20/03/2016 - La trasmissione televisiva Tagadà del 18 marzo, andata in onda su La7 ha offeso gravemente gli infermieri e messo a rischio l'assistenza e i servizi ai cittadini. La Federazione OPI, replicando alle accuse di inappropriatezza nell'effettuazione del triage da parte degli infermieri, chiede la rettifica del grave errore
La trasmissione televisiva Tagadà del 18 marzo, andata in onda su La7 ha offeso gravemente gli infermieri e messo a rischio l'assistenza e i servizi ai cittadini.
L'affermazione della conduttrice "non vorrei mai essere accolta da un infermiere in Pronto Soccorso", seguita da quella di uno degli ospiti, non certo esperto della materia "l'infermiere non ha studiato per fare questo" a proposito del triage ospedaliero, denota l'assoluta assenza di qualunque conoscenza e competenza sulla materia e soprattutto "offende la professione infermieristica e genera un allarme infondato che provoca un danno all'assistenza, nel momento stesso in cui fa scattare nei pazienti dubbi del tutto inconsistenti sulla sua qualità".
"Ogni anno infatti una media di 21 milioni di pazienti che accedono in pronto soccorso sono selezionati dal triage infermieristico con competenza e appropriatezza".
Per questo la Federazione nazionale OPI ha inviato una richiesta formale di rettifica motivata alla trasmissione, alla direzione di La7 e per conoscenza al ministero della Salute in quanto dicastero vigilante sulle professioni sanitarie, alla conferenza delle Regioni che gestiscono i servizi e alla Procura della Repubblica di Roma, nel caso da informazione di questo tipo possano generarsi danni alla corretta gestione degli interventi sanitari con conseguenze sulla salute dei pazienti.
Ecco la sintesi della lettera
"Gentile direttore,
le scrivo in merito alla trasmissione Tagadà del 18 marzo 2016, in cui gli infermieri che questa FNC OPI rappresenta professionalmente sono stati sottoposti a un attacco mediatico senza fondamenti e senza precedenti.
Per chiarezza è necessaria una premessa.
L'infermiere è un professionista abilitato per legge e preparato specificamente al triage in pronto soccorso.
Detto questo stupisce e lascia allibiti l'atteggiamento con cui nella trasmissione Tagadà del 18 marzo scorso persone del tutto estranee all'ambito sanitario, hanno descritta la figura del professionista infermiere.
Si può comprendere, anche se non approvare, le esigenze di "spettacolo" che portano a esasperare nei termini e nella semplificazione giornalistica concetti e ruoli ben più complessi, ma quando questi atteggiamenti sfociano in sentenze prive di fondamento come quella, appunto, che il triage non è compito infermieristico – proclamata peraltro con disprezzo da chi con molta probabilità non sa evidentemente nemmeno di cosa e di chi parla - si dà attua un comportamento pericoloso non tanto e non solo per l'intera categoria infermieristica (430mila professionisti) ma anche per la dannosa disinformazione e per un oggettivo "procurato allarme".
Nel maggio 1996 con la pubblicazione delle Linee Guida sul sistema di emergenza-urgenza sanitaria è prevista, per la prima volta in Italia, la funzione di triage. Alla voce "Funzioni di triage", le linee guida stabiliscono che: "All'interno dei DEA (dipartimenti emergenza accettazione) deve essere prevista la funzione di triage, come primo momento di accoglienza e valutazione dei pazienti in base a criteri definiti che consentano di stabilire le priorità di intervento. Tale funzione è svolta da personale infermieristico adeguatamente formato, che opera secondo protocolli prestabiliti dal dirigente di servizio".
Ogni anno una media di 21 milioni di pazienti che accedono in pronto soccorso sono selezionati dal triage infermieristico con competenza e appropriatezza.
Ciò stante si chiede a norma della legge 416 del 1981, l'immediata rettifica delle affermazioni false e tendenziose espresse nella trasmissione di cui trattasi che minano la figura, la professionalità e l'immagine degli infermieri".
Gentile Direttore,
vorrei esprimere delle riflessioni in merito alla recente sentenza del Tribunale di Frosinone che tocca il problema, tanto vivo quanto irrisolto, della "duttilità" del lavoro dell'infermiere. Secondo il Giudice, infatti, l'infermiere può e deve svolgere mansioni anche afferenti a figure professionali di livello inferiore.
Sappiamo bene che il demansionamento, o de-professionalizzazione che dir si voglia, è la spina nel fianco della professione, compressa tra una norma mal e quasi mai applicata e una prassi capillarmente diffusa prepotentemente violenta nei confronti dell'infermiere.
Il professor Ivan Cavicchi, già da tempo, ha cercato di farci capire come il demansionamento....
12/03/2016 - "L'INFERMIERE" ON LINE - L'aggressività è un fenomeno molto diffuso nei contesti clinici: un comportamento assertivo nella pratica quotidiana potrebbe concorrere a ridurre gli eventi aggressivi, lo stress lavorativo e conseguentemente migliorare il livello di soddisfazione degli operatori
Quanto frequenti sono le reazioni aggressive è difficile dirlo. Le ragioni sono diverse: non c'è un'unica definizione di termini come aggressività, abuso e violenza, sono differenti le modalità di raccolta dei dati sugli eventi aggressivi, vi è una sottostima del fenomeno.
E' ampio, invece, l'accordo documentato in letteratura sull'effetto positivo dell'uso di strategie preventive di rilevazione dei segnali di aggressività e sugli outcome di situazioni pericolose. Gli operatori sanitari sono spesso esposti a fattori di rischio di conflitto: la maggior parte del personale è soggetta al almeno un episodio di violenza durante il proprio percorso lavorativo. Di fatto, la violenza in ambito sanitario si sta connotando come rischio occupazionale.
Una comunicazione ben strutturata integrata con tecniche assertive e con l'empatia sembra essere una efficace modalità di contenimento e gestione degli episodi di aggressività.
Un comportamento assertivo consente un confronto positivo con le persone nel rispetto della soggettività specifica. Così, l'operatore sanitario non si trova più da solo ad affrontare situazioni di sofferenza, stress che si sostanziano in difficoltà emotive, psicologiche e fisiche che se non ben pesate e gestite possono favorire la manifestazione di episodi aggressivi.
Ma quali tecniche assertive? Come si acquisiscono le capacità assertive e come si misura l'assertività? Trovare alcune alcune risposte è stato l'obiettivo del lavoro di analisi della letteratura di Busnelli, Spedale, Alberio, autori dell'articolo "Aggressività: la comunicazione assertiva può aiutare?" pubblicato su L'Infermiere online n 6 del 2015.
(Il testo integrale dell'articolo "Aggressività: la comunicazione assertiva può aiutare?" di Simone Busnelli, Valentina Spedale, Massimo Alberio è pubblicato nella sezione "Contributi" de L'Infermiere n.6)
Per la prima volta in Italia è stata concepita e conclusa una iniziativa volta al recepimento della Legge Stanca del 9 gennaio 2004, n. 4 (G.U. n. 13 del 17 gennaio 2004) recante «Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici». Il contenuto di questa pagina proviene dall'OPI Carbonia Iglesias, ringraziamo i colleghi.
Nei siti internet degli OPI Carbonia Iglesias, Bologna, Frosinone, Pavia, Pordenone, Pescara, Teramo, Ragusa, Foggia, Ancona, Rimini, Alessandria, Napoli, Sassari e Oristano, aderenti alla FNOPI Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, stiamo ufficialmente e definitivamente per inserire, dedicate ai disabili sensoriali e loro care giver che avessero necessità e/o interesse di approfondire sulla professione infermieristica:
Nella vita professionale e nella rappresentanza istituzionale della FNOPI Opi provinciali ci sono momenti che suggellano un percorso, un impegno, un modo di vedere l’agire per nome e per conto di infermieri e assistiti.
Poter esporre questo progetto in dirittura d’arrivo complessivo e definitivo è uno di quei momenti perché non ci stiamo accingendo a pubblicizzare un video da parte di una infermiera sorda o da un infermiere interprete o un libro fine a se stesso o un audio realizzato da studenti infermieri, ma a condividere con i cittadini una lettura del mondo che circonda l’ambito nel quale gli infermieri dei nostri territori operano quotidianamente partendo dai bisogni dei più fragili, dei disabili, degli inabili, degli inascoltati, dei non percepiti.
Ci siamo impegnati e continueremo ad impegnarci per intercettare una necessità delle comunità dei ciechi e dei sordi: essere posti nelle medesime condizioni di chi vede e sente, nel nostro caso per mano degli infermieri ai quali si affidano nel contesto della responsabilità del governo dell’assistenza ospedaliera e territoriale, intimamente convinti che questo gesto di riguardo nei confronti dei nostri interlocutori abbia un valore aggiunto ed un peso specifico che l’infermieristica meritava di vedere inclusi e riconosciuti e annoverare tra le qualità che la contraddistinguono tra le professioni d’aiuto e sanitarie.
Quando si valuta una barriera da rimuovere per la fruizione di risposte assistenziali all’altezza delle aspettative e dei diritti dei cittadini, la professione infermieristica è e sarà sempre la prima a cercare soluzioni anche nelle difficoltà delle disabilità sensoriali e quindi nella sfera della comunicazione: questo era il nostro obiettivo e questo abbiamo portato a compimento testimoniando come si possano declinare a livello territoriale sollecitazioni a recepire leggi delle Stato, alla buona amministrazione e alla competente rappresentanza degli Ordini Professioni Infermieristiche provinciali che presiediamo unitamente al Consigli Direttivi.
In particolare: