Nel 2015 era già stato all'ergastolo con l'accusa di sei omicidi. Nei corpi riesumati tracce di un farmaco che provoca l'arresto del sistema cardiovascolare. Secondo le accuse, lo iniettava per poi tentare di rianimare i pazienti e passare da eroe
dalla nostra corrispondente TONIA MASTROBUONI
BERLINO - Da oggi è ufficiale. Niels Högel è il serial killer più crudele della storia tedesca del dopoguerra. L'ex infermiere ha ucciso almeno 90 pazienti tra il 2000 e il 2005 in due cliniche diverse della Bassa Sassonia, a Delmenhorst e Oldenburg. Ma il numero potrebbe essere una stima per difetto.
Il quarantenne era già stato condannato all'ergastolo per sei omicidi che la polizia era riuscita a provare nel primo processo, ma negli ultimi tre anni l'unità speciale "Cardio" che indaga su questo agghiacciante massacro ha dimostrato che in altri 84 casi di morti sospette c'era la sua mano assassina...
23/08/2017 - Grazie ad una borsa di ricerca messa a disposizione dal Collegio OPI di Roma, Gianluca Pucciarelli (infermiere, assegnista di ricerca presso l'Università "Tor Vergata") ha ricevuto un riconoscimento internazionale.
Uno studio finanziato dal Cecri (Centro di Eccellenza per la Cultura e la Ricerca Infermieristica) si aggiudica il prestigioso premio "2017 CVSN Stroke Article of the Year Award" assegnato dall'American Heart Association. Grazie ad una borsa di ricerca messa a disposizione dal Collegio OPI di Roma, Gianluca Pucciarelli (infermiere, assegnista di ricerca presso l'Università di Roma "Tor Vergata") ha ricevuto un riconoscimento internazionale. È stato selezionato, infatti, dall'American Heart Association per la vittoria del prestigioso premio "2017 CVSN Stroke Article of the Year Award". L'articolo a cui fa riferimento il premio è: "Roles of Changing Physical Function and Caregiver Burden on Quality of Life in Stroke: A Longitudinal Dyadic Analysis". Stroke 2017; 48: 733-739, firmato, oltre che da Pucciarelli, anche da Vellone E, Savini S, Simeone S, Ausili D, Alvaro R, Lee C.S e Lyons K.S.
Lo studio, finanziato dal Centro di Eccellenza per la Cultura e la Ricerca Infermieristica, è frutto di una collaborazione internazionale tra la cattedra di Scienze Infermieristiche dell'Università di Roma "Tor Vergata" e la School of Nursing della Oregon Health & Science University, Portland, Usa. Indispensabile ai fini della riuscita dell'esperienza, l'arruolamento di una coorte di 226 diadi di pazienti affetti da stroke (e i rispettivi caregiver), che si è potuta seguire per un anno, con follow-up ogni tre mesi. L'analisi dei dati (molto innovativa, visto l'utilizzo sulla popolazione, per la prima volta, di metodologie multilivello) ha fatto emergere che la funzionalità fisica del paziente ed il burden del caregiver non influenzano solo la qualità di vita individuale, dell'uno e dell'altro, ma anche quella dell'altro membro della diade. Inoltre, lo studio ha dimostrato che la depressione del paziente influenza negativamente la depressione del caregiver e viceversa, e che caregiver più istruiti e con una migliore preparazione nell'assistenza sono meno esposti agli effetti negativi del burden assistenziale.
Pucciarelli ritirerà il premio durante il prossimo Congresso dell'American Heart Association che si terrà ad Anaheim, in California, dall'11 al 15 novembre prossimo.
25/08/2017 - La figura dell'infermiere di comunità, che vede gli ambienti di vita della persona come setting privilegiati dell'assistenza, ricalca quella di un professionista che agisce in modo proattivo, in rete con tutti i servizi socio sanitari, facilmente riconoscibile e contattabile.
Le linee di indirizzo sull'infermiere di comunità elaborate dal Collegio OPI di Trento sono state recentemente inviate alla Federazione nazionale dei Collegi degli Infermieri professionali, assistenti sanitari e vigilatrici d'infanzia di Roma per poi essere condivise come "prototipo" con le altre Regioni. La fase di studio del progetto in Trentino è iniziata diversi anni fa. Una prima versione del documento è stata elaborata su mandato dell'allora assessore provinciale alla Salute, Ugo Rossi. Da quel momento il Collegio OPI ha lavorato, in collaborazione con la Provincia autonoma di Trento e l'Azienda provinciale per i servizi sanitari, ad una continua ridefinizione delle linee di indirizzo, andando oltre i modelli già presenti in altre Regioni e collocando l'infermiere di comunità accanto al medico di medicina generale nelle strutture sul territorio, specificatamente nelle aggregazioni funzionali territoriali (AFT). La figura dell'infermiere di comunità, che vede gli ambienti di vita della persona – casa, comunità, strutture - come setting privilegiati dell'assistenza, ricalca quella di un professionista che agisce in modo proattivo, in rete con tutti i servizi socio sanitari, facilmente riconoscibile e contattabile. Egli basa il suo operato sui principi della medicina di iniziativa, attingendo all'esperienza assistenziale, alla conoscenza del territorio, delle persone e delle istituzioni. Il nuovo professionista, quindi, funge da ponte e da facilitatore tra il paziente, la sua famiglia e i diversi interlocutori istituzionali. "È necessario continuare a investire su questo ruolo, perché è il futuro di un'assistenza che si focalizza sui bisogni dei pazienti nella loro unitarietà e continuità", spiega Luisa Zappini, presidente del Collegio OPI di Trento. "La nostra proposta, attraverso la Federazione nazionale, potrà essere presa come modello 'di metodo' dalle altre realtà locali che poi la declineranno singolarmente a livello organizzativo. Il punto focale è la necessità di riconnettere attorno alla persona e ai suoi bisogni l'insieme delle prestazioni, dei processi e dei servizi". "C'è una richiesta crescente da parte dei cittadini per l'infermiere di famiglia e di comunità", conferma Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale dei Collegi OPI. "Sul territorio l'infermiere assicura la continuità della presenza e della presa in carico dei problemi; le sue competenze in questi ambiti favoriscono la personalizzazione degli impegni assunti dalla persona verso la propria salute, riducendo il rischio di istituzionalizzazione/ospedalizzazione. Con il medico di medicina generale si crea così un'alleanza che fa da tramite tra le esigenze della persona assistita e il medico di fiducia. Per questo la presenza dell'infermiere di comunità nelle AFT è un'evoluzione naturale di un'assistenza di qualità".