Sul territorio c’è la medicina, ma anche l’assistenza che ha bisogno di riqualificazione.
E per il rilancio e la riqualificazione completa della medicina e dell’assistenza territoriale nell’era post-COVID-19 la Federazione nazionale degli infermieri ha sottolineato quattro necessità prioritarie, durante l’audizione alla Commissione Igiene e Sanità del Senato che si è svolta oggi su questa materia:
“Le nuove caratteristiche epidemiologiche della popolazione, le nuove fragilità e in questo periodo la necessità di fare fronte alla pandemia COVID-19, richiedono un modello assistenziale orientato verso un’offerta territoriale, che valorizzi un approccio più focalizzato sulla vita quotidiana della persona”, ha spiegato in audizione Nicola Draoli, componente del Comitato centrale della Federazione.
Secondo Draoli è necessario anticipare i bisogni dei pazienti e seguirli in maniera continuativa lungo tutto il percorso assistenziale, con una sanità di iniziativa integrata con i servizi sociali e l’assistenza primaria deve essere distribuita all’interno di un sistema più ampio e articolato su più professionalità come reso noto anche nella Dichiarazione di Astana che ha sostituito quella di Alma Ata.
“Per ottenere questi risultati – ha aggiunto – dovrebbe essere previsto un modello di rete territoriale, basato su competenze multidisciplinari che abbiano ognuna proprie responsabilità e autonomia di gestione della persona assistita, secondo le caratteristiche della professione svolta, in modo di consentire l’educazione alla salute, la prevenzione, l’assistenza e il soddisfacimento dei bisogni, il controllo celle condizioni dell’individuo per evitare processi di malattia, aggravamento e/o complicanze rispetto a situazioni di fragilità, h24 sul territorio e in grado di far fronte alle esigenze via via presenti per fronteggiare la pandemia. Per raggiungere questo obiettivo le persone devono avere a disposizione non decine di servizi slegati tra loro ma professionisti di fiducia e di riferimento che siano punto di riferimento per ricompattare i servizi per i cittadini”.
L’obiettivo deve essere quello di far coincidere quanto più possibile professionisti diversi e popolazione di riferimento dei professionisti. Da una sanità reattiva ad una proattiva. Da una sanità prescrittiva ad una sanità preventiva. Dai servizi, ai professionisti di fiducia.
“L’emergenza legata a COVID-19 e l’assistenza in genere a cronici, non autosufficienti, anziani e fragili – ha aggiunto – ha mostrato la grave carenza presente oggi sul territorio dove in assenza di professionisti in grado di essere presenti h24 accanto ai malati, questi sono stati spesso lasciati soli o la loro condizione patologica è sfuggita ai controlli e comunque hanno dovuto ricorrere a forme improprie di assistenza rispetto quelle che un Servizio sanitario pubblico deve garantire ed erogare”.
Draoli ha ricordato che il ruolo degli infermieri nell’assistenza territoriale, è messo in evidenza dal Patto per la salute, dal Decreto Rilancio e dalle stesse Regioni che nelle loro linee di indirizzo per dare uniformità alla nuova figura lo hanno definito come “riferimento per tutta la popolazione (per soggetti anziani, pazienti cronici, istituti scolastici ed educativi che seguono bambini e adolescenti, strutture residenziali per non autosufficienti, ecc.) con particolare attenzione alle fragilità” e in particolari condizioni epidemiologiche (come è COVID) “il suo intervento può essere orientato alla gestione di un target di popolazione specifica, ad es. per il tracciamento e monitoraggio dei casi di COVID-19 coadiuvando le USCA, in collaborazione con medici di medicina generale e Igiene Pubblica e nelle campagne vaccinali”.
Concetti messi evidenza anche dalla Direttiva 2013/55/UE recepita in Italia nel 2015 che assegna all’infermiere la responsabilità dell’assistenza generale e illustra una serie di competenze che deve applicare autonomamente e dal Piano nazionale Prevenzione, in cui l’infermiere è coinvolto nelle strutture residenziali (RSA) dove è prevista assistenza infermieristica sette giorni su sette per 24 ore al giorno.
Opi Teramo informa che gli uffici rimarranno chiusi al pubblico nei giorni 22 e 23 Ottobre. Per comunicazioni urgenti potete contattare i seguenti numeri di telefono:3452924927 oppure 3331924816.
Ci scusiamo per il disagio.
Roma, 19 ottobre 2020. “Si sta facendo un grande sforzo internazionale sui vaccini. Realisticamente credo che potremmo far partire le vaccinazioni per le persone fragili, le forze dell’ordine, gli operatori sanitari nei primi mesi della prossima primavera”. Lo ha detto il presidente del Consiglio superiore di sanità e Componente del Cts, Franco Locatelli, in un’intervista a InBlu Radio, il network delle radio cattoliche della Cei.
“Il lavoro di Arcuri sui tamponi – ha aggiunto Locatelli – è formidabile. Negli ultimi giorni di tamponi molecolari siamo arrivati a oltre 150 mila. E l’ Italia è uno dei Paesi che fa più tamponi al mondo. In questo momento c’è anche la disponibilità dei test rapidi antigenici. Però più che di numeri parlerei di strategie perché diventerebbe una corsa che andrebbe ad autosostenersi e sposterebbe l’asticella sempre più in alto. Dire ‘facciamo più tamponi’ è facile mentre più complesso e articolato il discorso sull’elaborazione di una strategia in termini di sistema Paese per dar corso alla realizzazione di questi tamponi. Dobbiamo rendere più efficienti i percorsi e soprattutto diamo un ruolo importante ai medici di medicina generale”.
“La situazione attuale – ha spiegato Locatelli a InBlu Radio – è ben diversa rispetto a quella di marzo dove il carico di patologia che gravava era significativamente maggiore rispetto ad oggi. Basta andare a vedere il numero delle terapie intensive e delle persone che hanno perso la vita. Certamente c’è stata un’accelerazione importante del numero dei contagiati ma ci sono significative differenze.