La previsione è contenuta nell'atto di indirizzo all'Aran messo a punto dal Comitato di settore Sanità delle Regioni. Agli ordinamenti didattici penserà il ministero dell'Università
Nel nuovo contratto ci sarà il "professionista specialista", laureato e con un master di primo livello nelle professioni sanitarie. E ci sarà un "professionista esperto", quello che ha acquisito competenze avanzate grazie a percorsi formativi complementari regionali e le attività professionali svolte anche in base a protocolli concordati tra le rappresentanze delle professioni, di quelle mediche e dell'area sanitaria in generale.
Gli aspetti economici del nuovo professionista specialista e di quello esperto saranno definiti al momento della revisione di tutte le funzioni di coordinamento e delle posizioni organizzative.
Arriva così lo sprint delle competenze avanzate per gli infermieri e le altre professioni sanitarie, annunciato già a fine aprile dal presidente del Comitato di settore Sanità, Massimo Garavaglia, in occasione dell'incontro tra le professioni e i sindacati Cgil, Cisl, Uil, proprio sui nuovi sbocchi e sulla crescita delle professioni.
E arriva bypassando anche la trattativa in corso sul comma 566 della Finanziaria 2014 e superando lo stallo in cui il Governo ha lasciato la bozza di accordo Stato-Regioni a cui i governatori già da anni hanno detto sì.
A mettere nero su bianco questa e altre previsioni che ridisegnano di fatto il panorama dell'assistenza è l'atto di indirizzo che il Comitato di settore ha varato oggi e che sarà inviato ora all'Aran, l'Agenzia negoziale per le pubbliche amministrazioni, per dare il via alla nuova tronata contrattuale, ferma ormai da sei anni.
"Le Regioni e il ministero della Salute hanno mantenuto la promessa e la coerenza – commenta Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale OPI -. La promessa era di dare un nuovo impulso alla valorizzazione delle professioni sanitarie seguendo le linee indicate, come anche lo stesso atto di indirizzo ricorda nelle sue premesse, nel Patto per la salute e nel recepimento di tutte le ultime direttive europee in materia. La coerenza perché sono state le Regioni le prime a sottoscrivere e approvare con la bozza di accordo Stato-Regioni ancora in sospeso e, in alcune realtà a rendere già operative, le nuove competenze degli infermieri. Spetterà poi all'Osservatorio nazionale per le professioni sanitarie, ricostituito presso il ministero dell'Università a marzo di quest'anno, prevedere i vari percorsi formativi, compreso, per la laurea magistrale il nuovo indirizzo clinico, implicito nella nuova figura di professionista specialista. La scelta del Comitato di settore conferma l'efficacia della politica portata avanti dall'OPI e da ora in poi, quando il tavolo contrattuale sarà aperto, passa la palla ai sindacati che dovranno mettercela tutta per applicare, difendere e tutelare il lavoro dei nostri professionisti e di tutti gli operatori chiamati in causa nel nuovo modello di assistenza disegnato dalle Regioni. Tenendo presente che concertazione è la parola chiave. E collaborazione reale per continuare a lavorare fianco a fianco in un nuovo modello di sanità sicura, efficace, appropriata e sostenibile".
E questo è tanto più vero, quanto, come spiega l'atto di indirizzo il nuovo assetto organizzativo si fonda sull' equilibrio tra strutture e funzioni: accanto a una rivista struttura ospedaliera per acuzie, articolata funzionalmente e strutturalmente per dipartimenti, si consolida un modello organizzativo per intensità di cure e dove il rapporto tra ospedale e territorio rende necessarie strutture organizzate secondo i modelli preesistenti, anche con forti differenziazioni tra singole realtà regionali.
Si stanno realizzando ospedali di comunità o reparti a bassa intensità di cura a gestione infermieristica, e si sta attuando, anche con il rinnovo delle convenzioni della medicina generale, pediatria di libera scelta, specialistica ambulatoriale e farmaceutica, il nuovo modello di cure primarie operativo 24 ore al giorno e per 7 giorni alla settimana che ha come corollario la realizzazione dell'integrazione socio-sanitaria
L'atto di indirizzo apre le porte infatti per la prima volta, anche a una nuova area, quella delle professioni sociosanitarie. Tutta da disegnare, specifica il documento, ma indispensabile ancora una volta per applicare la previsione di integrazione socio-sanitaria del Patto per la salute.
I meccanismi economici previsti, vista la scarsità di risorse nazionali, disegnano anche un nuovo meccanismo che avrà alla base un unico fondo contrattuale di secondo livello (Regioni e aziende), armonico su tutto il territorio nazionale, da utilizzare in base all'adeguatezza e all'appropriatezza degli interventi alla tutela della salute individuale e collettiva (meccanismi premianti e meritocratici, quindi).
Sempre a livello di contrattazione integrativa, poi, si dovrà prevedere che a figure professionali sempre più specializzate, autonome e responsabilizzate, sia necessario "corrispondere un conseguentemente adeguamento delle retribuzioni tendendo a un sistema retributivo, che sappia individuare un giusto riconoscimento a capacità e competenze, che sappia valorizzare il merito favorendo la crescita professionale di chi vuole fare di più".
E oggi il Comitato di settore ha dato il via libera anche a un altro atto di indirizzo per i contratti sanitari: quello dei medici e della dirigenza sanitaria in cui per la prima volta, secondo l'accordo sulle aree di contrattazione, fa il suo ingresso anche la dirigenza infermieristica.
Per questa sono previsti gli stessi istituti contrattuali di medici e dirigenti non medici, la stessa struttura contrattuale e delle retribuzioni, da un nuovo percorso di carriera non solo gestionale, ma anche, e soprattutto, professionale all'orario di lavoro, fino alla previsione nel contratto di un modello di coperture assicurative minime omogeneo sul territorio nazionale da declinare a livello delle singole Regioni, anche secondo i diversi moduli assicurativi già presenti sul territorio nazionale.
Nota congiunta dei Collegi OPI: "Sugli Algoritmi infermieristici avanzati la Regione ha deliberato. Si vada avanti".
I Collegi provinciali OPI dell'Emilia-Romagna intervengono compatti sull'ennesima presa di posizione del coordinamento degli Ordini regionali dei medici contro l'allargamento delle competenze in campo sanitario alle figure professionali ma non in possesso della laurea in medicina, che questa volta attaccano frontalmente le Linee guida e gli allegati "Algoritmi infermieristici avanzati in emergenza-urgenza territoriale", predisposti per uniformare la attività degli infermieri sui mezzi di soccorso attraverso la armonizzazione delle Istruzioni Operative precedentemente adottate dalle diverse Unità Operative ET-118 della regione.
"Non si può supplire a carenza di medici attribuendo al personale infermieristico compiti di diagnosi, prescrizione e somministrazione di terapie", la sintesi del documento (in allegato) inviato dai medici a Fnomceo, Regione, Ministero e Parlamento.
I rappresentanti regionali OPI hanno prontamente replicato con una nota congiunta (in allegato) in cui si ribadisce che "l'iniziativa dell'Emilia Romagna di predisporre documenti per l'armonizzazione dei protocolli avanzati di impiego di personale infermieristico per lo svolgimento del servizio di emergenza sanitaria territoriale 118 non è nuova rispetto ad analoghe iniziative già in atto da tempo e con soddisfazione dei cittadini, in altre regioni, come Lombardia e Veneto". I documenti della Regione Emilia-Romagna, elaborati nel rispetto rigoroso delle norme vigenti richiamate nella delibera, avvalorati da un autorevole parere medico-legale e da quello delle società scientifiche medico-infermieristiche d'area emergenza/urgenza (IRC, SIMEU, ANIARTI, AMIETIP), rispondono dunque in modo assoluto agli orientamenti internazionali in tema di emergenza territoriale.
L'OPI ricorda anche che molti tra i più conosciuti medici italiani a livello internazionale dell'area dell'emergenza e dell'anestesia rianimazione assieme a cinquemila altri professionisti e comuni cittadini hanno firmato un documento di solidarietà ai medici che erano strati sospesi dall'Omceo di Bologna per aver firmato i protocolli infermieristici, nel quale si legge: "Il divieto di utilizzo da parte degli infermieri di strategie terapeutiche salva-vita codificate da linee guida internazionali, avallate da precise e protocollate prescrizioni mediche, in pazienti in imminente pericolo di vita, rappresenterebbe un passo indietro di decenni per l'Emergenza nazionale, esponendo – questa misura sì, regressiva davvero – a rischi inaccettabili la popolazione. Come professionisti coinvolti quotidianamente e da anni nel trattamento dei pazienti più gravi, negli ospedali e sul territorio, riteniamo sia tempo che questioni come questa, dotate di enorme impatto sia sulla salute che sulla opinione pubblica, vengano affrontate sulla base di dati scientifici consolidati, con il supporto di esperti del settore ed evitando di generare allarmismi nocivi per la popolazione e per il Sistema Sanitario nel suo complesso".
Nei documenti della Regione viene individuato un infermiere, con formazione ed esperienza specifica, che si occupa di screening pre-ospedaliero dei sintomi di alcune categorie di persone soccorse, con attività che si sostanziano nella raccolta di "segni e sintomi" o nel sottoporre il paziente ad alcuni esami (quali l'elettrocardiogramma, la cui refertazione in telemedicina è garantita da figura medica, nei pazienti con dolore toracico), per accelerare i tempi della diagnosi medica e/o indirizzare il paziente verso il centro di cura più adeguato (i cosiddetti ospedali "Hub" per determinate tipologie di malattie).
La somministrazione precoce di farmaci salva-vita è prevista per pazienti con sindromi acute ed evolutive, in casi e con metodologie predefinite, quali l'abuso di oppiacei, l'ipoglicemia grave o le sindromi coronariche acute che non possono certamente essere garantite dai soli medici in quel rapporto di 1 a 60.000 abitanti previsto dalla norma o nelle aree più periferiche (e più lontane) dei nostri territori. Stesso discorso vale per l'effettuazione di particolari manovre salva-vita in sede di primo intervento, in particolare per la gestione dei pazienti in arresto cardiaco.
"Quello che serve al Sistema – conclude la nota OPI - è che i medici, gli infermieri e tutti gli altri professionisti del sistema sanitario lavorino insieme, convinti che la qualità della nostra Sanità dipenda dalla collaborazione tra coloro che vi lavorano e operano quotidianamente e non dalla contrapposizione. Non servono appelli al Ministro, ma buonsenso e collaborazione. Non servono allarmi che in realtà non hanno nessuna giustificazione clinica e/o organizzativa reale, ma la consapevolezza che un sistema sanitario efficiente, capace davvero di tutelare i cittadini, ha bisogno che tutte le sue componenti, che tutti i suoi professionisti, operino al massimo delle proprie capacità, senza che nessuno sia strumentalmente di intralcio all'altro."
Intanto i cittadini attendono risposte confidando in una chiamata al 118, in un trattamento rapido al pronto soccorso, in un'assistenza multiprofessionale sempre più di qualità, dalle corsie degli ospedali fino alle case della salute.
"La Regione Emilia-Romagna ha deliberato. Andiamo avanti", è il motto scelto dagli infermieri per chiudere la polemica.
Mangiacavalli: "Il Piano cronicità inviato alla Stato-Regioni dalla Salute è un cambio di rotta nel modello di assistenza, sempre più orientato ai bisogni di salute. L'infermiere ha un ruolo chiave con il medico di medicina generale (Mmg). È il momento di pensare a uno sviluppo maggiore del territorio"
In ospedale e sul territorio a vegliare sui malati cronici ci sono due figure prioritarie: il medico e l'infermiere. Il primo come tutor nella diagnosi e nella scelta della terapia, il secondo 24 ore su 24 seguirà, in un team di cui è anche care manager, il paziente in tutto il percorso necessario alla sua assistenza.
Conferma piena per i contenuti che riguardano la professione infermieristica, nel Piano nazionale Cronicità inviato nei giorni scorsi dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin alla Conferenza Stato-Regioni per formalizzare il relativo accordo, rispetto all'ultima bozza di maggio (VEDI).
In sostanza il piano definisce ambiti e competenze per la tutela dei malati cronici in ospedale e sul territorio e descrive le strutture e i modelli di assistenza più appropriati per garantire loro un intervento efficace.
Così in ospedale l'assistenza avverrà in base a diversi livelli di complessità assistenziale ed intensità delle cure: un livello di intensità alta che comprende le degenze intensive e sub-intensive; un livello di intensità media che comprende le degenze per aree funzionali (area medica, chirurgica, materno infantile) e un livello di intensità bassa dedicata a pazienti post acuti. Il medico, a cui è affidata la responsabilità clinica del paziente, concorre alla cura secondo le proprie competenze e l'infermiere, a cui è affidata la gestione assistenziale per tutto il tempo del ricovero, valorizza appieno la propria capacità professionale. Le figure chiave che la erogheranno saranno quella del tutor medico e del team infermieristico dedicato.
Sul territorio dei pazienti si occuperà un team multiprofessionale, adeguatamente formato e che utilizzerà i sistemi di comunicazione interpersonale, compresi gli strumenti della comunicazione a distanza (ICT), di cui dovrà essere dotato. Nel team, almeno uno degli infermieri svolge la funzione di "care management", organizza il richiamo periodico dei pazienti, mantiene il collegamento diretto con il "tutor" ospedaliero, organizza la partecipazione a programmi educativi di gruppo.
Gli obiettivi del territorio sono chiari: ridurre i ricoveri impropri e anche quelli che, seppure appropriati, originano da un carente modello erogativo di continuità di assistenza e dall'insorgenza di complicanze croniche; prevenire le complicanze che necessitano di ricovero e, in ogni caso, mettere in atto tutte le misure di riconoscimento precoce delle complicanze.
Tra le strutture che si occuperanno delle cronicità, accanto all'ospedale di comunità che consente l'assistenza alla persona e l'esecuzione di procedure clinico-assistenziali a media/bassa intensità e breve durata e all'ambulatorio a gestione infermieristica che consente di accogliere pazienti affetti da patologie croniche in fase di stabilizzazione e favorisce le dimissioni protette, è definito il ruolo chiave degli infermieri nell'assistenza domiciliare integrata, in quella presso le strutture residenziali e i centri diurni dove sia i trattamenti intensivi, di cura e mantenimento funzionale, sia quelli estensivi di cura e recupero funzionale a persone non autosufficienti con patologie che richiedono elevata tutela sanitaria con continuità assistenziale, richiedono la presenza infermieristica sulle 24 ore.
"Il Piano nazionale cronicità è un tassello importante sia per l'applicazione del Patto per la salute, sia, soprattutto, per il cambio di rotta nel modello di assistenza del Servizio sanitario nazionale, che deve essere sempre più orientato necessariamente ai mutamenti epidemiologici e dei bisogni di salute, tra i quali non autosufficienza e cronicità rappresentano gli aspetti principali. Il Piano consente finalmente non solo di curare, ma anche di prendersi cura delle persone con patologie croniche, perché siano assistite in modo complessivo, e non solo per quanto riguarda i sintomi specifici", commenta Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale dei Collegi OPI.
"Il Piano – aggiunge – è un'ottima piattaforma di lancio, soprattutto per assistere al meglio i malati cronici sul territorio, dove finora molta parte dell'assistenza era lasciata al 'fai-da-te' di famiglie e pazienti. Ora, grazie al Piano, è anche possibile 'tuffarsi' nel futuro da questo trampolino e ci sono passi in più, per rendere il modello ancora più efficace ed efficiente e aderente alle indicazioni internazionali".
In questo senso e per quanto riguarda le nuove, ulteriori possibilità per la professione infermieristica, Mangiacavalli mette ai primi posti la previsione di un approccio sistemico ed "evidence-based" alle patologie croniche che coinvolge tutti i produttori di assistenza e contenuto nel Chronic Care Model (C.C.M.) descritto dall'Oms.
"Secondo tale modello – spiega – le variabili fondamentali per affrontare con efficacia la cura della cronicità sono: l'impegno di tutto il sistema sanitario e sociale e della comunità; le cure primarie, come componenti fondamentali per le cure territoriali e segmento del Ssn più vicino al paziente.
A esse è affidata la continuità delle cure tra i diversi livelli e i diversi setting di assistenza; strumenti di traduzione organizzativa e operativa della cura della cronicità sono i percorsi assistenziali e la gestione integrata della persona con malattia cronica.
In questo ambito è essenziale l'approccio 'patient oriented' utilizzato dai sistemi erogativi di cura e assistenza, per identificare precocemente (disease finding) e prendere in carico (disease, care e case management) tutte le persone portatrici di malattia/condizione di cronicità insieme alle loro famiglie/care giver; soggetti più a rischio di complicanze /aggravamento delle condizioni di base e/o di perdita delle funzioni fisico-cognitive residue, per i quali siano riconosciuti efficaci programmi di cura e assistenza della cronicità. In questo ambito e nel contesto del lavoro multi professionale e multidisciplinare – prosegue - la funzione infermieristica contribuisce a orientare l'assistenza erogata ai malati cronici basandosi su approcci di assistenza proattivi, richiamati anche nel modello dalla medicina di iniziativa. Questo modello sposta il focus dalla cura della cronicità, dalla gestione delle complicanze della malattia di base alle capacità ancora attivabili (empowerment) e/o residue sia della persona che dei suoi care giver. Obiettivo è mantenere sotto controllo la malattia cronica di base (modello del caro management) e rendere la persona assistita capace di autogestione della propria condizione di salute e di malattia"
Secondo la presidente OPI, poi, sarebbero possibili tra le altre, ulteriori possibili innovazioni, come la presa in carico infermieristica anticipata e finalizzata all'inserimento della persona assistita in programmi di disease e care management e l'individuazione di ulteriori indicatori di efficacia e appropriatezza, validi anche rispetto alla qualità di vita e di assistenza della persona. Per la parte assistenziale, ad esempio, secondo Mangiacavalli, tali indicatori potrebbero riguardare le dimensioni (esiti) sensibili alla cura infermieristica e all'azione generativa del nursing.
"Alle cure domiciliari potrà anche essere utile aggiungere – prosegue – una maggiore considerazione dei setting del domicilio come setting più ampio. II cambiamento delle condizioni di vita della popolazione anziana e/o con disabilita o fragilità funzionale e/o sociale sta cambiando: il domicilio tradizionalmente inteso (o qualunque luogo in cui la persona fragile si trova a vivere) è il luogo nel quale la persona trascorre la prevalenza del proprio tempo di vita e la sua funzione è quella di ridare significato al vivere quotidiano nella condizione di cronicità. Di conseguenza gli operatori (infermieri) che svolgono il proprio ruolo professionale vicino alla persona in ogni contesto nel quale questa vive, sia in salute che in malattia, devono ripensare anche alla dimensione ambientale: le cure extra ospedaliere, diventando sempre più sistemi in cui si sviluppa la long-term care, non potranno essere previste solo come cure domiciliari ma anche come cure 'multi ambientali' ovvero multi-setting".
"Sul territorio – aggiunge ancora Mangiacavalli - l'infermiere assicura la continuità della presenza e della presa in carico dei problemi (acuti/cronici) di salute e benessere per le persone fragili e per le loro famiglie/care giver. Le competenze infermieristiche in questi ambiti non solo favoriscono la personalizzazione degli impegni assunti dalla persona verso la propria salute in fase prospettica, riducendo il rischio di istituzionalizzazione/ospedalizzazione, ma creando con il medico di medicina generale (Mmg) un' alleanza che fa da tramite tra le esigenze della persona assistita e il medico di fiducia; favorisce condizioni e relazioni per raggiungere gli obiettivi di salute e mantenimento della persona assistita, coerentemente con gli obiettivi terapeutici previsti. Questo tipo di strategia consente al Mmg di focalizzarsi sui problemi di salute più complessi dal punto di vista clinico-terapeutico, potendo affidare i casi più emblematici dal punto di vista della cronicità (stabilità clinica e aderenza terapeutica, comportamenti e stili di vita) all'infermiere sul territorio, nell'ottica della cooperazione professionale e condivisione della pianificazione delle cure alla persona. In questo, anche ii ruolo dell'infermiere può essere valorizzato in quanto rappresenta, per la persona e la sua famiglia, la figura di riferimento tra un episodio acuto e il successivo".
Infine, un riferimento ai "bisogni non clinici", spesso correlati all'evoluzione verso la cronicità della malattia di base che li ha determinati: "L'infermiere – conclude Mangiacavalli - è il professionista che più di altri può affiancare la persona dentro ii sistema dei servizi per la continuità delle cure. Accompagna la persona malata o in remissione di malattia in ogni setting di percorso e quindi assume la responsabilità (non clinica) del caso tra un setting e l'altro e tra un professionista e l'altro, personalizzando gli interventi programmati e coordinandone il giusto percorso nel rispetto dei singoli percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA)".