La relazione dell’Ufficio regionale per l’Europa dell’OMS “La forza lavoro sanitaria in Europa: tempo di agire”, lanciata in occasione del Comitato regionale per l’Europa dell’OMS, ha messo in luce le sfide cui si trovano di fronte gli operatori sanitari europei.
Molte di queste sfide sono di lunga data, ma sono state aggravate dalla pandemia della COVID-19.
Secondo l’OMS è necessaria un’azione urgente per mantenere gli operatori sanitari e assistenziali, soprattutto nelle zone rurali e svantaggiate; proteggere la loro salute mentale e fisica e il loro benessere; migliorare le loro assunzioni; per ottimizzare le loro prestazioni; e garantire un’offerta di operatori sanitari e assistenziali per soddisfare le esigenze future.
Il quadro d’azione proposto per il personale sanitario e assistenziale nella regione europea 2023-2030 dell’OMS si basa sul quadro d’azione del 2017 e affronta nuove realtà e sfide di lunga data.
Le azioni proposte sostengono l’avanzamento del programma europeo di lavoro 2020-2025, comprese le sue iniziative faro, e i punti discussi dal comitato regionale nella sua 73a sessione, come l’assistenza sanitaria di base, la preparazione alle emergenze, e la salute dei rifugiati e dei migranti.
Su questi argomenti ad Astana i 53 Stati membri hanno approvato all’unanimità il quadro d’azione per fronteggiare la crisi del personale sanitario. È il primo nella regione europea a dare peso al benessere e alle condizioni di lavoro, descritto nel documento “Quadro d’azione per il personale sanitario e assistenziale nella regione europea dell’OMS 2023-2030” in cui si sottolinea che gli operatori sanitari sono la spina dorsale di qualsiasi sistema sanitario perché l’equità tempestiva di accesso a servizi sanitari e di assistenza di qualità dipende dall’avere una forza lavoro adatta allo scopo.
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C’è un nuovo rischio soprattutto per i 14 milioni di malati cronici più gravi (in tutto le cronicità colpiscono oltre 22 milioni di italiani) e anche per i 13 milioni di abitanti nelle aree interne dove la qualità dell’offerta sanitaria è spesso difficile: la fragilità digitale.
La soluzione che il nuovo modello di sanità disegnata dal PNRR ha pensato soprattutto (ma non solo) per loro è la teleassistenza, e sulla cosiddetta “connected care” negli ultimi due anni sono state bandite gare già per oltre 2,5 miliardi di euro.
Ma come avviene nei modelli tradizionali, dopo la diagnosi e la prescrizione della terapia, chi assiste, soprattutto sul territorio, il cittadino? Chi verifica le sue condizioni di salute e l’aderenza alle terapie? Chi controlla, registra e interviene nel caso di ulteriori bisogni di salute perché non sia lasciato solo?
Nelle nuove strutture e nel modello disegnato dal PNRR con il decreto 77/2022 di riordino dell’assistenza sul territorio a farlo è l’infermiere, in particolare quello di famiglia e comunità, presente nei vari target e a domicilio con precise responsabilità a tutti i livelli e che dà supporto all’assistito per tutte le sue necessità cliniche, assistenziali e anche sociali.
Altrettanto deve avvenire nella “connected care”: come realizzarlo la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) lo ha messo nero su bianco in un documento presentato a Roma in occasione di “Welfair – La fiera del fare Sanità”.
“La Sanità Digitale – spiega Barbara Mangiacavalli, presidente FNOPI – è, a certe condizioni, un’occasione per la tutela della salute nel Paese, alla quale le professioni infermieristiche possono dare un importante contributo ed essere a loro volta valorizzate. Per questo la Federazione ha esplicitato la propria posizione per il successo della sanità digitale, in particolare di tutta quella parte che si attua sul territorio: lo sviluppo delle competenze relazionali digitali deve diventare parte dei percorsi formativi delle professioni di cura e in questo ambito la partecipazione della persona assistita e del caregiver al processo di cura è un elemento centrale; la sua consapevolezza rappresenta un’opportunità perché influisce sugli esiti di cura migliorando al contempo la sua percezione del servizio ricevuto“.
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