Cari colleghi, stanno per essere chiuse le iscrizioni all'evento formativo del 5 Giugno di Atri sulle competenze e responsabilità dell'infermiere. Di seguito è disponibile in download l'elenco ammessi.
Ricordiamo a tutti che la partecipazione è subordinata all'essere in regola con il pagamento della quota annuale. Inoltre, chi non potesse partecipare, è pregato di comunicarlo alla segreteria del Collegio. Buon aggiornamento a tutti.
Un questionario on line per mettere a punto lo stato dell'arte delle cartelle cliniche. Sei i Paesi campione presi in esame, tra cui l'Italia.
Per mettere a punto lo stato dell'arte delle cartelle cliniche, il Centro nazionale malattie rare dell'Istituto superiore di sanità ha promosso un questionario on line nell'ambito del progetto europeo “Store” (Story Telling on Record), partendo dal presupposto che il vissuto del paziente possa facilitare il percorso di diagnosi e cura, tentando di capire se fosse appropriata un'anamnesi o una storia di vita e malattia nella cartella clinica. Va ricordato che solo 20 pazienti su 100, nei Paesi-campione, hanno una cartella clinica unica, e solo quattro su 10 possono avere accesso diretto alla cartella e la possibilità di integrarla. Dai dati resi noti dall'Iss, si può comprendere quanto il vissuto del paziente sia considerato accanto alle evidenze cliniche nel percorso di diagnosi e cura, confermando che la medicina moderna vuole lavorare su progetti utili a capire come fare emergere, valorizzare il vissuto ed includerlo nelle evidenze essenziali della pratica clinica". Il progetto ha fotografato l'utilizzo della cartella clinica attraverso un campione di sei Paesi europei: Italia, Bulgaria, Grecia, Repubblica Ceca, Spagna e Turchia. Nel 75% dei casi, le cartelle cliniche sono in formato sia cartaceo che elettronico; poco meno di metà dei partecipanti usa cartelle cliniche “episode-based; nell'80% dei casi, la cartella clinica è utilizzata da medici e altri professionisti sanitari (60% infermieri, 30% terapisti della riabilitazione e solo in minima parte psicologi, assistenti sociali e altro personale); solo nel 40% dei casi, inoltre, il paziente può leggere la propria cartella e, di questi, solo il 67% può accederne all'intera mentre il 13% anche integrarne le informazioni direttamente.
Tratto da OPI.it
Relazione 2014 della Banca d'Italia, Mangiacavalli: "Aumentano le spese esternalizzate e private, la mobilità penalizza le Regioni in deficit. Senza coraggio dei decisori e maggiore appropriatezza il sistema non va. Si deve passare dal 'dobbiamo fare' all''abbiamo fatto', rivalutando il lavoro di equipé" . La Relazione
La spesa sanitaria (6,9% del Pil nel 2014) è sostanzialmente in linea con la media dei paesi dell’area dell’euro. E dopo un triennio di continuo calo, la spesa è cresciuta dello 0,9% (a 111 miliardi); l’incremento è stato più contenuto di quello delle risorse stanziate. Un incremento però legato all’aumento dei consumi intermedi (acquisto di beni e servizi e per assistenza convenzionata), cresciuti del 3,5% (a 29,6 miliardi) a fronte della contrazione registrata negli altri comparti pubblici. L’aumento della spesa sanitaria riflette anche la crescita delle prestazioni sociali in natura (0,8%, a 39,7 miliardi. Si tratta in sostanza sempre di beni e servizi da produttori market messi a disposizione direttamente però dei cittadini che li pagano in via diretta. La spesa successivamente è sostenuta dalle amministrazioni pubbliche che li rimborsano e riguarda le funzioni di protezione sociale e sanità); i redditi da lavoro hanno invece continuato a ridursi (dello 0,7%, a 35,5 miliardi). Meno redditi per il personale quindi, anche se la spesa non diminuisce, secondo l’analisi che la Banca d’Italia fa nel suo rapporto annuale sull’economia 2015, riferito al 2014. Un effetto che si vede anche esaminando le retribuzioni medie a valori reali, considerando cioè gli indici di deflazione, secondo i quali le cifre medie complessive annuali sono praticamente sempre in calo nell’ultimo quinquennio. La Banca d’Italia conferma poi che i piani di rientro sono stati utili nelle Regioni che vi sono sottoposte per il controllo della spesa. Nel primo ciclo di programmazione (2007-09), le Regioni interessate (Liguria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Calabria, Sicilia, Sardegna) avevano già registrato un sensibile rallentamento delle spese, sia rispetto al triennio precedente (1,5% l’anno, contro il 3,8 nel 2004-06), sia con riferimento al resto del Paese (dove la spesa cresceva del 4,1% l’anno). Il consolidamento secondo la relazione si è rafforzato nel secondo ciclo di programmazione (2010-12): nelle Regioni coinvolte (Piemonte, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Calabria, Puglia e Sicilia) la spesa si è ridotta (dello 0,6% in media all’anno), a fronte di una modesta crescita nelle altre Regioni (dell’1,1%). Queste stesse Regioni sono tuttora impegnate nell’esecuzione di programmi operativi (che seguono i piani di rientro). Il contenimento della spesa secondo la Banca d’Italia ha comportato, per le Regioni sottoposte a piano di rientro, una flessione sia dei posti letto (del 3,2 e del 3,6% l’anno rispettivamente nel triennio 2007-09 e in quello 2010-12) sia degli organici (del 2,2% l’anno in entrambi i periodi); nel resto del Paese la contrazione si è manifestata soprattutto a partire dal 2010 ed è stata meno pronunciata. E anche se tutto sommato l’effetto dei piani di rientro non sembra aver determinato cali nei livelli essenziali di assistenza (grazie anche a un rafforzamento dell’attività di monitoraggio sulla qualità del servizio) che hanno in qualche modo tenuto stabile il divario (molto forte però) rispetto alle Regioni non in piano di rientro, il livello delle prestazioni sanitarie nelle Regioni in forte deficit continua, tuttavia, a risultare mediamente inferiore a quello del resto del Paese, “come attestato – si legge nella Relazione - dal permanere di significativi flussi di mobilità in uscita”. “La Relazione della Banca d’Italia – commenta Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale OPI – conferma in sostanza , le nostre ultime analisi. Anche se non con toni di allarme poiché comunque si tratta di un’analisi economica e il Servizio sanitario indubbiamente risparmia. Ma sulle spalle di chi? La spesa aumenta a causa dei servizi intermedi, quelli cioè non legati alle prestazioni direttamente erogate dal Ssn che cerca al suo esterno il modo di supplire ai servizi che per colpa dei finanziamenti all’osso non riesce a erogare. Calano gli organici, diminuisce la spesa per il personale, le prestazioni nelle Regioni in piano di rientro (praticamente quasi tutto il Sud e parte del Centro) sono più scadenti che nel resto d’Italia. E come abbiamo sottolineato chiedendo un intervento urgente del Governo, il livello inferiore dei servizi in queste Regioni ha come cartina di tornasole quelli che la Banca d’Italia definisce ‘significativi flussi di mobilità’, che in realtà altro non sono se non la ricerca dei pazienti di soddisfare i propri bisogni sanitari. I tagli lineari che, nonostante impegni e garanzie assunti dai diversi governi di agire con meccanismi di spending review per incidere su inefficienze e inappropriatezze hanno caratterizzato e continuano a caratterizzare i provvedimenti normativi, dimostrano la miopia e la mancanza di coraggio dei diversi decisori istituzionali e politici. Con questo meccanismo - continua - stiamo depauperando patrimoni professionali e competenze, due elementi determinanti se vogliamo veramente introdurre in sanità modelli organizzativi e funzionali innovativi che, favorendo il lavoro interprofessionale, possano essere garanzia di sicurezza e appropriatezza del sistema salute, nel rispetto del diritto fondamentale sancito dall’art. 32 della Costituzione. Occorre infine - conclude Mangiacavalli - che la misurazione e valutazione degli esiti delle cure non restino solo speculazione accademica e teorica di pochi, ma diventino modalità ordinaria del necessario lavoro di equipé che si deve realizzare in sanità. Se non passiamo dal ‘si dovrebbe fare, si potrebbe fare’ all’‘abbiamo fatto’, dobbiamo essere consapevoli, come sistema salute, di far venire meno il mandato valoriale e deontologico che accomuna le professioni sanitarie”.
Per la prima volta in Italia è stata concepita e conclusa una iniziativa volta al recepimento della Legge Stanca del 9 gennaio 2004, n. 4 (G.U. n. 13 del 17 gennaio 2004) recante «Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici». Il contenuto di questa pagina proviene dall'OPI Carbonia Iglesias, ringraziamo i colleghi.
Nei siti internet degli OPI Carbonia Iglesias, Bologna, Frosinone, Pavia, Pordenone, Pescara, Teramo, Ragusa, Foggia, Ancona, Rimini, Alessandria, Napoli, Sassari e Oristano, aderenti alla FNOPI Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, stiamo ufficialmente e definitivamente per inserire, dedicate ai disabili sensoriali e loro care giver che avessero necessità e/o interesse di approfondire sulla professione infermieristica:
Nella vita professionale e nella rappresentanza istituzionale della FNOPI Opi provinciali ci sono momenti che suggellano un percorso, un impegno, un modo di vedere l’agire per nome e per conto di infermieri e assistiti.
Poter esporre questo progetto in dirittura d’arrivo complessivo e definitivo è uno di quei momenti perché non ci stiamo accingendo a pubblicizzare un video da parte di una infermiera sorda o da un infermiere interprete o un libro fine a se stesso o un audio realizzato da studenti infermieri, ma a condividere con i cittadini una lettura del mondo che circonda l’ambito nel quale gli infermieri dei nostri territori operano quotidianamente partendo dai bisogni dei più fragili, dei disabili, degli inabili, degli inascoltati, dei non percepiti.
Ci siamo impegnati e continueremo ad impegnarci per intercettare una necessità delle comunità dei ciechi e dei sordi: essere posti nelle medesime condizioni di chi vede e sente, nel nostro caso per mano degli infermieri ai quali si affidano nel contesto della responsabilità del governo dell’assistenza ospedaliera e territoriale, intimamente convinti che questo gesto di riguardo nei confronti dei nostri interlocutori abbia un valore aggiunto ed un peso specifico che l’infermieristica meritava di vedere inclusi e riconosciuti e annoverare tra le qualità che la contraddistinguono tra le professioni d’aiuto e sanitarie.
Quando si valuta una barriera da rimuovere per la fruizione di risposte assistenziali all’altezza delle aspettative e dei diritti dei cittadini, la professione infermieristica è e sarà sempre la prima a cercare soluzioni anche nelle difficoltà delle disabilità sensoriali e quindi nella sfera della comunicazione: questo era il nostro obiettivo e questo abbiamo portato a compimento testimoniando come si possano declinare a livello territoriale sollecitazioni a recepire leggi delle Stato, alla buona amministrazione e alla competente rappresentanza degli Ordini Professioni Infermieristiche provinciali che presiediamo unitamente al Consigli Direttivi.
In particolare: