; il 4% è stato vittima di violenza fisica. Oltre il 38% si sente poco o per nulla al sicuro e più del 46% è abbastanza o molto preoccupato di subire aggressioni.
Per questo la Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche, assieme alla FnomCeo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici, offrono gratis ai loro iscritti corsi FAD (formazione a distanza) specifici che si basano su interventi di comunicazione verbale e non, con l’obiettivo di diminuire tensione e aggressività nella relazione interpersonale. E che consentono di avere a chi conclude il corso numerosi crediti ECM.
L’accessibilità al corso per infermieri e medici è prevista accedendo ai corsi dai rispettivi portali istituzionali.
Il progetto si chiama "C.A.R.E. (Consapevolezza, Ascolto, Riconoscimento, Empatia) – Prevenire, riconoscere, disinnescare l’aggressività e la violenza contro gli operatori della salute" ed è composto di 12 sezioni; per ogni sezione sono previste alcune attività obbligatorie: uno o più video relativi ad argomenti specifici; la consultazione dei testi dei video; un questionario di valutazione ECM con domande a risposta multipla che sondano le conoscenze acquisite.
I titoli dei vari capitoli vanno, ad esempio, da "no ai pregiudizi" a "dalla rabbia all’aggressività alla violenza", da "la comunicazione e l’ascolto" a "la paura e il suo linguaggio", da "il conflitto" a "affrontare e gestire una crisi" e ancora, sempre come esempio, da "bullismo e inciviltà nel lavoro (infermieristico e medico)" fino a "decidere, tra ragione e intuizione, e le tecniche avanzate dei negoziatori in contesti critici". http://www.fnopi.it/attualita/aggressioni-infermieri-e-medici-imparano-a-evitarle-partono-i-corsi-del-progetto-care-id2695.htm
06/07/2019 - Partito il corso formativo in vista dell'esordio della nuova figura nelle Asl Roma 4, 5 e 6.
Con l’accordo sottoscritto fra l’OPI di Roma e le ASL Roma 4, 5 e 6 per l’attivazione il prossimo ottobre della nuova figura professionale dell'Infermiere di Famiglia e di Comunità (IFeC), è iniziato oggi 6 luglio il percorso formativo per gli infermieri delle ASL che hanno aderito all'intesa. Nei Paesi a sanità avanzata la figura dell'IFeC è oggi considerata un tassello fondamentale per la cura e la prevenzione delle malattie, specialmente di quelle a più elevato impatto sociale. In attesa dello specifico Master, che avrà inizio nell’anno accademico 2019/2020 presso l’Università di Roma Sapienza, in collaborazione con Tor Vergata, l’OPI, considerate le caratteristiche peculiari di tale figura, ha organizzato un percorso formativo, coinvolgendo nella docenza professionisti esperti in materia come Angrlo Anglani, Alessia Baldon, Maurizio Cistaro, Tiziana Di Giovanni, Anna Malatesta, Roberta Marchini, Ginetto Menarello, Patrzia Millazzotto, Luigia Morena, Simonetta Pera, Cristina Pizzicannella, Cesarina Prandi, Rachele Rocco, Manuela Ruatta e Serenella Savini. Il programma didattico è suddiviso in cinque giornate, 6, 11, 26 luglio e 6, 10 settembre 2019, per un totale di 45 ore, accreditato con 41,5 crediti Ecm.
L’obiettivo è creare le basi per l’acquisizione di competenze specifiche nei campi della continuità assistenziale, della promozione della salute, della prevenzione sanitaria, della riabilitazione e della gestione delle patologie a maggiore incidenza sul territorio delle tre ASL coinvolte: Bpco, diabete, ipertensione e scompenso cardiaco. Il corso offre la possibilità di sviluppare competenze nella cura domiciliare del paziente, nel mantenimento della continuità della cura e nel sostegno all’auto cura, nel coinvolgimento delle famiglie e nel fornire protezione e tutela della salute. Fornisce inoltre preziosi spunti di riflessione sul lavoro in team, in quanto l’infermiere di famiglia e di comunità attiva molteplici reti di assistenza e svolge un rigoroso lavoro di collegamento fra i servizi che intervengono nel percorso di malattia del soggetto assistito e della sua famiglia. Per L'Articolo completo