RSA (e più in generale le strutture residenziali per anziani) primo bersaglio di COVID-19 in tutta Europa.
La ragione è la maggiore vulnerabilità delle persone anziane e non autosufficienti ospitate in tali strutture.
Per questo Senior Italia FederAnziani ha deciso di costituire un Advisory Board formato dai massimi esperti del settore sanitario alfine di offrire suggerimenti alle direzioni delle RSA sulla gestione dell'emergenza e di avanzare in merito precise proposte ai decisori politici.
Ricerca di soluzioni alternative, come gli alberghi, rispetto al trasferimento nelle RSA dei pazienti positivi al COVID-19 paucisintomatici o che hanno superato la fase acuta; esecuzione dei tamponi sia agli ospiti che agli operatori, inclusi quelli in attesa di rientrare in struttura al termine della quarantena; garanzia di adeguata fornitura di dispositivi di protezione individuale agli operatori; formazione del personale alla gestione delle emergenze; supporto psicologico a ospiti e famiglie con una particolare attenzione alla trasparenza nella comunicazione; chiarezza organizzativa e delle responsabilità: sono le indicazioni che emergono nel documento Gestione dell'emergenza COVID 19 nelle strutture residenziali per anziani elaborato dal prestigioso Advisory Board scientifico.
E anche garanzia della qualificazione dei responsabili delle funzioni di coordinamento, prevedendo un ruolo di primo piano per l'infermiere con funzioni di coordinamento, e direzione con logiche di multidisciplinarietà.
In questo senso i responsabili delle funzioni di coordinamento e direzione devono assicurare l'acquisizione e l'aggiornamento delle competenze organizzative e gestionali utili a indirizzare l'organizzazione al rispetto delle corrette pratiche igienico sanitarie nell'emergenza e all'appropriatezza della gestione dei pazienti positivi e non. Predisporre norme che favoriscano la stabilizzazione del personale per garantirne la qualificazione e preparazione e un'adeguata dotazione organica.
Centrale poi il problema deli dispositivi di protezione: "E' fondamentale adottare una speciale attenzione per la prevenzione e il controllo delle infezioni all'interno delle RSA, riconoscendo il ruolo di primo piano di tali strutture come spina dorsale del sistema di welfare e la particolare vulnerabilità dei loro residenti. – si legge nel documento – Deve essere garantita a ogni RSA una preventiva dotazione di DPI adeguati, sufficienti per residenti e personale per almeno due settimane e, sin dalle prime fasi, deve esserne garantito, in caso di epidemia, il regolare e costante approvvigionamento. Devono essere distribuiti fondi a copertura di tutti i maggiori costi per DPI sostenuti nel corso dell'emergenza".
Il documento non dimentica i tamponi che: "devono essere effettuati in modo sistematico e non a macchia di leopardo, con esiti garantiti in tempi rapidi. Occorre estendere il controllo agli asintomatici, sia tra i pazienti che tra gli operatori, poiché la comparsa della sintomatologia, quando c'è, evidenzia l'esistenza di una situazione già critica e consentire anche l'utilizzo dello screening sierologico venoso. Va stabilita una corsia preferenziale per effettuare i tamponi agli operatori che, al termine della quarantena, devono effettuare il controllo per poter tornare a lavorare, in modo da evitare carenze di personale".
Poi va potenziato il territorio, devono essere fornite alle RSA adeguate informazioni circa le procedure da rispettare per contenere l'infezione, così come avviene negli ospedali pubblici, devono essere previste per le RSA, soluzioni idonee all'isolamento dei casi positivi COVID 19 clinicamente non complessi e gestibili all'interno delle strutture, la possibilità di utilizzare, sistemi di telemonitoraggio cardiorespiratorio, per individuare precocemente il deterioramento dei parametri vitali e consentire il tempestivo trasferimento dei residenti in ospedali COVID adeguatamente attrezzati.
Non va trascurato l'impatto psicologico dell'emergenza, da gestire con un adeguato supporto a famiglie e ospiti, anche attraverso la strutturazione di unità dedicate a questo scopo e incentivando la comunicazione verso i familiari. Particolare attenzione va dedicata alla prevenzione dello stress e del burnout per coloro che lavorano all'interno delle strutture.
Una particolare attenzione si raccomanda nella vaccinazione, dando priorità alle RSA per i vaccini contro lo pneumococco e (nella stagione invernale) quelli anti-influenzali, come da raccomandazioni dell'OMS.
Un capitolo a parte è quello dedicato alla gestione delle cronicità degli ospiti, per cui è necessario rafforzare tutte le azioni necessarie alla gestione preventiva e terapeutica delle cronicità. In particolare, vanno attentamente considerate le difficoltà relative alla gestione delle patologie preesistenti e messe in essere tutte le procedure idonee ad evitare che queste vengano ad essere meno controllate e/o ipotrattate in una popolazione fragile come quella degli anziani ospiti delle RSA. È necessario potenziare l'attività della specialistica ambulatoriale delle ASL in particolar modo dedicata per l'assistenza domiciliare e per attività nelle RSA per garantire prestazioni e diagnostica riservando, così, all'ospedale solo casi complessi che ne richiedano il ricovero.
Anche la riabilitazione conserva un ruolo centrale nell'emergenza: anche nelle RSA, ogni intervento riabilitativo per disabilità di origine differente, anche come esiti della Covid-19, deve essere gestito da un team multidisciplinare giudato dal fisiatra.
Infine, una nota sulla mortalità degli anziani presso il proprio domicilio, che secondo quanto emerso dalle ricerche dell'Osservatorio Settoriale sulle RSA della LIUC Business School, coinvolto nell'Advisory Board, non va considerato necessariamente un luogo più sicuro delle RSA: "La popolazione anziana rappresenta il segmento demografico che nel suddetto periodo del 2020 registra il più alto incremento dei decessi rispetto alla media dei 5 anni precedenti, anche se le variazioni più alte si sono verificate nelle fasce anagrafiche degli young old (+91,2%) e degli old old (+99,5%), rispetto a quella degli oldest old (+83,8%), al cui interno ricadono in netta prevalenza i tipici utenti delle RSA.
Va, infatti, considerato che l'età media di ingresso nelle RSA negli anni si è progressivamente innalzata e, secondo i dati dell'Osservatorio Settoriale sulle RSA della LIUC Business School, risulta pari a 84,5 anni.
È, quindi, evidente che la mortalità registrata negli anziani dei segmenti anagrafici precedenti sia per lo più riconducibile ad anziani residenti al proprio domicilio, che non è, quindi, necessariamente da considerare un luogo più sicuro delle RSA e/o della altre unità di offerta residenziali del territorio rivolte alla popolazione anziana. Queste evidenze vanno tenute in debita considerazione nel ripensare l'attuale sistema di offerta residenziale, soprattutto al fine di evitare di snaturare immotivatamente il ruolo delle RSA all'interno della filiera dei servizi per la non autosufficienza".
I componenti dell'Advisory Board sono:
Pierluigi Bartoletti – Vice Segretario Generale Nazionale FIMMG
Rossella Costantino – Delegata SIMFER – Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa
Fernando De Benedetto – Delegato Società Italiana di Pneumologia (SIP IRS) e del Centro Studi SIP
Nicola Draoli – Delegato FNOPI
Claudio Ferri – Professore Ordinario in Medicina Interna, Università degli Studi dell' Aquila
Ranieri Guerra – Esperto
Antonio Magi – Segretario Generale SUMAI-Assoprof – Sindacato Unico Medicina Ambulatoriale Italiana e Professionalità dell'Area Sanitaria
Marcella Marletta – già DG della Direzione generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico del Ministero della Salute
Roberto Messina – Presidente Senior Italia FederAnziani
Fabrizio Pregliasco – Virologo, Direttore Sanitario dell'IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano
Mariuccia Rossini – Presidente AGeSPI Nazionale
Antonio Sebastiano – Direttore Osservatorio RSA, Liuc Business School
Eleonora Selvi – Consigliere Nazionale Senior Italia FederAnziani – Responsabile Comunicazione
Angelo Testa – Presidente SNAMI – Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani
A rilevarlo, alla vigilia del primo maggio, è il primo report dell'Istituto, da cui emerge anche che i casi mortali da contagio sono stati 98, circa il 40% del totale dei decessi sul lavoro denunciati nel periodo preso in esame (tra la fine di febbraio e lo scorso 21 aprile)
Sono più di 28mila i contagi da Covid-19 di origine professionale denunciati all'Inail tra la fine di febbraio e lo scorso 21 aprile. Il 45,7% riguarda la categoria dei 'tecnici della salute', che comprende infermieri e fisioterapisti, seguita da quella degli operatori socio-sanitari (18,9%), dei medici (14,2%), degli operatori socio-assistenziali (6,2%) e del personale non qualificato nei servizi sanitari e di istruzione (4,6%). Lo scrive in una nota l'Inail.
A rilevarlo, alla vigilia delle celebrazioni del primo maggio, è il primo report dell'Istituto dedicato al fenomeno delle infezioni sul lavoro da Covid-19, da cui emerge anche che i casi mortali da contagio sono stati 98, 52 in marzo e 46 in aprile pari a circa il 40% del totale dei decessi sul lavoro denunciati all'Inail nel periodo preso in esame.
"I nostri dati- spiega il presidente dell'Inail, Franco Bettoni- confermano la maggiore esposizione al rischio del personale sanitario, al quale l'Istituto riconosce la presunzione semplice di origine professionale dell'infezione. Con l'avvio della fase 2 dell'emergenza, continueremo a monitorare l'andamento delle denunce di contagio sul lavoro da nuovo coronavirus, anche allo scopo di ricavare informazioni utili per fornire indicazioni sulle misure di prevenzione da adottare con la graduale ripresa delle attività produttive. Nel frattempo, tutti i casi accertati di infezione contratta in occasione di lavoro e in itinere continueranno a essere tutelati dall'Istituto come infortuni, già a partire dal periodo di quarantena".
"Il governo- conferma la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Nunzia Catalfo- lavora in stretta sinergia con l'Inail e con le altre istituzioni coinvolte nella gestione dell'emergenza per fare in modo che la graduale ripresa delle attività avvenga in condizioni di massima sicurezza per tutti, individuando misure di protezione efficaci anche attraverso un confronto costante con le parti sociali. Il protocollo per la sicurezza sui luoghi di lavoro firmato lo scorso 24 aprile è il caposaldo per poter lavorare in sicurezza nella fase 2. Allo stesso tempo andra' assicurato il massimo sostegno ai lavoratori che hanno contratto il virus, a partire dalle categorie più esposte, come gli operatori sanitari impegnati in prima linea per il contenimento della pandemia. La celebrazione del primo maggio deve essere l'occasione per dare il giusto riconoscimento al loro impegno e a quello degli altri lavoratori che negli ultimi due mesi hanno garantito l'erogazione dei servizi pubblici essenziali".
Con soddisfazione abbiamo apprezzato in questo momento di emergenza sanitaria il riconoscimento che protagonisti insostituibili nella cura ed assistenza ai pazienti malati nonché nella stessa prevenzione, insieme ai medici, sono gli infermieri.
Gli infermieri hanno messo in campo:
- la loro competenza per prendersi in carico pazienti con nuovi bisogni assistenziali;
- la loro flessibilità dimostrata nell'aggiornarsi velocemente per poter dare risposte alle esigenze assisten-ziali e di cura di questi pazienti, oltre che per porre in essere attività di prevenzione ed educazione sanitaria fondamentale per contenere la diffusione. Ricordiamo infatti che nel giro di pochi giorni interi ospedali sono stati trasformati per far fronte all'emergenza, e di questo lavoro sono chiaramente identificabili i principali protagonisti ma anche i registi, ovvero i colleghi infermieri impegnati sia a livello clinico che organizzativo;
- la loro disponibilità a farsi carico di un numero elevatissimo di pazienti con le loro necessità superando qualsiasi standard prefissato in tempi "normali";
- la loro stessa integrità per assicurare a tutti la migliore assistenza possibile in un contesto che giustamente è stato considerato di guerra.
Il Paese ha potuto contare e sta' contando su questi professionisti della salute per risollevarsi e riportare i cittadini a poter tornare a vivere in contesto il più possibile sereno e con fiducia nel futuro. La responsabilità di questo compito che ci è stato assegnato la sentiamo tutta e per questo tutti ci stiamo impegnando al massimo per avere i risultati che la società auspica.
Per quello che stiamo assicurando vogliamo essere riconosciuti.
La peculiarità della nostra funzione - in questo particolare contesto che stiamo vivendo - è stata messa in evidenza in modo inequivocabile da questa drammatica prova che ci ha trovati impreparati dal punto di vista delle forze in campo (carenza infermieristica più volte denunciata) ma non dalla capacità di rispondere con competenza e con un altissimo senso del dovere trasmessoci da nostro codice deontologico
Il riconoscimento, per quello che siamo, e lo dimostriamo con quello che stiamo facendo, non può che essere - al pari del nostro impegno - da subito, attraverso idonei provvedimenti legislativi come:
1) costituzione di un'apposita sezione contrattuale per le professioni infermieristiche, ai sensi di quanto già definito dall'ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 40 del D.lgs. 165/01. Questa come risposta alla competenza e capacità dimostrata in situazioni estreme, dalla nostra professione, che è si dimostrata una risorsa essenziale ed insostituibile per far fronte alla crisi;
2) istituzione di una indennità infermieristica come parte del trattamento economico fondamentale che rico-nosca e valorizza sul piano economico le profonde differenze rispetto alle altre professioni sanitarie che si sono manifestate in tutta la loro evidenza in questa crisi. Esiste già nel nostro ordinamento un esempio di riferimento che riguarda la dirigenza sanitaria, con l'indennità di specificità medica in essere per le stesse ragioni per le quali oggi la chiediamo anche per la professione infermieristica;
3) garanzie su adeguamento dei fondi contrattuali e possibilità di un loro utilizzo per un'indennità specifica e dignitosa per tutti i professionisti che assistono pazienti con un rischio infettivo;
4) garanzie su un adeguamento della normativa sul riconoscimento della malattia professionale in caso di infezione con o senza esiti temporanei o permanenti;
5) immediato adeguamento delle dotazioni organiche per quanto attiene al personale infermieristico, con pari aggiornamento della programmazione degli accessi universitari;
6) aggiornamento della normativa sull'accesso alla direzione delle Aziende di Servizi alla Persona. L'emer-genza che stiamo vivendo ha messo in rilievo che non è possibile prescindere da una competenza sanitaria di tipo assistenziale a garanzia degli ospiti;
7) immediata possibilità per gli infermieri pubblici – superando in vincolo di esclusività - di prestare la loro attività professionale a favore di strutture socio-sanitarie (RSA, case di riposo, strutture residenziali, riabi-litative...), per far fronte alla gravissima carenza di personale infermieristico di queste strutture. Ancora, opportunità per il personale infermieristico nelle strutture pubbliche del SSN, in carenza di personale, di attivare le prestazioni aggiuntive come da comma 2 del DL 12/11/2001 n. 402, convertito c.m. in L. 1/2002;
8) le norme relative all'autorizzazione ed all'accreditamento delle strutture sanitarie private dovranno rece-pire le indicazioni definite per le strutture pubbliche in tema di requisiti organizzativi conseguenti alle innovazioni di cui ai punti precedenti.
Colgo l'occasione per formulare, a nome di tutto il Comitato Centrale, un augurio di buona Pasqua e di vera rinascita, per il nostro Sistema Sanitario e il nostro Paese.
La Presidente
Barbara Mangiacavalli